Il mondo offre pseudo-giustificazioni giuridiche alle pretese palestinesi

E permette che si chiami “economia palestinese” quello che è un racket per l’estorsione di denari alla comunità internazionale e agli stessi palestinesi

Di Caroline B. Glick

Caroline B. Glick, autrice di questo articolo

Caroline B. Glick, autrice di questo articolo

Nel suo discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del mese scorso, il capo dell’Olp e di Fatah nonché mai rieletto presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha detto molte cose per far capire bene che fondamentalmente non è interessato alla pace con Israele. Quello che gli interessa è distruggere Israele. Eppure una delle sue richieste spicca in modo particolare.

Spicca non perché sia nuova. Non lo è affatto. Abu Mazen la ripete in continuazione, e i suoi consiglieri fanno altrettanto. La ripetono sia agli ascoltatori palestinesi che a quelli internazionali, suscitando sempre espressioni di sostegno, o perlomeno di simpatia. Abu Mazen chiede che Israele la smetta di arrestare i terroristi palestinesi e scarceri tutti i terroristi palestinesi detenuti. In altri termini, chiede che Israele permetta a migliaia di terroristi condannati di andarsene a piede libero e che si astenga dal fare qualsiasi cosa che possa ostacolare i terroristi impegnati a progettare e realizzare omicidi e stragi di cittadini israeliani. La stragrande maggioranza dei palestinesi sostiene questa richiesta. E lo stesso fanno i governi occidentali, a cominciare da quello degli Stati Uniti.

Durante il fallito processo di pace mediato dal Segretario di stato americano John Kerry del 2013-14, l’amministrazione Obama abbracciò la richiesta di Abu Mazen che Israele scarcerasse 104 terroristi assassini come precondizione per accettare di sedersi a negoziare con lo stato ebraico. Cedendo alle pressioni degli Stati Uniti, Israele rilasciò 78 terroristi in tre tranche. In vista della quarta tranche, Abu Mazen e i suoi consiglieri sbandierarono che avrebbero interrotto i colloqui con Israele non appena l’ultimo gruppo di terroristi assassini fosse uscito di galera. In altre parole, ammisero che i negoziati che erano in corso non erano altro che un espediente per conseguire l’obiettivo della liberazione degli assassini.

Anziché condannare Abu Mazen e i suoi colleghi per questa loro cinica manifestazione di malafede e di disgustosa immoralità, l’amministrazione Obama rimproverò Israele per essersi rifiutato di stare al gioco. Quando Israele reagì alle dichiarazioni dei capi palestinesi bloccando la scarcerazione dell’ultimo gruppo di 26 terroristi condannati, Washington accusò Israele d’aver violato i termini del negoziato. Ecco come mai Obama, Kerry e i loro consulenti ritengono che Israele sia il responsabile del fallimento dei colloqui.

La campagna palestinese per la scarcerazione dei terroristi, come tutta la propaganda palestinese, non nasconde il proprio obiettivo ultimo: cancellare Israele dalla carta geografica

La campagna palestinese per la scarcerazione dei terroristi, come tutta la propaganda palestinese, non nasconde il proprio obiettivo: cancellare Israele dalla carta geografica

E’ importante considerare cosa ci dice di Abu Mazen la sua pretesa che i terroristi siano a piede libero. E’ importante riflettere su cosa ci dice della loro società il fatto che la stragrande maggioranza dei palestinesi si associa a questa richiesta. E vale la pena riflettere anche sulla razionalità strategica e sulla statura morale dei governi occidentali che sostengono questa posizione.

Per quanto riguarda Abu Mazen e i palestinesi, il loro rifiuto di considerare criminali gli assassini e gli stragisti ci dice molto su chi sono e cosa vogliono. Il movimento nazionale palestinese che hanno incarnato non è mai stato caratterizzato da un profondo desiderio di liberazione nazionale. Non è mai stato un movimento la cui ragion d’essere fosse costruire la “Palestina”. Sin dal momento in cui è venne creata da Amin el-Husseini nel 1920, l’identità palestinese si è costruita sulla negazione del movimento di liberazione nazionale ebraico, cioè il sionismo. E sin dal momento in cui Israele ottenne l’indipendenza nel 1948, i palestinesi si sono definiti in base al loro impegno collettivo per la cancellazione dello stato ebraico: da qui il loro sostegno ai terroristi che uccidono gli ebrei. L’erede di Husseini, Yasser Arafat, condivideva la sua opinione che il terrorismo è sia un obiettivo strategico in sé stesso sia un mezzo per raggiungere il fine ultimo del movimento palestinese: l’eliminazione violenta di Israele.

