Il paradosso Nasrallah

Bisogna ringraziare il capo Hezbollah perché ci ricorda le regole della sopravvivenza in Medio Oriente

Da un articolo di Guy Bechor

image_1978Se Hassan Nasrallah non esistesse, bisognerebbe inventarlo, giacché sotto molti aspetti è diventato il nostro maestro di sopravvivenza.
Nasrallah ci insegna le crude regole della mercanteggiamento in questa parte del mondo, le regole della forza e della debolezza, e come una minoranza vulnerabile – gli ebrei o gli sciiti – debba essere forte e determinata se vuole sopravvivere in Medio Oriente. Nasrallah ci ricorda in che regione del mondo viviamo, anche se alcuni di noi pensavano d’essersi trasferiti in un pezzo di Europa occidentale o in un “nuovo Medio Oriente”.
Nasrallah ci ricorda che, nonostante tutti i bei discorsi su nanotecnologie e parchi industriali al posti dei confini, il Medio Oriente rimane fanatico, vendicativo, tribale e feroce. Nasrallah è stato definito “topo di fogna”, “macellaio”, “assassino”, ma non è lui che ha inventato il Medio Oriente. Lui si limita a giocare secondo queste regole spietate e, soprattutto, ce le insegna.
Di che ci lamentiamo? In fondo, siamo stati noi ad abituare Nasrallah e altri come lui ad abusare di noi: eravamo sempre pronti a fare “dolorose” concessioni. Li abbiamo abituati a pensare che, appena ci mostrano la piastrina di un soldato caduto, per non parlare delle spoglie, siamo pronti a pagare praticamente qualunque prezzo.
È così che funziona, nel bazar mediorientale. Se appena si intravede la disponibilità a pagare, saltano fuori piastrine e parti umane. Ci abbiamo messo decenni, ma adesso incominciamo a imparare le regole di questo mercato.
Molti, qui da noi, negli anni scorsi pensavano che l’epoca delle guerre in Medio Oriente fosse finita, tanto da non avere più bisogno di un forte esercito. Ed è diventato di moda ridurre e denigrare l’apparato difensivo. E c’erano quelli che ci dicevano che siamo una tale potenza militare da essere immuni da qualunque cosa. In fondo, è questo ciò che ha creduto un’intera generazione nel decennio scorso.
Dunque, grazie Nasrallah per averci riportato alla realtà, per averci aperto gli occhi, per averci ricordato i pericoli che corre un piccolo paese come il nostro in questa regione. Certo, non è facile per noi smaltire la sbornia, ma impariamo in fretta.
E dobbiamo ringraziare Nasrallah per averci insegnato le tattiche della guerra psicologica. All’inizio siamo caduti nelle sue trappole. Poi, grazie al fatto che le usa così spesso, abbiamo imparato a riconoscerle, finché sono diventate quasi evidenti agli occhi della nostra opinione pubblica. Le ha usate così tanto che ne siamo quasi vaccinati. Ora gli si ritorcono contro, svelando il suo vero volto: quello di un chierico che fa mercimonio di pezzi di corpi umani. (…)
Ecco il grande paradosso: l’uomo che ha introdotto il termine “ragnatela” per descrivere la fragilità della società israeliana è diventato l’uomo che ha insegnato agli israeliani a scrollarsi di dosso la sindrome della ragnatela, e riguadagnare la propria forza.
Se non fosse per Nasrallah, con quella fasulla sensazione di “fine del conflitto” che era di moda qui negli anni scorsi, chissà che ne sarebbe oggi di Israele, nella feroce lotta per la sopravvivenza in Medio Oriente.

(Da: YnetNews, 24.01.08)

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