Il nucleare islamico-fascista

Mai un paese votato alla distruzione di un altro paese era riuscito a dotarsi di armi nucleari.

Da un articolo di Sever Plocker

image_1007Ancora una volta il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha vuotato il sacco: in un’intervista a un quotidiano ha negato la Shoà e il diritto di Israele ad esistere, pretendendo che i sionisti “se ne vadano in Europa”. Le parole di Ahmadinejad sarebbero state accolta da nulla più che un’alzata di spalle se egli non fosse il leader di un paese che si sta movendo a grandi passi verso l’acquisizione di armi nucleari.
Molti israeliani cercano di ignorare la minaccia del nucleare iraniano. Alcuni trattano il problema come una sorta di slogan elettorale, altri alzano le spalle dicendo “Non ci possiamo fare nulla”, altri ancora sperano nel coinvolgimento della comunità internazionale. Ma la realtà iraniana è tale che non ci possiamo più permettere il lusso di ignorarla.
In questo inverno 2005, a differenza di un paio di anni fa, l’Iran è governato da un pugno di estremisti fanatici islamisti. L’attuale presidente non gode della legittimità popolare del suo predecessore. È stato “eletto” dopo che tutti i suoi oppositori politici erano stati esclusi dalla competizione dall’ufficio del Consiglio Supremo della Rivoluzione. Le sue opinioni di base sono improntate a una forma estrema di antisemitismo, come si è visto dalle sue dichiarazione delle ultime settimane. Il processo di democratizzazione della vita civile iraniana si è completamente bloccato, ha fatto ritorno il terrorismo interno religioso, e le varie diramazioni della polizia segreta sono fuori controllo mentre le lotte intestine fra alti funzionari impediscono la gestione dei servizi e il processo decisionale.
In questa situazione la cricca al potere cerca di consolidare la sua detestata autorità accelerando il programma nucleare, presentato come una “battaglia per l’atomo”, una sorta di guerra d’indipendenza contro il nemico occidente al servizio dei sionisti. La cosa particolarmente preoccupante, in questa fase, è che il regno del terrore di Teheran dispone di un budget praticamente illimitato, frutto di un rialzo inaspettato dei prezzi del petrolio.
È paranoico, Israele, quando parla della chiara e immediata minaccia del nucleare iraniano? La risposta a questa domanda l’ha data la scorsa settimana lo stesso Mohamed El Baradei, capo dell’Agenzia Internazionale Onu per l’Energia Atomica (AIEA). “Quando l’Iran ripartirà con l’arricchimento dell’uranio – ha detto – ci vorranno solo pochi mesi perché abbia un’arma nucleare”. Ora, El Baradei è una persona preparata e attendibile, un Premio Nobel per la pace che alla vigilia della guerra contro l’Iraq disse che Saddam Hussein non aveva armi nucleari. La sua valutazione sulla minaccia nucleare iraniana corrisponde a quella dei servizi di intelligence israeliani.
Dunque, l’Iran è prossimo a diventare una potenza nucleare mediorientale governata da un gruppo di religiosi fanatici e antisemiti. Che si può fare per far sventare questa minaccia? El Baradei, come molti altri in occidente, raccomanda autocontrollo. È ciò che ci si aspetta dal capo di un organismo internazionale, ma è un pericolo per noi e per tutta la regione. La cricca che detiene il potere a Teheran ha interesse ad anestetizzare l’opinione pubblica mondiale nel breve periodo, per alcuni mesi, in modo da usare questo lasso di tempo per completare il processo di arricchimento dell’uranio. Dopo di che non vi sarà più modo di impedire all’Iran di arrivare al traguardo della sua corsa per le armi nucleari.
Un’altra opzione sarebbe quella di portare la questione davanti al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che potrebbe imporre all’Iran sanzioni politiche ed economiche di vasta portata. Ma è improbabile che questa discussione alle Nazioni Unite abbia luogo tanto presto. Molti paesi hanno già escluso tali sanzioni perché considerano l’Iran un importante mercato per le loro esportazioni e un importante fornitore di petrolio.
Molti diplomatici occidentali parlano di continuare i negoziati con “il governo iraniano”, rifiutandosi di capire che non siamo più davanti al paese orientato verso le riforme che c’era fino a pochi anni fa. Preferiscono ficcare la testa nella sabbia, inzuppata di petrolio.
Ecco perché sono pessimista. Di fronte al programma nucleare iraniano la diplomazia non funzionerà finché non cambierà quel regime. Israele non avrà altra scelta che quella dell’azione militare per impedire che l’incubo diventi realtà: un paese islamista estremista armato con armi nucleari. Bombardare dal cielo le centrali atomiche iraniane non è cosa né praticabile né auspicabile, ma esistono molte altre opzioni possibili, opzioni che lascerebbero una traccia e opzioni che non la lascerebbero: ad esempio, eliminare i principali anelli della catena di rifornimento e produzione.
Israele deve sventare la deriva nucleare iraniana, e presto. È una realtà a cui non possiamo nè dobbiamo rassegnarci. Le chiacchiere su un “nuovo equilibrio del terrore nucleare” in Medio Oriente sono senza senso. L’Iran del 2005 è un violento regime islamico-fascista, guidato da un uomo che invoca apertamente l’annientamento dello stato ebraico. E abbiamo abbastanza esperienza di gente con questo tipo di propositi. Mai prima d’ora un paese votato alla competa distruzione di un altro paese è riuscito a mettere le mani su armi nucleari. Non è mai successo, e non dovrà succedere.

(Da: YnetNews, 11.12.05)