Allo stesso modo l’erede di entrambi, Abu Mazen (come i suoi mezzo-soci e mezzo-rivali di Hamas), non è mai stato realmente interessato a costruire qualcosa. E infatti non ha costruito niente. Si consideri quella che viene impropriamente indicata come “l’economia palestinese”. In un articolo pubblicato a fine settembre dal giornale on-line in lingua ebraica Mida, l’economista Uri Redler ha mostrato che l’economia palestinese non è in realtà un’economia. Si tratta di un racket per l’estorsione di denaro. Utilizzando i dati della Banca Mondiale, Redler ha dimostrato che l’economia palestinese è un’illusione ottica. Nei suoi 22 anni di esistenza, l’Autorità Palestinese ha quasi completamente distrutto il settore privato in Giudea, Samaria e striscia di Gaza. Il 75% del suo reddito fiscale proviene da imposte indirette che Israele riscuote per conto dell’Autorità Palestinese sulle importazioni. Il 40% del suo bilancio proviene da donatori. Solo il 18% proviene da imposte dirette. E la maggior parte di queste provengono da ritenute alla fonte sui dipendenti della stessa Autorità Palestinese.

Dalla fine della guerra anti-Hamas a Gaza dell’estate 2014, solo il 15% degli aiuti esteri per la ricostruzione di Gaza è stato utilizzato per progetti di ricostruzione. Il resto del denaro è stato utilizzato come fondi a disposizione di Hamas. Il 70% di quei fondi sono arrivati dai contribuenti americani ed europei. Ciò significa che Stati Uniti e Unione Europea hanno direttamente finanziato i terroristi di Hamas.

“Il terrorismo è un obiettivo strategico in sé e un mezzo per raggiungere il fine ultimo del movimento palestinese: l’eliminazione violenta di Israele”, come mostra tutta la pubblicistica palestinese anti-israeliana

Non sorprende che gli aiuti siano stati dirottati. Né sorprende che Stati Uniti e Unione Europea abbiano continuato a fornire il denaro pur sapendo che veniva dirottato da Hamas. Hamas, come Fatah, non ha alcun interesse a sviluppare un’economia palestinese. Lo sviluppo economico non procura loro denari, il terrorismo sì. Palestinesi dotati di libertà economica non dipenderebbero per il proprio sostentamento da personaggi come Abu Mazen e dalle sue controparti in Hamas. Ecco perché costoro hanno interesse a bloccare qualunque percorso indipendente verso la prosperità. Anziché costruire strade e altre infrastrutture necessarie per lo sviluppo economico indipendente, Autorità Palestinese e Hamas pagano le persone perché uccidano gli ebrei. E più ebrei uccidono, più soldi si ricevono. Possono permettersi questa politica perché Stati Uniti ed Europa li pagano per farlo. Più i palestinesi commettono terrorismo, più titoli ricevono sui mass-media. E più titoli ricevono sui mass-media, più soldi ottengono dalle Nazioni Unite e dai governi occidentali… per far progredire la causa della “soluzione a due stati”.

Il che ci riporta agli Stati Uniti e all’Europa e al loro sostegno senza riserve per la pretesa palestinese di scarcerare i terroristi. All’inizio di settembre Eugenio Kontorovich, della Northwestern University Law School, e il Forum Kohelet hanno pubblicato un documento sull’interpretazione generale da parte della comunità internazionale dell’art. 49 comma 6 del Quarto Protocollo di Ginevra del 1949, quello che afferma che “una potenza occupante non deve espellere o trasferire parte della propria popolazione civile nel territorio che occupa”. Come ha osservato Kontorovich, questa clausola è quella che sta alla base dell’eterno ritornello della comunità internazionale secondo cui le comunità israeliane costituite a Gerusalemme e in Giudea/Samaria al di là delle linee armistiziali (provvisorie) del 1949 sarebbero illegali. In altre parole, sta alla base dei capi d’accusa dell’Occidente contro Israele e, per estensione, a favore dei palestinesi. Kontorovich ha analizzato come la stessa comunità internazionale considera comunità costituite da cittadini di una dozzina di altri stati in terre occupate in conflitti armati, e ha notato che la presenza e le attività di marocchini nel Sahara occidentale, di turchi nella Cipro del Nord, di indonesiani a Timor Est e di altri cittadini in molteplici altri territori sono legalmente indistinguibili dalla presenza e attività di cittadini israeliani in aree che Israele ha tolto al controllo della Giordania durante la guerra arabo-israeliana del 1967. Ma in nessuno degli altri casi gli Stati Uniti, l’Unione Europea, l’Onu né qualunque altra autorità nazionale o internazionale ha mai invocato la Quarta Convenzione di Ginevra né ha mai sostenuto in qualche altro modo che tali presenze e attività costituissero una violazione del diritto internazionale. In altre parole, la base giuridica per la criminalizzazione e la condanna politica di Israele in relazione ai palestinesi è del tutto pretestuosa e discriminatoria. Essa non serve a promuovere la causa della pace e della giustizia. Serve solo a dare una pseudo-giustificazione giuridica a gangster terroristi che uccidono ebrei israeliani ed estorcere soldi sia ai palestinesi che alla comunità internazionale.

(Da: Jerusalem Post, 26.9.16)