Il piano Abu Mazen-Erekat: cancellare gli accordi di Oslo e dichiarare la Palestina “stato sotto occupazione”

Israele: “E’ la loro tattica: rifiutarsi di negoziare e minacciare sfracelli”

Di Avi Issacharoff, Raphael Ahren

Il presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) e, a sinistra, il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat, nell’aprile 2014 a Ramallah, all’atto della firma della richiesta di adesione a 15 organismi e trattati internazionali.

Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) e, a sinistra, il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat, nell’aprile 2014 a Ramallah, all’atto della firma della richiesta di adesione a 15 organismi e trattati internazionali.

La cortina fumogena creata dall’annuncio delle dimissioni del presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) sembra essersi diradata lunedì, lasciando intravedere dettagli da cui si capisce che le minacce di dimissioni non erano altro che un diversivo in vista di un’altra mossa teatrale pianificata dai palestinesi: rinnegare gli obblighi sottoscritti con gli accordi di Oslo e dichiarare la Palestina uno “stato sotto occupazione”.

La mossa pare sia stata decisa alcuni mesi fa da Saeb Erekat, capo ad interim della squadra negoziale palestinese nonché neo Segretario generale del Comitato esecutivo dell’Olp: l’uomo che stava dietro a un documento che definiva le mosse diplomatiche che avrebbero fatto i palestinesi contro Israele nel corso del mese di settembre.

Erekat sta emergendo come uno dei più potenti personaggi della cerchia di Abu Mazen e un potenziale successore dell’80enne presidente dell’Autorità Palestinese. Erekat è anche la mente dietro al piano palestinese volto a fare pressione su Israele mediante la tattica di aderire a istituzioni e organismi internazionali, come la Corte Penale dell’Aia e simili, anziché negoziare direttamente con Gerusalemme.

Un alto esponente dell’Olp, Ahmed Majdalani, ha dichiarato domenica all’agenzia di stampa palestinese Ma’an che il Comitato centrale discuterà queste opzioni nella sua prossima sessione. E dopo il voto, ci si aspetta che i palestinesi annuncino l’annullamento di tutti gli accordi firmati tra Olp e Israele. Majdalani ha aggiunto che il testo di un annuncio in questo senso è già stato elaborato dalla commissione preparatoria del Consiglio Nazionale palestinese.

Gli Accordi di Oslo del 1993-1995, così come l’accordo firmato a Sharm el Sheikh nel 1994, verrebbero in questo modo annullati unilateralmente. Stessa sorte subirebbe l’accordo economico firmato a Parigi nel 1994, insieme a diversi altri patti fra l’Autorità Palestinese e Israele per la cooperazione sulla sicurezza.

A quanto risulta, Abu Mazen avrebbe in programma di fare un annuncio clamoroso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite alla fine di questo mese, dichiarando la Palestina uno “stato sotto occupazione” e cancellando contestualmente gli accordi di Oslo e gli altri accordi bilaterali con Israele, vale a dire gli accordi che hanno reso possibile la creazione dell’Autorità Palestinese costituendone il fondamento giuridico, e l’avvio delle trattative dirette che avrebbero dovuto portare alla pace definitiva attraverso la soluzione negoziata di tutti i contenziosi sospesi (Gerusalemme, profughi, insediamenti, garanzie di sicurezza, confini, relazioni e rapporti con altri paesi vicini). Al momento non è chiaro quali potrebbero essere le conseguenze concrete della decisione di cancellare tali accordi.

Saeb Erekat

Saeb Erekat

Fonti governative israeliane non si mostrano particolarmente impressionate dalla notizia, spiegando che il modus operandi diplomatico palestinese è sempre quello di tirare la corda: si rifiutano di negoziare e poi minacciano vari “scenari apocalittici” come le dimissioni di Abu Mazen, la rinuncia agli accordi di Oslo, lo scioglimento dell’Autorità Palestinese se Israele non accetta le loro condizioni. “Consideriamo queste minacce con una certa dose di scetticismo” ha detto un rappresentante governativo a Times of Israel, ribadendo per contro la disponibilità di Gerusalemme a riprendere anche subito i negoziati di pace bilaterali. “E’ il loro modo standard di negoziare: se non ottengono quello che chiedono, minacciano di buttarsi dalla finestra”. “Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu – continua la fonte – è disponibile per una immediata ripresa dei negoziati diretti senza precondizioni, ma i palestinesi si rifiutano di impegnarsi. Ponendo precondizioni inutili, rendono impossibile la ripresa delle trattative. Poi, dopo aver impedito la ripresa dei negoziati, corrono dalla comunità internazionale a lamentarsi dicendo: non ci sono negoziati, c’è crisi diplomatica, è necessaria un’azione drastica. Ma è una sceneggiata”. L’unico motivo per cui non sono in corso negoziati significativi è il rifiuto dei palestinesi di negoziare, aggiunge il funzionario: “E’ ora che la comunità internazionale respinga questa farsa e dica ai palestinesi che è giunto il momento di riprendere le trattative con Israele. Questo è l’unico vero modo per fare passi avanti”.

(Da: Times of Israel, 7.9.15)

Alan Baker, ex ambasciatore israeliano ed esperto di diritto internazionale

Alan Baker, ex ambasciatore israeliano ed esperto di diritto internazionale

“Proclamare la Palestina uno stato sotto occupazione costituisce una dichiarazione priva di reale contenuto – afferma Alan Baker, un diplomatico israeliano già consigliere giuridico del Ministero degli esteri – Io non penso che abbia praticamente alcun significato. Nessun proclama di Abu Mazen, nessuna dichiarazione da lui fatta alle Nazioni Unite servirà a cambiare la realtà di fatto”. L’unica cosa che potrebbe ottenere, secondo Baker, è quella di invalidare il suo status di presidente dell’Autorità Palestinese, nonché la legittimità del parlamento e dei tribunali palestinesi: “E lascerebbe carta bianca a Israele per fare tutto quello che ritenesse necessario a protezione della sua sicurezza e dei suoi interesse vitali, giacché il proclama di Abu Mazen potrebbe anche causare la cessazione della cooperazione economica e di sicurezza, e di altre misure attualmente in vigore a beneficio della popolazione palestinese”.

Dal punto di vista del diritto internazionale, non si capisce nemmeno come possa essere dichiarato “sotto occupazione” uno stato che ancora non è mai esistito. Finora sono stati considerati “occupati” solo stati (o porzioni di stato) già esistenti, come la Francia durante la seconda guerra mondiale o più recentemente la Crimea ucraina occupata dalla Russia. Ma qui avremmo una “Palestina” che cerca di diventare uno “stato sotto occupazione”, una situazione senza precedenti storici. E nessun può dimostrare che sia mai esistito uno “stato palestinese” prima che i territori di Cisgiordania e Gaza finissero sotto controllo israeliano con la guerra del giugno ’67. (Da: Times of Israel, 7.9.15)