Il metodo Amnesty

Nessuna definizione di apartheid si può applicare a Israele, ma Amnesty è determinata a denigrare e delegittimare lo stato ebraico e dunque l’unica cosa che può fare è omettere e travisare i fatti

Di Alex Safian

Alex Safian, autore di questo articolo

Amnesty International ha una lunga storia di accuse malevolmente false contro Israele e in passato ha già dovuto scusarsi per i fantasiosi tweet anti-israeliani postati dalla sua leader, Agnès Callamard (che accusava Israele d’aver assassinato Yasser Arafat ndr).

E’ quindi del tutto ovvio che nel suo ultimo rapporto in cui afferma che Israele è uno stato illegittimo e di apartheid, Amnesty menta sin dalla prima riga in modo palese e fazioso. Riporta infatti una citazione di Benjamin Netanyahu travisata in modo tale da far credere che sostenga l’accusa di apartheid: “Israele non è uno stato di tutti i suoi cittadini… [bensì] lo stato nazionale del popolo ebraico e solo di esso”. “Messaggio pubblicato online nel marzo 2019 dall’allora primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu”, recita il rapporto di Amnesty, che ripete l’affermazione a pagina 51 citando un post di Netanyahu su Instagram.

Perché la citazione di Amnesty è una bugia? Perché ecco ciò che l’allora premier disse effettivamente sulla questione dello stato nazionale, rispondendo a un post dell’attrice e modella israeliana Rotem Sela: “Cara Rotem, una correzione importante: Israele non è uno stato di tutti i suoi cittadini. Secondo la legge sullo stato nazionale che abbiamo approvato, Israele è lo stato nazionale del popolo ebraico e solo di esso. Come hai scritto tu, non ci sono problemi con i cittadini arabi di Israele: essi hanno gli stessi diritti di tutti noi e il governo del Likud ha investito nel settore arabo più di qualsiasi altro governo” (corsivo aggiunto).

Agnes Callamard, Segretaria generale di Amnesty International (al centro), nella conferenza stampa di martedì a Gerusalemme affiancata dal direttore per ricerca e patrocinio di Medio Oriente e Nord Africa Philip Luther (a sinistra) e dall’attivista della Lista (araba) Congiunta Orly Noy

In altri termini, per denunciare Israele come apartheid Amnesty deve omettere la frase successiva del post di Netanyahu in cui il premier chiariva che Israele non è apartheid e che i cittadini arabi devono avere e hanno uguali diritti. Da propagandisti professionisti quali sono, gli autori di Amnesty hanno semplicemente omesso la frase che non gli tornava comoda.

Se già nella prima riga del suo rapporto Amnesty International non riesce a citare una breve dichiarazione in modo corretto e contestualizzato, come ci si può fidare di quel che dice su questioni più oscure e complicate su punti cruciali, di fatto o di diritto? La risposta breve è che, per quanto riguarda Israele, non ci si può fidare di Amnesty International, né su questioni grandi né su questioni piccole. Tutto il rapporto di Amnesty è costruito in questo modo: inventare nuove false accuse e riciclare una quantità enorme di vecchia propaganda già sconfessata.

Ma prima di entrare nei dettagli del rapporto, è importante esaminare il suo contesto: non solo ciò che include, ma ciò che omette. Incredibilmente, non fa nessuna menzione del gruppo terroristico Jihad Islamica Palestinese. E una ricerca di parole come “terrorismo” “attentato esplosivo” o “suicida”, “pugnalata” o “accoltellamento” rivela che nell’intero rapporto di 211 pagine non c’è una sola menzione di uno specifico attacco terroristico palestinese contro israeliani: c’è solo una frase buttata lì con noncuranza allo scopo di criticare gli sforzi fatti da Israele per difendere i propri civili dagli attacchi terroristici.

Salim Joubran, arabo israeliano, giudice della Corte Suprema quando venne confermata la condanna del presidente Moshe Katsav

Tanto per fare qualche esempio, Amnesty trascura di menzionare lo spaventoso attentato della Pasqua ebraica del 27 maggio 2002 in cui 30 persone vennero uccise e 140 ferite da un attentatore suicida palestinese. Omesso anche l’attentato suicida alla Pizzeria Sbarro di Gerusalemme del 9 agosto 2001 in cui furono uccise 15 persone, tra cui sette bambini. Omesso il doppio attentato suicida del primo dicembre 2001 al centro commerciale pedonale di Via Ben Yehuda a Gerusalemme in cui vennero uccise 11 persone e 180 ferite. Omesso l’attentato del giorno successivo su un autobus di Haifa che uccise 15 persone e ne ferì 40. (Si veda qui un elenco parziale di tali attentati). Questi attentati, e molti altri simili, furono la ragione per la costruzione della barriera di sicurezza e per l’adozione di altre misure di sicurezza che Amnesty utilizza per diffamare Israele e definirlo apartheid. Tuttavia, per qualche motivo Amnesty non ritiene opportuno farvi il minimo riferimento. È semplicemente sbalorditivo come un’organizzazione che si vorrebbe dedita ai “diritti umani” abbia lavorato così duramente per disumanizzare le vittime del terrorismo palestinese, in effetti ammazzandole una seconda volta. (…)

Clicca qui per l’articolo completo (in inglese) dove Alex Safian, direttore associato del Committee for Accuracy in Middle East Reporting in America (CAMERA), esamina e confuta tutta una serie di affermazioni contenute nel rapporto di Amnesty: dalla “proprietà terriera” alla nascita di Israele, al cosiddetto “diritto al ritorno”, ai diritti di cittadinanza, al servizio militare (Amnesty accusa Israele per il fatto che i cittadini arabi non sono obbligati a servire nelle Forze armate ma possono farlo su base volontaria), ai diritti politici ed elettorali degli arabi israeliani (Amnesty si dimentica di citare il fatto che l’attuale coalizione di governo comprende un partito arabo islamista guidato da Mansour Abbas, che è vice ministro e vicepresidente della Knesset), fino alla presenza di giudici arabi, compreso quello che presiedeva la Corte che giudicò e condannò per reati sessuali l’ex presidente Moshe Katsav.

Dunque – conclude Alex Safian – lo stato ebraico pratica una forma unica e finora sconosciuta di apartheid, quella in cui il presidente ebreo israeliano può essere chiuso in prigione per cinque anni da giudici arabi israeliani. E questo è proprio ciò che Amnesty non può ammettere: che nessuna definizione di apartheid si può applicare a Israele. Ma poiché Amnesty è determinata a denigrare e delegittimare Israele con l’etichetta di apartheid, l’unica cosa che può fare è omettere e travisare fatti, leggi e definizioni.

(Da: jns.org, 1.2.22)