Il pericoloso gioco di Mosca sul confine israelo-siriano

Circoscritte schermaglie tra Israele e Siria potrebbero convenire alla Russia, che in Medio Oriente ha assunto il ruolo dell’adulto che un tempo era degli Stati Uniti

Di Eyal Zisser

Eyal Zisser, autore di questo articolo

La visita del ministro della difesa russo Sergei Shoigu in Israele la scorsa settimana è un segnale dei crescenti legami tra Israele e Russia. Era la prima volta che un ministro della difesa russo visitava Israele, ed è stata una dimostrazione della volontà di entrambe le parti di rafforzare le relazioni e di aggiungere un aspetto difensivo strategico ai rapporti politici, diplomatici, culturali e commerciali che già si sviluppano tra i due paesi.

Tuttavia, proprio mentre il ministro della difesa russo era in viaggio verso Israele, si è verificato un altro serio incidente sul fronte settentrionale. I siriani hanno sparato un missile verso un aereo israeliano in volo di ricognizione sul Libano (con delle fake news, si sono anche vantanti d’averlo abbattuto). In risposta, le Forze di Difesa israeliane hanno attaccato e distrutto la batteria siriana SA-5 che aveva lanciato il missile. Gli annunci provenienti da Damasco, inclusa una dichiarazione del capo dell’esercito iraniano in visita nella capitale siriana questo fine settimana secondo il quale Iran e Siria non consentiranno a Israele di continuare ad agire in territorio siriano, indicano che è solo una questione di tempo prima che si verifichi il prossimo incidente. (Sabato, in reazione a cinque razzi lanciati sul Golan israeliano, le Forze di Difesa israeliane hanno colpito e distrutto tre pezzi d’artiglieria siriani.)

Non è che i siriani chiedano necessariamente il permesso ai russi prima di sparare verso gli aerei israeliani. Ma si può presumere che Mosca sia ben informata e disposta ad accettare la nuova politica di reazioni più dure da parte di Damasco, che mira a sfidare Israele ogni volta che esso agisce in territorio siriano contro i movimenti di armi che pregiudicano la sua sicurezza. Al tempo stesso, i russi sono anche informati e disposti ad accettare la politica attiva di Israele in Siria. Dopo tutto, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha confermato più volte che il presidente russo Vladimir Putin ha prestato orecchio alle sue spiegazioni sul perché Israele debba agire contro l’eventuale presenza militare iraniana in Siria e contro le forniture di missili dall’Iran a Hezbollah. Putin non ha affrontato Netanyahu sulla questione, e tutto ciò che i russi hanno chiesto a Israele è di assicurarsi che le Forze di Difesa israeliane si coordinino con l’Armata Rossa per evitare scontri fra le due parti nello spazio siriano.

Batteria siriana di missili intercettori SA-5

Può darsi che la Russia sia consapevole della sua limitata influenza su entrambe le parti e che perciò preferisca lasciare che i due paesi amici, Israele e Siria, continuino a scontrarsi senza mettersi in mezzo. Questo vale anche per l’Iran, un importante partner, se non addirittura uno stretto alleato della Russia in Medio Oriente: un paese dei cui servizi la Russia ha ancora bisogno, così come ha bisogno dei servizi di Hezbollah, per assicurare la vittoria finale del regime di Bashar Assad nella guerra civile siriana. Ed è possibile che i russi, come gli americani, siano concentrati più che altro sul loro obiettivo immediato: Washington vuole eliminare l’ISIS, Mosca vuole la vittoria di Assad. In questo senso i russi non avrebbero interesse né tempo per occuparsi della questione del “giorno dopo”.

Ma è anche possibile che gli scambi di colpi tra Israele e Siria convengano ai russi, giacché l’azzuffarsi e il timore di una escalation spingono sia Gerusalemme che Damasco nelle braccia della Russia e fanno di Putin l’adulto della situazione, un ruolo che gli americani hanno perso da tempo in Medio Oriente.

Il problema è che gli scambi di colpi limitati e definiti potrebbero degenerare in un conflitto a più dimensioni che nessuno vuole, ma in cui entrambe le parti potrebbero ritrovarsi a causa di un errore di calcolo o semplicemente alzando la posta delle reazioni (come hanno fatto i siriani la scorsa settimana quando hanno sparato verso l’aereo israeliano in missione di routine che non aveva compiuto nessuna azione contro la Siria). L’elemento iraniano nell’equazione può solo rendere le cose più complicate e pericolose.

