Il nuovo capo di Hamas a Gaza significa guerra imminente?

Con l’ascesa al vertice di Sinwar, uno spietato assassino, ancor più di prima Hamas si occuperà di azioni terroristiche anziché del benessere sociale dei palestinesi

Di Yossi Melman

Yossi Melman, autore di questo articolo

La scelta di Yahya Sinwar, uno spietato terrorista, come nuovo capo di Hamas nella striscia di Gaza rappresenta un ulteriore colpo alle relazioni israelo-palestinesi e alle speranze della comunità internazionale per una pace in Medio Oriente. Il che comunque non significa che un’altra guerra tra Israele e Hamas a Gaza sia necessariamente imminente.

Il 55enne Sinwar prenderà il posto del “primo ministro” Ismail Haniyeh, che è il principale candidato a dirigere tutto il movimento islamista sia a Gaza che in Cisgiordania, che all’estero. Haniyeh, che era nel “governo” di Hamas a Gaza dal 2007, dovrebbe succedere a Khaled Mashaal a capo del politburo di Hamas, trasferendosi probabilmente nel Qatar.

Tecnicamente Sinwar non erediterà il titolo di “primo ministro”, ma sarà di fatto il governatore della striscia di Gaza e verosimilmente il capo indiscusso sia del braccio politico che dell’ala militare del movimento Hamas, le Brigate Izzadin Kassam. Sinwar è il primo capo di Hamas che proviene direttamente dall’ala militare: una sorta di ex generale prestato alla politica.

All’inizio della sua carriera di terrorista, Sinwar si impegnò molto, durante la prima intifada, nell’assassinio sistematico di palestinesi definiti “traditori” perché accusati di collaborare con i vari organismi anti-terrorismo israeliani. Nell’adempiere a questo incarico conferitogli dal capo e fondatore di Hamas, lo sceicco Ahmad Yassin, Sinwar dimostrò una netta propensione verso metodi sbrigativi, crudeli e spietati. Per i suoi sanguinosi atti terroristici, venne arrestato da Israele, processato e nel 1989 condannato all’ergastolo.

Yahya Sanwar al momento della sua scarcerazione nel 2011

Come purtroppo accade per molti criminali e terroristi, il carcere si tradusse per Sinwar in una scuola di malavita, preparandolo di fatto alla sua successiva carriera. Presto emerse come un capo fra i terroristi detenuti in generale, e quelli affiliati a Hamas in particolare. Dalla sua cella comunicava con i comandanti dell’ala militare incitandoli a prendere in ostaggio civili e soldati israeliani da usare come merce di scambio per ottenere la scarcerazione di terroristi palestinesi.

Rilasciato nel 2011 nel quadro del ricatto di Hamas per la liberazione Gilad Shalit, Sinwar si posizionò rapidamente come una sorta di informale “ministro della difesa”, una posizione di collegamento tra l’ala militare e il livello politico. Nell’adunata indetta per celebrare la sua scarcerazione, 200mila abitanti di Gaza si riversarono nelle strade della città per ascoltare un discorso infuocato con cui Sinwar propugnava lo scontro armato con Israele senza compromessi. In particolare, sostenne l’approccio secondo cui Hamas avrebbe dovuto “portare lo scontro sul terreno del nemico”, preannunciando in un certo senso la tattica di costruire tunnel per infiltrare terroristi all’interno di Israele.

La nomina di Sinwar, insieme ad alcuni altri capi militari, nel politburo di Hamas pare abbia messo fine a una lotta interna di potere che ha scosso il movimento nel corso dell’ultimo anno.

Sinwar ha subito confermato la sua fama ordinando, con una mossa senza precedenti all’interno dei quadri di Hamas, l’uccisione di un alto comandante che considerava un rivale e un traditore, senza nemmeno permettergli di difendersi in una qualche forma di processo.

Il nuovo capo di Hamas a Gaza, Yahya Sanwar, lo scorso ottobre durante un adunata a Khan Younis

E’ ormai evidente che l’ala militare si sta consolidando come la forza dominante nel movimento, che si presenta da sempre come l’alternativa al Olp e all’Autorità Palestinese. Con la prevedibile conseguenza che ancor più di prima Hamas si occuperà di sviluppare un esercito anziché le istituzioni politiche e il benessere sociale nel quadro di un autentico nation-building (processo di costruzione di un ordinamento statuale stabile e possibilmente democratico).

Sinwar e il capo militare Muhammad Deif spingeranno ulteriormente per un miglioramento delle relazioni con l’Iran, nella speranza di ricevere più soldi, addestramento e armi. Questo approccio potrebbe influire negativamente sui recenti sforzi di Mashaal per riconciliarsi con l’Egitto.

Sicuramente Sinwar, un violento estremista persino secondo gli standard di Hamas, sarà per Israele un nemico ancora più coriaceo. Contrario a qualsiasi compromesso, anche solo temporaneo, continuerà a perseguire lo “scambio di prigionieri” con la forza e il ricatto.

Tuttavia, non potrà muoversi come un autocrate assoluto. I processi decisionali all’interno di Hamas sono più lunghi e complessi di quanto si possa pensare, e non sono nelle mani di una sola persona. Sinwar cercherà di convincere i suoi sodali a lanciare una guerra se, e solo se, riterrà che l’ala militare è pronta: uno sviluppo che non è detto sia dietro l’angolo. Spetterà anche a Israele fare in modo che quel momento non si avvicini.

(Da: Jerusalem Post, 14.2.17)