Il neo ministro degli esteri israeliano sottolinea la priorità della pace con la Giordania

Ashkenazi ha definito il piano Trump “un’opportunità storica”, ma questo non significa promuovere annessioni unilaterali

Di Lahav Harkov, Anna Ahronheim

Il nuovo ministro degli esteri israeliano Gabi Ashkenazi

Il nuovo ministro degli esteri israeliano Gabi Ashkenazi ha sottolineato lunedì la necessità di preservare i trattati di pace fra Israele, Egitto e Giordania. La pace è una risorsa strategica per Israele che deve essere preservata così come deve essere preservata la forza militare, ha detto l’ex capo di stato maggiore alcuni giorni dopo che il re giordano Abdullah II aveva dichiarato che il trattato di pace fra il suo paese e Israele potrebbe essere a rischio nel caso in cui Israele attuasse l’annessione unilaterale di porzioni della Cisgiordania. “Attribuisco una grande importanza al rafforzamento dei legami con i paesi con cui siamo in pace: l’Egitto e la Giordania – ha detto Ashkenazi durante una breve cerimonia di insediamento al Ministero degli esteri – Sono i nostri alleati più importanti nell’affrontare le sfide in questa regione”.

In un’intervista a Der Spiegel pubblicata venerdì scorso, re Abdullah ha affermato che “se Israele annettesse davvero la Cisgiordania a luglio, ciò porterebbe a un grosso scontro con il regno hascemita di Giordania”. Alla domanda se avrebbe sospeso il trattato di pace con Israele, Abdullah ha risposto: “Non voglio formulare minacce né creare un clima da ferri corti, ma stiamo prendendo in considerazione tutte le opzioni”.

Nelle sue osservazioni di lunedì, Ashkenazi ha dato voce a quella che è da tempo la preoccupazione della sua formazione politica Blu-Bianco: che un’annessione unilaterale possa minare le relazioni di Israele con Egitto e Giordania. Ashkenazi ha dichiarato che il piano di pace del presidente degli Stati Uniti Donald Trump “verrà promosso [dal nuovo governo israeliano] in modo responsabile e in coordinamento con gli Stati Uniti, preservando allo stesso tempo i trattati di pace e gli interessi strategici dello stato di Israele”.

Re Abdullah II di Giordania mentre parla al Parlamento europeo lo scorso 15 gennaio

Il piano Trump prevede l’estensione della sovranità israeliana su circa il 30% della Cisgiordania nell’ambito di un accordo di pace negoziato che veda la nascita di uno stato palestinese nel restante 70%. Il neo ministro degli esteri israeliano ha elogiato il piano dell’amministrazione Trump come “una significativa pietra miliare”. “Ci troviamo di fronte a importanti opportunità regionali – ha detto Ashkenazi – la principale delle quali è l’iniziativa di pace del presidente Trump”. E ha aggiunto: “Il piano Trump offre a Israele un’opportunità storica per forgiare il futuro di Israele e i suoi confini per i decenni a venire”.

Domenica, presentando il nuovo governo, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha affermato due volte che suo obiettivo è applicare la legge israeliana agli insediamenti israeliani e alla Valle del Giordano. L’accordo di coalizione tra Likud e Blu-Bianco prevede che dal primo luglio Netanyahu possa sottoporre al voto della Knesset l’allargamento della sovranità.

Secondo Dore Gold, presidente del Center for Public Affairs di Gerusalemme, già inviato israeliano in Giordania durante il primo governo Netanyahu, la affermazioni del re giordano devono essere lette nel contesto di una realtà che vede Israele e Giordania come paesi “interdipendenti”. “Il fatto che i giordani nutrano tutte queste riserve sul piano Trump non è una novità – spiega Gold – ma hanno bisogno di un Israele forte come vicino occidentale. Vedo tutti questi segnali non particolarmente piacevoli, ma in fin dei conti vedo che la Giordania ha bisogno di cooperare con Israele tanto quanto Israele ha bisogno di cooperare con la Giordania”. In questo senso è poco probabile che la Giordania ponga fine al trattato di pace con Israele per via delle sue esigenze di sicurezza. “Negli anni a venire – continua Gold – la Giordania deve fronteggiare un Medio Oriente difficile. L’Iran ha conquistato vasti segmenti dell’Iraq, il che porta la minaccia iraniana ai confini con la Giordania. E se si guarda alla Siria, è la stessa cosa. La grande componete palestinese della popolazione giordana è un problema reale, ma penso che le altre considerazioni influenzeranno i loro calcoli futuri”. Secondo Gold, Israele e Giordania dovrebbero “riprendere il dialogo riservato e comunicare fra loro”, e questa è la cosa più importante che possono fare per preservare il loro trattato di pace.

Ksenia Svetlova, ex parlamentare, oggi ricercatrice presso l’Institute for Policy and Strategy dell’IDC Herzliya, afferma invece che le minacce di Abdullah devono essere prese sul serio. “Le dichiarazioni del re erano piuttosto dure rispetto alla sua solita moderazione – dice Svetlova – Non è il tipo di persona che fa minacce e non è di quel tipo la relazione tra i paesi”. Ricordando che nessun paese arabo ha dato una risposta positiva all’idea dell’annessione benché alcuni di essi sostengano altre parti del piano Trump, Svetlova fa notare che non si deve confondere l’adesione al piano Trump con un via libera per all’annessione. La lettura di Svetlova è che Ashkenazi, rimarcando con forza l’importanza della pace con Giordania ed Egitto, in sostanza dice: calma, nessuno ci costringe a correre verso l’annessione, aderire al piano degli americani non equivale a promuovere un’annessione unilaterale.

(Da: Jerusalem Post, 18.5.20)

Il passaggio delle consegne, con “stretta di mano” da distanza sociale, fra il ministro della difesa uscente Naftali Bennett, di Yamina (a sinistra), e quello entrante Benny Gantz, di Blu-Bianco

Anche il leader di Blu-Bianco Benny Gantz, primo ministro vicario nonché neo ministro della difesa, subentrando lunedì a Naftali Bennett ha ribadito la volontà di promuovere il piano di pace del presidente Donald Trump, ma non ha parlato di annessione unilaterale di parti della Cisgiordania. “Sono impegnato a fare tutto il possibile per far avanzare gli accordi diplomatici e lottare per la pace – ha detto Gantz – La pace era e rimane una fondamentale aspirazione sionista. Preserveremo la nostra forza per poter cogliere le opportunità nella regione in generale, e per promuovere il piano di pace dell’amministrazione americana in tutte le sue componenti” (corsivo nostro).
(Da: Times of Israel, 18.5.20)