Gli Stati Uniti sono il più importante alleato di Israele, specialmente quando si tratta di un sostegno diplomatico senza remore e del mantenimento della superiorità tecnologica militare d’Israele rispetto ai suoi nemici. Ma a quanto pare, quando si tratta di trovare una formula che garantisca la calma lungo il confine settentrionale, ora è Mosca l’indirizzo a cui ci si deve rivolgere. Possiamo solo sperare che i russi non cambino la loro politica di tenere la mani in tasca di fronte alla lotta scoppiata fra i “ragazzi” del quartiere, per passare a una politica più interventista volta a fissare “linee rosse” per i siriani e gli iraniani. Soprattutto per gli israeliani, il che potrebbe chiudere i margini di manovra che le Forze di Difesa israeliane si sono finora riservate in Siria con l’obiettivo di ridurre le minacce future e prevenire  guerre molto più devastanti.

(Da: Israel HaYom, 22.10.17)

 

A conclusione della sua visita in Siria, il capo di stato maggiore iraniano Mohammad Bagheri ha firmato domenica un memorandum d’intesa con il suo omologo siriano Ali Abdullah Ayyoub in base al quale le due parti concordano di incrementare la cooperazione fra i rispettivi eserciti nella lotta al terrorismo e contro i “complotti sionisti-americani”. (Da: YnetNews, 21.10.17)

“Ci congratuliamo con Hamas per aver affermato che non abbasserà le armi e per averle anzi dichiarate un limite invalicabile”. Lo ha detto Ali Akbar Velayati, consigliere internazionale della Guida Suprema iraniana Ali Khamenei, durante un incontro sabato scorso con una delegazione di Hamas in visita a Teheran. Velayati ha anche detto che Teheran incrementerà il suo sostegno ai gruppi terroristi palestinesi. “Vogliamo dimostrare all’entità sionista – ha affermato – che i legami strategici tra l’Iran e la resistenza palestinese, rappresentata da Hamas e Jihad Islamica, non saranno mai interrotti e che anzi l’appoggio dell’Iran aumenterà di giorno in giorno. Siamo fiduciosi che Hamas resterà fedele al popolo palestinese senza mai rinunciare ai principi fondamentali palestinesi: la resistenza e le sue armi”. Il vice capo di Hamas, Salah al-Arouri, che guidava la delegazione, ha ringraziato l’Iran per il suo patrocinio sottolineando che molti alti esponenti palestinesi in Cisgiordania e nella striscia di Gaza sono interessati ad espandere i legami con Teheran. La delegazione di Hamas si è incontrata anche con il presidente del parlamento iraniano, Ali Larijani. “I nemici cercano di annullarvi – ha detto Larijani – e di dipingervi come un movimento inefficace. Non dovete permettere che i loro sforzi abbiano successo. Ciò che conta è che le fazioni palestinesi mettano da parte le loro differenze e si uniscano contro l’entità sionista”. (Da: Times of Israel, 22.10.17)

L’Iran prederà il controllo della valle del Giordano se Israele non vi manterrà una sua presenza militare e civile. Lo ha detto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu giovedì sera, intervenendo a una manifestazione per il 50esimo anniversario del controllo israeliano della vallata che si allunga fra Israele, Cisgiordania e Giordania come un confine naturale. “Se non ci saremo noi – ha detto Netanyahu – qui ci saranno l’Iran e Hamastan. Non permetteremo che ciò accada. Questa regione è di suprema importanza per la sicurezza dello stato d’Israele. Il Medio Oriente è un luogo estremamente instabile e violento. La valle del Giordano è come un argine di sicurezza strategico per Israele. Senza di essa, l’area sarebbe investita da un’inondazione di fondamentalismo che potrebbe spingersi fino alla regione centrale d’Israele. Ecco perché la nostra linea di difesa a est inizia in questo posto. Chi non ne è convinto – ha concluso Netanyahu – non deve fare altro che guardare poco più a nord, ai confini settentrionali di Israele con il Libano e la Siria”. (Da: Jerusalem Post, 20.10.17)