Il popolo ebraico non sarà mai più impotente e indifeso

I nemici degli ebrei sembrano essersi sempre accaniti in modo particolare durante Pesach, la festa della libertà, ma oggi il popolo ebraico non è più inerme, alla mercé di chi vuole fargli del male

Editoriale del Jerusalem Post

La sala da pranzo del Park Hotel di Netanya dopo la strage terroristica palestinese della sera di Pesach 2001

“In ogni generazione c’è qualcuno che vuole distruggerci, ma il Santo, benedetto Egli sia, ci salva dalle loro mani”. Così recita uno dei passaggi più cupi dell’Haggadà di Pesach, un passo carico del peso dell’esperienza ebraica. E generazione dopo generazione, coloro che vorrebbero ripulire il mondo dagli ebrei hanno fatto di tutto per confermare il concetto tipicamente in occasione della festività della Pasqua ebraica.

La calunnia medievale del sangue – la menzogna ferocemente assurda secondo cui gli ebrei userebbero il sangue dei bambini cristiani per scopi rituali – si focalizzava proprio sui preparativi per la Pasqua ebraica, quando si sosteneva che gli ebrei usassero il sangue per preparare il pane azzimo. Lo storico Walter Laqueur ha registrato circa 150 casi di calunnia del sangue nel corso dei secoli. “In quasi tutti i casi – ha scritto – degli ebrei sono stati assassinati, a volte da una folla inferocita, a volte in seguito a torture e sentenze”.

Nel settimo giorno della Pasqua ebraica del 1903 una folla assetata di sangue si scatenò a Kishinev (l’odierna Chișinău), spinta da false notizie secondo cui due bambini cristiani erano stati assassinati dalla comunità ebraica per preparare il pane azzimo. Decine di ebrei vennero assassinati, donne ebree vennero violentate, case e attività commerciali di ebrei furono saccheggiate e distrutte. Quello che divenne noto come il pogrom di Kishinev attirò l’attenzione del mondo sulla condizione degli ebrei nell’impero russo e spinse un numero crescente di persone a cercare rifugio in Occidente e in Terra d’Israele/Palestina (allora sotto controllo turco ottomano ndr).

Soldati israeliani sul Golan, al confine con la Siria

Nel 1943, alla vigilia della Pasqua ebraica, i nazisti avviarono la liquidazione del ghetto di Varsavia e degli ebrei che ancora vi rimanevano. Un rapporto dell’epoca della Jewish Telegraphic Agency (JTA) descriveva “le strade di Varsavia che riecheggiano degli spari degli assassini nazisti e delle urla delle vittime”. I difensori del ghetto furono sopraffatti quando migliaia di truppe delle Waffen-SS fecero irruzione incendiando e facendo saltare in aria gli edifici del quartiere per poi demolire la Grande Sinagoga della città: 56.000 ebrei furono assassinati o deportati nei campi di sterminio.

Nel 2001, la prima notte di Pesach un attentatore suicida di Hamas entrò nel Park Hotel di Netanya, si diresse verso la sala da pranzo e si fece esplodere uccidendo 30 ebrei che stavano partecipando al Seder, la cena pasquale. Tra i morti, numerosi sopravvissuti alla Shoà, diverse coppie, un padre con la figlia. La vittima più giovane aveva 20 anni.

Per arrivare poi, naturalmente, alla settimana scorsa. Migliaia di famiglie israeliane hanno iniziato la Pasqua accalcate nei rifugi antiaerei mentre decine di razzi lanciati dal Libano e da Gaza piovevano sul nord e sul sud di Israele. Venerdì, secondo giorno di Pesach, la ventenne Maia e la sedicenne Rina Dee sono state assassinate mentre percorrevano la Valle del Giordano. La madre, che era con loro nell’auto, è stata ridotta in fin di vita (è deceduta lunedì ndr). Poi, venerdì notte, un terrorista ha lanciato la sua auto sul lungomare di Tel Aviv uccidendo il 35enne Alessandro Parini, un turista italiano, e ferendone diversi altri.

Batteria anti-missile “Cupola di ferro” schierata nei pressi di Haifa (Israele settentrionale)

Nessuna parola può consolare le famiglie di queste ultime vittime del terrorismo, così come nessuna parola avrebbe potuto offrire conforto alle famiglie e alle comunità devastate dalle atrocità pasquali delle generazioni precedenti. Tuttavia, se nel corso dei secoli i nostri nemici potevano aver scelto proprio la nostra festa della libertà per prendere di mira gli ebrei che si riunivano per celebrare la liberazione dei loro antenati dalla schiavitù, le prossime settimane mostreranno quanta strada abbiamo percorso. In effetti, le settimane sacre di questo periodo dell’anno costituiscono un microcosmo, una sorta di concentrato dell’esperienza ebraica. Durante Pesach, la Pasqua ebraica, commemoriamo l’Esodo dall’Egitto. Una dozzina di giorni dopo, a Yom HaShoà, ricordiamo le vittime dell’Olocausto. Una settimana più tardi, a Yom HaZikaron, piangiamo i soldati caduti nelle guerre a difesa del paese e le vittime del terrorismo. Il giorno immediatamente successivo festeggiamo la ricostituzione della sovranità ebraica con Yom HaAtzma’ut, 75esimo Giorno dell’Indipendenza di Israele.

Mentre gli ebrei delle generazioni precedenti erano quasi sempre alla mercé di altri, oggi ci sono le forze di sicurezza israeliane, che nei giorni scorsi hanno attivamente agito dando la caccia ai responsabili degli ultimi attentati, effettuando attacchi aerei contro coloro che gli attacchi e gli attentati pianificano e fomentano, e adoperandosi con coraggio e dedizione per prevenire ulteriori spargimenti di sangue. I nostri nemici sanno che verranno braccati senza sosta e alla fine assicurati alla giustizia.

Mentre piangiamo le ultime vittime e preghiamo per i feriti, diamo ancora più fiducia e più forza agli uomini e alle donne in servizio nella Difesa, e troviamo un po’ di conforto nella consapevolezza che il popolo ebraico non sarà mai più impotente e indifeso di fronte a coloro che vogliono il suo male.

(Da: Jerusalem Post, 9.04.23)