Il Medio Oriente di fronte alla rinnovata aggressività di Mosca

L'opinione pubblica araba non ama americani e Occidente. Non c'è molto amore nemmeno per la Russia, ma della Russia si ha paura e questo fa la differenza

Di Eyal Zisser

Eyal Zisser, autore di questo articolo

In tutto il Medio Oriente i paesi stanno camminando in punta di piedi, cercando di non fare rumore. Dopotutto, quando Putin ruggisce è meglio mettersi al riparo e aspettare che passi la buriana. L’unica eccezione è stata la Siria, un paese già sotto occupazione russa a pieno titolo, e che ha subito espresso sostegno a Mosca.

La Siria è rilevante dal punto di vista di Israele perché l’intervento che vi ha fatto la Russia è stata la prima mossa aggressiva di Putin sulla strada per ripristinare lo status del proprio paese come grande potenza globale. In effetti, la regione mediorientale è abituata alle immagini e ai frastuoni spaventosi che oggi arrivano dall’Ucraina, e ne ha visti ben di peggio, ovviamente, come in Siria meno di un decennio fa quando tutta la potenza dell’aviazione russa si scatenò contro i “terroristi ribelli” rintanati nelle città del paese, ora distrutte. Il mondo all’epoca era un po’ meno atterrito: si trattava della Siria, dopotutto, non del cuore dell’Europa. Ma la lezione è la stessa.

All’epoca nessuno si fece avanti per fermare i russi, ed è proprio questo ciò che i paesi di questa regione considerano il fatto importante. Si domandano: cosa accadrà se la Russia deciderà di “tornare” alla grande in Libia o in Iraq, che un tempo erano suoi stretti alleati? E se l’Iran mantenesse la minaccia di aiutare gli sciiti in Bahrain, o attaccasse gli Emirati Arabi Uniti o il Qatar? Gli americani si accontenteranno di nuovo di varare sanzioni economiche e nient’altro?

In generale nel Medio Oriente c’è maggiore comprensione e maggiore affinità con una certa mentalità russa, vale a dire la disponibilità a sacrificare vite e risorse sull’altare di un obiettivo nazionale più elevato, anche a costi economici dolorosi.

Dicembre 2016: truppe russe ad Aleppo (Siria)

Negli Stati Uniti, l’umore nazionale cambia in base al prezzo del gas, motivo per cui il presidente Joe Biden nel suo discorso della scorsa settimana, oltre a minacciare la Russia, ha cercato di lenire le preoccupazioni dell’opinione pubblica americana, facendo mostra non solo di vulnerabilità, ma anche della tipica mentalità occidentale che quasi invariabilmente si misura sul prisma del benessere e della qualità della vita. Cosa che non ha funzionato in Medio Oriente durante le rivolte della primavera araba, quando i vari popoli hanno preferito i movimenti islamisti o, in alternativa, il ritorno dei dittatori rispetto a libertà e qualità della vita. La cosa non ha funzionato nemmeno in Iran, dove le sanzioni non hanno fermato gli ayatollah. E c’è da temere che non funzioni nemmeno in Russia.

L’opinione pubblica araba non predilige gli americani e l’Occidente. Ma non c’è molto amore nemmeno per la Russia. Tuttavia della Russia si ha paura, e questo conta. Per la verità, a dispetto del silenzio di tutti (un po’ anche di Israele, detto per inciso), ciò che accade a Kiev è rilevante in Medio Oriente non solo per la vicinanza geografica al campo di battaglia, ma perché il Medio Oriente è sempre stato ed è tuttora parte della lotta di potere tra Est e Ovest. Nel frattempo, alla periferia del mondo arabo l’Iran si è precipitato a condannare gli Stati Uniti e attribuire la responsabilità della crisi all’Occidente. Ma si è anche astenuto dall’esprimere sostegno all’invasione russa dell’Ucraina. Dopotutto anche l’Iran si sente nel mirino dei russi, o degli americani. Al contrario, la Turchia si è allineata con il campo occidentale e ha denunciato l’invasione, che porta la Russia alle sue porte: non più solo a sud, in Siria, che è già nelle mani di Mosca, ma anche a nord, nel Mar Nero, che è di nuovo sotto controllo russo.

Per anni si è discusso da queste parti di un “nuovo Medio Oriente”. È molto probabile che, sulla scia del nuovo ordine di sicurezza globale che l’invasione russa dell’Ucraina stabilirà, e sulla scia della ricollocazione delle risorse e di una demarcazione tra Est e Ovest analoga al periodo post-seconda guerra mondiale, cambierà anche la mappa politica di questa regione. La divisione, a quel punto, non sarà tra sunniti e sciiti, ma tornerà ad essere quella tra paesi sotto l’ombrello americano e paesi sotto l’ombrello russo.

(Da: Israel HaYom, 27.2.22)