Il mondo di fantasie e minacce che alimenta l’ostilità palestinese

Abu Mazen: Israele è uno stato nullo, ogni legame storico fra ebraismo e Gerusalemme è un’invenzione degli ebrei che sono maestri di menzogne, il Muro del pianto deve essere in mani musulmane

Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) durante il suo intervento all’Organizzazione per la Cooperazione Islamica, Istanbul, 13 dicembre 2017

Al summit dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica convocato d’urgenza mercoledì scorso in Turchia, il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha pronunciato un discorso estremista, definito “incendiario e divisivo” persino da J Street, un’organizzazione pacifista ebraica americana sempre molto bendisposta verso le posizioni palestinesi.

Abu Mazen non solo ha condannato l’amministrazione americana – come c’era da aspettarsi – per la presa di posizione su Gerusalemme. Si è spinto molto oltre: ha minacciato di abrogare tutti gli accordi di pace del processo di Oslo, ha esortato i paesi del mondo a disconoscere Israele sostenendo che Israele non soddisfa i criteri minimi di statualità, ha affermato che i legami storici fra ebraismo e Gerusalemme sono un’invenzione degli ebrei (da lui definiti “maestri di falsificazione”) e ha minacciato il mondo di nuove violenze se non verrà accettata l’immaginaria versione palestinese della storia.

“I passi unilaterali del presidente Trump – ha detto Abu Mazen a Istanbul – non conferiranno a Israele alcuna legittimità a Gerusalemme. Gerusalemme è una città cristiana e musulmana, araba e palestinese, ed è la capitale eterna dello stato di Palestina. Non ci può essere uno stato palestinese senza Gerusalemme come capitale e non ci sarà pace nella regione e nel mondo senza di questo”.

“In questa occasione – ha continuato Abu Mazen – non intendo discutere di storia e religione, perché loro sono bravissimi a falsificare e contraffare la storia e la religione. Ma se leggiamo la Torà [Bibbia ebraica], essa dice che i cananei vivevano qui prima del profeta Abramo e la loro presenza è continuata da allora. Ma se loro vogliono falsificare questa storia, e in questo sono davvero dei maestri, essi ‘distorcono la verità delle parole’, come ha detto Dio”.

Manifestazione di musulmani indonesiani davanti all’ambasciata Usa a Jakarta. Come sempre, la mappa sul cartello parla chiaro: Israele deve essere cancellato dalla carta geografica

L’espressione “distorcono la verità delle parole” è direttamente ripersa dal Corano ed è generalmente interpretata come riferita agli ebrei. I portavoce di Abu Mazen hanno successivamente tentato di sostenere che l’accusa di falsificare sistematicamente la verità si riferisse ai “sionisti”. Ma ovviamente – ha sottolineato Yair Rosenberg – il Corano non parla di “sionisti”, membri di un movimento politico moderno. Parla degli ebrei. Quindi, secondo Abu Mazen, gli ebrei “sono bravissimi a falsificare e contraffare la storia e la religione”, e sono “maestri” nel “distorcere la verità delle parole”.

In un altro passaggio del suo discorso, Abu Mazen ha sostenuto che Israele non soddisfa i criteri minimi di uno stato sovrano e ha esortato le nazioni del mondo a riconsiderare il loro riconoscimento di Israele. “Secondo il diritto internazionale – ha detto Abu Mazen – uno stato deve soddisfare tre condizioni: avere un’autorità di governo, una popolazione e dei confini. Questa terza condizione non è valida nel caso di Israele, sfido chiunque a dire quali sono i suoi confini. Quindi il riconoscimento di Israele è privo di valore”. La frase fa riferimento alla teoria secondo cui un’entità, per essere considerata uno stato, deve soddisfare i criteri enunciati nel primo articolo della Convenzione di Montevideo del 1933 che elencava un potere di governo, la capacità di intrattenere rapporti con altri stati, una popolazione permanente e un territorio definito. Tale condizione non esclude, ovviamente, l’eventualità che il territorio sia definito da “confini provvisori” (si potrebbero citare innumerevoli casi, compresa l’Italia fino al 1975). Essa si riferisce alla effettiva capacità di uno stato di controllare un territorio. Difficile sostenere che Israele non lo faccia. Eppure è proprio ciò che cerca di sostenere Abu Mazen. “Mi chiedo – ha proseguito il presidente palestinese – come possano le nazioni del mondo continuare a riconoscere Israele?”

