Il problema è che l’islam non ha mai tollerato l’idea di uno stato ebraico indipendente

L'islam tradizionale era disposto a tollerare gli ebrei nello status inferiore di dhimmi, ma l’aspirazione ebraica all'autodeterminazione nazionale cozza contro secoli di insegnamento islamico

Di Mark Regev

Mark Regev, autore di questo articolo

Per gli israeliani, il sacro mese del Ramadan è stato accompagnato da un’ondata di attacchi terroristici. Sebbene non sia un elemento teologico obbligatorio dell’islam, purtroppo la sintesi di fervore religioso musulmano e violenza anti-israeliana e anti-ebraica non è una novità.

All’inizio degli anni ’30 il predicatore revivalista islamico originario di Jabla (Siria), Izz ad-Din al-Qassam, guidò centinaia di guerriglieri che attaccavano gli ebrei nella Palestina Mandataria. Alla sua morte nel 1935, Qassam fu immediatamente dichiarato martire. Decenni dopo, Hamas intitolava in suo nome la propria ala militare (le Brigate Izz ad-Din al-Qassam) e i razzi a corto raggio prodotti a Gaza (razzi Qassam).

Più noto, di quello stesso periodo, fu Amin al-Husseini, che raggiunse il vertice del movimento arabo palestinese sfruttando la sua autorità clericale come gran mufti di Gerusalemme. Il mix di militanza religiosa e nazionalista portò Husseini a rifiutare qualsiasi compromesso con gli ebrei, essendo inaccettabile ogni spartizione del territorio così come qualunque ipotesi di soluzione bi-nazionale. Nel portare avanti i suoi obiettivi, Husseini fece causa comune con la Germania nazista. Non si trattava semplicemente di allinearsi con il nemico della potenza Mandataria: Husseini abbracciava toto corde la “soluzione finale” di Hitler. Da Berlino trasmetteva la propaganda nazista in Medio Oriente e al contempo reclutava musulmani bosniaci nelle Waffen-SS. Husseini morì a Beirut nel 1974, ma il suo tipo di antisemitismo gli sopravvive.

Il gran mufti di Gerusalemme Haj Amin el-Husseini passa in rivista le SS musulmane (Yugoslavia, 1943)

La combinazione di fondamentalismo, ultra-nazionalismo e antisemitismo di Hamas può essere vista come un’espressione attuale di quel retaggio. L’autoproclamata “resistenza islamica” sostiene che “non c’è soluzione per la questione palestinese se non attraverso la jihad” e che è dovere di ogni musulmano partecipare a una guerra santa in cui tutti gli ebrei sono bersagli legittimi. Riecheggiando cliché ben riconoscibili, Hamas sostiene teorie sulla intrinseca malvagità ebraica, sulla menzogna ebraica e sulla cospirazione ebraica. Malauguratamente, questo tipo di fanatismo si trova oggi anche nell’Autorità Palestinese, con vari livelli di intensità nel grande mondo musulmano sunnita, e nell’islam sciita dove viene attivamente propagato dal regime iraniano e dai suoi lacchè di Hezbollah. Non ne sono immuni anche le comunità musulmane in tutto l’Occidente.

Viene spesso suggerito che questo antisemitismo musulmano sia un’aberrazione, un’eccezione rispetto a secoli di pacifica convivenza tra ebrei e musulmani, e che questa ostilità contemporanea derivi dal moderno scontro fra nazionalismo arabo e sionismo. Secondo quest’ottica, fu la nascita e la crescita del movimento nazionale ebraico a innescare l’inimicizia islamica, fomentando eventi come il pogrom Farhud a Bagdad nel 1941, dove furono uccisi circa 180 ebrei, e le violenze in Libia nel 1945, dove furono assassinati altri 140 ebrei. Anche l’esodo quasi totale, nel secondo dopoguerra, del milione di ebrei che vivevano nel mondo islamico, e la distruzione delle comunità ebraiche autoctone la cui presenza in Medio Oriente risaliva a prima dell’islam, non viene spiegato con l’antisemitismo diffuso da Husseini e quelli come lui, ma dal fallito tentativo del mondo arabo di distruggere lo stato ebraico alla nascita nel 1948-49.

