Il mondo è avvertito: se l’Iran approfitterà del ritiro Usa, Israele potrebbe essere costretto a intervenire in Libano

C’è un collegamento fra il dibattito all’Onu sui tunnel di Hezbollah e l’annunciato ritiro delle truppe americane dalla Siria

Di Herb Keinon

Herb Keinon, autore di questo articolo

Nonostante tutti gli ottimi argomenti presentati, con tanto di fotografie aeree, e nonostante l’inequivocabile sostegno diplomatico degli Stati Uniti, Israele sapeva che il Consiglio di Sicurezza dell’Onu non avrebbe intrapreso nessuna azione decisa e determinata contro Hezbollah per il suo aggressivo progetto dei tunnel transfrontalieri dal Libano. Per capirlo, è bastato ascoltare il dibattito di mercoledì al Consiglio di Sicurezza, quando uno dopo l’altro i quindici paesi che siedono nel massimo organismo dell’Onu, con l’unica eccezione degli Stati Uniti, hanno sì denunciato, con diverse sfumature, i tunnel terroristici di Hezbollah, ma hanno tutti ritenuto di aggiungere che anche Israele vìola la sovranità del Libano (con i voli di ricognizione, che però sono difensivi e non aggressivi ndr). Certo, Israele avrebbe voluto molto di più. Parlando alla stampa estera a Gerusalemme, il primo ministro Benjamin Netanyahu aveva chiesto al Consiglio di Sicurezza di condannare l’aggressione di Hezbollah, di designarlo e sanzionarlo una volte per tutte per quello che è, un’entità terrorista, di esigere dal Libano che non permetta più che il suo territorio venga usato per attaccare uno stato vicino, di sostenere il diritto d’Israele a difendersi da “un’aggressione ispirata e diretta dall’Iran” e di sollecitare i caschi blu Unifil ad adempiere al loro mandato e a rendere più incisive le loro operazioni. Ma Netanyahu sapeva che non c’è alcuna possibilità che il Consiglio di Sicurezza, di cui fanno parte Kuwait, Bolivia, Russia e Cina, accetti nulla di tutto questo.

Perché allora tanto sforzo diplomatico? Perché investire della cosa il Consiglio di Sicurezza? Semplice, perché Israele sta usando il Consiglio di Sicurezza come una tribuna da dove spiegare al mondo come mai, nel prossimo futuro, potrebbe trovarsi costretto a intraprendere un’azione di forza all’interno del Libano. Sta preparando sin d’ora le ragioni legali della sua causa.

L’ambasciatore d’Israele all’Onu Danny Danon durante la sessione speciale del Consiglio di Sicurezza di mercoledì sui tunnel terroristici di Hezbollah

Per ironia della sorte, la necessità di sostenere questa causa è diventata ancora più grande proprio mentre si svolgeva il dibattito, quando è circolata la notizia il presidente degli Stati Uniti Donald Trump intende ritirare i 2.000 soldati americani dalla Siria orientale.

Per Israele, come per gli stati arabi sunniti della regione, si tratta di una prospettiva da incubo. La presenza delle truppe statunitensi nelle aree controllate dai curdi nella Siria orientale ha finora impedito a Teheran di completare quell’arco sciita che porterebbe l’influenza dell’Iran fino al Mediterraneo, passando senza soluzione di continuità attraverso l’Iraq, la Siria e il Libano. La presenza degli Stati Uniti nella Siria orientale era ciò che impediva a Teheran di trasportare armi moderne e potenti via terra, lungo quell’arco, fin nelle smaniose mani di Hezbollah in Libano. Era dunque una zona cuscinetto di importanza cruciale.

Come ha detto l’ex vice capo di stato maggiore israeliano Yair Golan in una conferenza sul Mediterraneo orientale la scorsa settimana, “abbiamo bisogno della massima presenza possibile degli Stati Uniti nella regione, soprattutto in Iraq e nella parte orientale della Siria: con la presenza americana e il sostegno americano ai curdi, possiamo in qualche modo contenere il peso dell’Iran nella regione, cosa che è estremamente importante”.

La presenza americana era anche una carta che poteva essere giocata con i russi per convincerli a sospingere gli iraniani fuori dalla Siria. I russi non gradiscono la presenza americana nell’area e, di conseguenza, gli Stati Uniti potevano dire: “Usate la vostra influenza per far uscire l’Iran, e noi ce ne andremo”. Ma ora gli Stati Uniti se ne stanno andando senza che i russi – perlomeno a quanto è dato sapere – stiano facendo nulla per far uscire gli iraniani.

Combattenti curde nei pressi della città di Qamishli, nella Siria nord-orientale

Israele, ha affermato mercoledì Netanyahu rilasciando un commento molto contenuto all’annuncio americano, saprà come difendersi anche con le truppe Usa fuori dalla Siria e lasciato da solo ad affrontare le enormi sfide e minacce che si profilano in Siria: dalla presenza russa a quella dell’Iran. Uno dei modi a cui Israele potrebbe fare ricorso per difendersi è quello di agire contro il braccio iraniano rappresentato da Hezbollah in Libano.

La performance dell’ambasciatore d’Israele Danny Danon al Consiglio di Sicurezza aveva lo scopo di guadagnarsi la legittimazione internazionale per questa eventuale opzione, un’opzione che il ritiro delle truppe Usa dalla Siria – se effettivamente attuato – potrebbe rendere più probabile. Se, a seguito del ritiro delle truppe americane dalla Siria, l’Iran sarà in grado di trasferire più facilmente a Hezbollah potenti missili di precisione, allora le probabilità di un’azione israeliana all’interno del Libano diventeranno meno remote. Ora, dopo la riunione di mercoledì del Consiglio di Sicurezza, il mondo è avvertito.

(Da: Jerusalem Post, 20.12.18)