Elliott Abrams

Abu Mazen ha anche affermato: “Non è più possibile rimanere in silenzio mentre Israele continua a violare l’identità e il carattere della città di Gerusalemme con la continuazione degli scavi e degli insediamenti e, soprattutto, la violazione dei luoghi santi islamici e cristiani, in particolare la moschea di al-Aqsa”. Gli archeologi israeliani – commenta Elliott Abrams – sono eccezionalmente attenti quando scavano nei luoghi santi ebraici, cristiani e musulmani, in netto contrasto con quanto accadde negli anni in cui Gerusalemme era sotto il controllo giordano e il quartiere ebraico e le sue sinagoghe vennero in gran parte distrutte, e agli ebrei non veniva nemmeno permesso di visitare i loro luoghi santi. Quello che dà fastidio ad Abu Mazen è che gli archeologi continuano a trovare sempre più testimonianze del passato ebraico di Gerusalemme, dal periodo biblico in poi. Come il suo predecessore Yasser Arafat, Abu Mazen cerca di negare qualsiasi storia ebraica a Gerusalemme, una posizione palesemente falsa e profondamente offensiva”. Dopo aver ricordato l’accusa di Abu Mazen agli ebrei di falsificare storia e religione, Abrams continua: “Conosco Abu Mazen da circa 15 anni ed è doloroso vedere quest’uomo, generalmente considerato un ‘moderato’, abbassarsi a questi livelli. Come fece nel suo discorso del 2016 al Parlamento Europeo, quando sostenne che i rabbini israeliani ordinano di avvelenare i pozzi d’acqua in Cisgiordania, salvo poi dover fare marcia indietro dicendo d’essere stato ‘male informato’.

Un soldato della Legione Araba presidia il Kotel (Muro del pianto). Per tutto il periodo dell’occupazione giordana (1948-67) agli ebrei fu vietato accedere ai loro luoghi santi

Ora Abu Mazen sostiene che Gerusalemme è una città esclusivamente cristiana/musulmana, la cui unica connessione con gli ebrei è che gli ebrei mentono su di essa e la profanano. Non ho mai capito cosa crede di ottenere con queste ignobili affermazioni: tanto è chiaro che non riuscirà mai a surclassare Hamas in fatto di odio contro gli ebrei. La dichiarazione di Trump su Gerusalemme è stata criticata in molti ambienti come una minaccia al processo di pace. Leggendo il discorso di Abu Mazen, non si può fare a meno di domandarsi: “Quale processo di pace?”. Se Abu Mazen è l’unico possibile interlocutore palestinese per la pace e queste sono le sue opinioni e convinzioni, che possibilità ci saranno mai di avere un negoziato utile? Il processo di pace non è danneggiato da decisioni come quella del presidente Trump, formulata con parole accuratamente scelte e ben spiegate. E’ danneggiato dal linguaggio usato da Abu Mazen: incendiario, falso e antisemita. Faccio notare che la versione in inglese del discorso pubblicata dall’agenzia di stampa palestinese Wafa omette i più insultanti passaggi antisemiti. Eppure Abu Mazen li ha detti. L’omissione dimostra che persino tra i palestinesi c’è una certa consapevolezza del fatto che non si possono dire quelle cose e poi presentarsi al mondo come un leader impegnato per la pace e la coesistenza armoniosa.