Coloro che decantano l’armonia ebraico-musulmana pre-sionista segnalano la Spagna del Medioevo, dove il controllo musulmano favorì una “età dell’oro” ebraica di vitalità intellettuale, culturale ed economica: cosa in netto contrasto con la coeva realtà dell’Europa cristiana, dove l’onnipresente accusa di deicidio imponeva un perenne castigo, che si manifestò con particolare ferocia durante le Crociate e il massacro delle comunità ebraiche europee, e con le stragi, le espulsioni e l’Inquisizione che fecero seguito alla Reconquista, il ristabilimento del dominio cristiano in Spagna.

L’attuale mufti di Gerusalemme: “La shari’a obbliga ogni musulmano a fare la jihad contro Israele” (clicca l’immagine per il video)

Ma se è sicuramente importante non sottovalutare l’antisemitismo cristiano, è altrettanto fondamentale non ingigantire la tolleranza musulmana. Lo storico del Medio Oriente Bernard Lewis ha suggerito di distinguere tra due concetti: persecuzione e discriminazione. In riferimento alla persecuzione, Lewis ha scritto che “la società islamica classica era davvero tollerante nei confronti dei suoi sudditi sia ebrei che cristiani; forse più tollerante in Spagna che in Oriente, ma in entrambi i casi incomparabilmente più tollerante di quanto non fosse la cristianità medievale”. Tuttavia, per quanto riguarda la discriminazione, “l’islam non è mai stato né si è mai dichiarato tollerante; al contrario, ha sempre insistito sulla privilegiata superiorità del vero credente”. Pur riconoscendo che la violenza antisemita nel mondo islamico era meno pronunciata che nell’Europa cristiana, non è comunque corretto dipingere un quadro idilliaco delle relazioni ebraico-musulmane. Gli ebrei sotto l’islam erano classificati come dhimmi e, sebbene la loro vita e le loro proprietà fossero apparentemente salvaguardate, tale protezione imponeva uno status subordinato di connaturata inferiorità sociale, politica e legale.

Molti degli anti-sionisti di oggi sarebbero sorpresi nell’apprendere che la discriminazione degli ebrei sotto il dominio islamico venne registrata nientemeno che da Karl Marx. Scrivendo nel 1854, quasi mezzo secolo prima dell’ascesa del sionismo politico, Marx così descriveva la condizione degli ebrei di Gerusalemme sotto il dominio turco ottomano: “Niente eguaglia la miseria e la sofferenza degli ebrei di Gerusalemme, che abitano il quartiere più squallido della città… [e sono] oggetto di costante oppressione e intolleranza”. Nei decenni successivi all’articolo di Marx, la situazione degli ebrei in Medio Oriente migliorò un poco con il diminuire della storica discriminazione dhimmi. Ma poiché questa evoluzione era ispirata dalle idee liberali europee, essa comportò una reazione anti-ebraica che rafforzava l’associazione dell’ebreo autoctono con l’odiato straniero. Paradossalmente, molti musulmani che rifiutavano l’influenza occidentale finirono invece con l’abbracciare entusiasticamente cliché antisemiti europei come quello della calunnia del sangue (il caso più clamoroso si ebbe a Damasco nel 1840) e della cospirazione ebraica mondiale, evidente nelle numerose edizioni arabe dei Protocolli dei Savi di Sion.

Indubbiamente la nascita e i successi del sionismo hanno contribuito ad alimentare l’ostilità islamica, sviluppando e ampliando atteggiamenti pregiudiziali molto più antichi. Infatti, se l’islam tradizionale era disposto a tollerare gli ebrei purché il loro status fosse garantito come inferiore, al contrario le aspirazioni ebraiche all’autodeterminazione nazionale e all’eguaglianza tra le nazioni cozzavano contro secoli di radicato insegnamento islamico.

Recentissimi sviluppi danno adito a un certo ottimismo circa la traiettoria delle relazioni ebraico-musulmane. I passi avanti legati agli Accordi di Abramo sono significativi e implicano un dialogo inter-religioso e interculturale fra paesi, volto a migliorare la comprensione reciproca. E in Israele, il parlamentare (arabo islamico) Mansour Abbas sta rompendo gli stereotipi dimostrando che l’islam politico non deve per forza coincidere con l’ostilità senza limiti dei Fratelli Musulmani.

Un’autentica convivenza ebraico-musulmana non è semplice, ma neanche impossibile: richiede un ampliamento dell’impegno dell’islam verso la tolleranza fino a includere una sincera accettazione della volontà degli ebrei di non tornare al precedente stato di sottomessi.

(Da: Jerusalem Post, 20.4.22)