Il massacro del nazionalismo arabo

Le stragi della guerra civile e il comportamento dei regimi arabi dimostrano che il nazionalismo pan-arabo è uno slogan vuoto, che non esiste un “popolo siriano” e che la "questione palestinese" serve solo a coprire tutto questo

Di Salman Masalha

Salman Masalha, autore di questo articolo

Dei civili palestinesi muoiono per mano delle Forze di Difesa israeliane al confine con la striscia di Gaza, il regime di Bashar Assad continua a massacrare i civili siriani, il resto del mondo reagisce con Tweet, post su Facebook e comunicati stampa, perché è così che il mondo mette a tacere la propria coscienza.

Ma concentriamoci sul mondo arabo, che ama descriversi come un’unica singola nazione. Bisogna ammettere che l’assedio imposto a Gaza da quando Hamas vi ha preso il potere con la violenza non è solo un assedio israeliano. È anche arabo: basterebbe una sola decisione del Cairo per rompere l’assedio al confine fra striscia di Gaza ed Egitto. Dopo tutto, gli egiziani sostengono di essere “fratelli arabi” e anche “fratelli musulmani sunniti”. Sorprendentemente, invece, non sono affatto fratelli arabi. Anche il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) si è unito al festival del maltrattamento dei residenti di Gaza. Sempre più spesso impone sanzioni e taglia stipendi a impiegati e burocrati.

La questione palestinese è sempre servita ai regimi arabi repressivi come pretesto per respingere tutte le rivendicazioni civili di libertà, democrazia, sviluppo economico e lavoro per i giovani all’interno dei loro paesi. Da sempre questi regimi repressivi pestano i loro cittadini col bastone dello slogan “La Palestina è la principale questione araba”, e lo slogan che ne consegue: “Nessuna voce avrà precedenza sulla voce della guerra” per liberare la Palestina. Questi slogan sono stati l’oppio con cui i regimi hanno messo a tacere e vanificato qualsiasi aspirazione al cambiamento politico e sociale interno. Pertanto non c’è da meravigliarsi se le intifade che hanno travolto la regione, conosciute come “primavera araba”, si sono verificate proprio in quei regimi presidenziali che hanno brandito il vessillo del nazionalismo arabo e altri slogan vuoti sulle loro bocche, come libertà e socialismo.

Il simbolo del partito nazionale socialista pan-arabo Ba’ath (la bandiera del Ba’ath è praticamente identica a quella del nazionalismo arabo palestinese)

Gli anni scorsi fornirono la prova definitiva del fatto che tutti i pomposi slogan arabi della scuola ideologica dei partiti Ba’ath siriano e iracheno sulla “missione eterna della singola nazione araba”, erano slogan inconsistenti. Basta ricordare che, dopo che ebbero preso il potere in Siria e in Iraq i campioni degli slogan ba’athisti, rispettivamente Assad padre e Saddam Hussein, non si vide traccia di nessuna attuazione concreta delle loro fantastiche idee sull’unità della “nazione araba” e sulla sua “missione eterna”. Al contrario, sia in Siria che in Iraq il “partito nazionale pan-arabo” fu la piattaforma su cui entrambi i tiranni, quello siriano e quello iracheno, costruirono un regime settario e tribale. In Siria Assad collocò in tutti i principali incarichi governativi i membri della sua tribù e setta – a partire da fratelli, zii, cugini – insieme ad alcuni leccapiedi di altre comunità che ricevettero solo le briciole del governo. Saddam Hussein fece lo stesso in Iraq. I vuoti slogan del nazionalismo arabo ebbero una grottesca espressione nella guerra del Golfo del 1991, quando Assad padre mandò soldati siriani a unirsi alla coalizione a guida americana che combatteva contro Saddam Hussein, che aveva invaso il Kuwait. Così il portabandiera del nazionalismo arabo a Damasco combatté a fianco della superpotenza americana “imperialista” (per usare il termine caro ai ba’athisti) contro i loro “fratelli arabi” teoricamente seguaci della loro stessa ideologia (e che avevano brutalmente invaso un altro paese “fratello”).

Gli anni recenti hanno fornito ulteriori prove non solo del totale fallimento del nazionalismo pan-arabo, ma anche del fallimento degli “stati nazionali” arabi creati sulla scorta dall’accordo Sykes-Picot del 1916. La Siria è l’esempio più rilevante di questo fallimento. La guerra civile siriana, che ha causato la morte di centinaia di migliaia di persone e creato milioni di rifugiati, oltre all’uso di armi chimiche da parte di Assad figlio contro civili siriani, dimostra che non esiste nessun “popolo siriano”. Un regime e un presidente che massacrano in questo modo criminale i civili che dovrebbero essere “membri della loro stessa nazione” si sono tolti la maschera indossata per molti anni. rivelando la nuda verità tribale-settaria davanti agli occhi di tutti. Di fronte a questo spettacolo, ogni arabo che si rispetti deve per forza ripensare le propria scelte.

(Da: Ha’aretz, 9.4.18)