(Da: Times of Israel, freebeacon.com, tabletmag.com, Israel HaYom, israele.net, 14-17.12.17)

Ebrei in preghiera al Kotel (Muro del pianto) fotografati da Mendel Diness nel 1859

I palestinesi hanno respinto sabato la posizione dell’amministrazione Trump secondo cui il Muro Occidentale (del pianto) è destinato a rimanere parte di Israele in un futuro accordo di pace. “I palestinesi non accetteranno nessuna modifica al confine di Gerusalemme est del ‘67” ha dichiarato Nabil Abu Rudeineh, portavoce del presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), facendo riferimento a quello che in realtà non è mai stato un confine, bensì una linea armistiziale provvisoria che divideva in due parti la città fra il 1949 e il 1967 a causa dell’occupazione giordana della parte orientale. In vista dell’imminente visita in Israele del vicepresidente Usa Mike Pence, un alto funzionario dell’amministrazione Trump ha detto venerdì scorso che l’amministrazione americana non può immaginare una situazione in cui il Muro Occidentale non faccia parte di Israele in un futuro accordo di pace. Parlando in conferenza stampa, il funzionario ha ribadito che i confini definitivi della sovranità a Gerusalemme dovranno essere decisi mediante negoziati diretti fra israeliani e palestinesi, ed ha aggiunto: “Osserviamo che non possiamo immaginare che Israele firmi un accordo di pace che non includa il Muro Occidentale”. Mike Pence dovrebbe arrivare in Israele mercoledì sera. I rappresentanti dell’Autorità Palestinese hanno annunciato che non intendono incontrare Pence né i mediatori americani a causa dell’annuncio di Trump che Washington riconosce Gerusalemme come capitale di Israele. (Da: Ha’aretz, 16.12.17)

Larry Greenberg

Scrive Larry Greenberg: La dissonanza cognitiva è una malattia umana universale. In un suo editoriale sul Wall Street Journal, Charlotte Allen ci porta a conoscenza della dissonanza cognitiva come forma di volontaria disonestà da parte dell’Autorità Palestinese e di coloro che ne abbracciano la causa massimalista per lo smantellamento dello stato d’Israele. Riferisce infatti che l’Autorità Palestinese e il Regno di Giordania rivendicano la proprietà dei Rotoli del Mar Morto perché sostengono che quei manufatti, scritti da ebrei in aramaico ed ebraico dell’era inter-testamentaria (tra il 225 a.e.v. e il 40 e.v.), erano sepolti in un territorio di loro apparenza. Allo stesso tempo, tuttavia, l’Autorità Palestinese sostiene, costantemente e con fervore, che in questa terra non c’è mai stata una presenza ebraica. Sono ben noti i risultati ottenuti all’Unesco e in altre agenzie delle Nazioni Unite da questa loro storiografia quantomeno incongrua. Per i cantastorie palestinesi, per i militanti del movimento BDS, per un certo tipo di terzomondisti, Gerusalemme e le terre dell’Antico Testamento non hanno mai fatto parte di antiche società e strutture statali ebraiche. Ma dal momento che i Rotoli del Mar Morto, scientificamente datati, risultano scritti e nascosti circa duemila anni fa, forse la rivendicazione di proprietà su questi documenti da parte arabo-palestinese si basa sull’idea che siano stati piazzati nel deserto di Giudea da antichi mattacchioni extraterrestri. Se non sono stati gli extra-terrestri a mettere lì i Rotoli del Mar Morto, non è che per caso esistono davvero prove tangibili della presenza ebraica in questa antica terra, che sbugiardano gli insulti alla storia fatti dall’Autorità Palestinese? E’ forse logico che rivendichino la proprietà del patrimonio ebraico rinvenuto sulle colline di Giudea, negando al contempo che non vi sia mai stata una presenza ebraica in questa terra? Ci vuole una bella faccia tosta. (Da: Times of Israel, 16.12.17)