Il punto di vista degli ebrei d’Israele

Non è difficile spiegare perché l’“ebreo della strada” approva il nuovo “giuramento di lealtà”.

Di Yaron London

image_2968La maggior parte degli ebrei israeliani è favorevole al “giuramento di lealtà” (la proposta governativa di modificare il giuramento di fedeltà dei neo-cittadini allo “stato d’Israele” in un giuramento di fedeltà allo “stato ebraico e democratico di Israele”). Personalmente appartengo alla minoranza di coloro che non sono favorevoli. Tuttavia posso capire come mai molti ebrei che difendono la piena uguaglianza di diritti civili finiscono per approvare la nuova versione della dichiarazione di fedeltà. La mia opinione è che i leader della comunità araba israeliana sono in buona parte responsabili per questo sviluppo.
Il giuramento di lealtà costituisce una sorta di “pertinente risposta ebraica” ai vari Hanin Zoabi, Azmi Bishara, al Movimento Islamico israeliano e ai “Documenti sull’Identità” che la dirigenza araba israeliana va elaborando da qualche tempo a questa parte. Sono mosse che vengono percepite come una esagerata sfida al carattere ebraico dello stato d’Israele.
Cercherò di dare espressione alle voci che provengono dell’“ebreo della strada”. Israele è in conflitto con la maggior parte dei paesi arabi. I cittadini arabi d’Israele sono strettamente legati ai loro fratelli arabi nei territori occupati e nella “diaspora” palestinese, e costituiscono parte integrante della grande nazione araba, che deve ancora decidere sul significato del legame che lega le sue varie parti. La natura di tale legame non trova concordi nemmeno gli intellettuali arabi israeliani. Ad esempio, l’ex parlamentare arabo israeliano Azmi Bishara, ora incriminato e latitante all’estero, a un certo punto ammise apertamente che “il popolo palestinese” è in gran parte un’invenzione intesa ad adattare le rivendicazioni degli arabi che vivono in Terra d’Israele/Palestina al lessico che ha più corso a livello globale, benché di fatto esso non sia altro che una comunità di “siriani del sud”. E dunque, a che titolo dei “siriani del sud” dovrebbero prendere parte al dibattito sull’identità nazionale dello stato, e che genere di diritti possono rivendicare i seguaci del Movimento Islamico che considerano il mondo di tutti i fedeli musulmani come un’unica regione politica?
Il Medio Oriente è una regione povera e arrabbiata, governata da regimi dittatoriali; una regione che opprime le minoranze e disprezza i diritti umani; una regione caratterizzata da smisurato fanatismo religioso e da una pletora di conflitti etnici e religiosi. L’antisemitismo vi dilaga nelle sue forme più schiette ed esplicite. Negli ultimi anni abbiamo assistito a diversi esempi raccapriccianti che attestano l’atteggiamento dalle società arabe e musulmane verso coloro che non sono arabi e musulmani, o che semplicemente non piacciono ad altri arabi e musulmani: Iran, Sudan, Mauritania, Iraq, Afghanistan. I rapporti all’interno della stessa società palestinese suscitano angoscia fra gli ebrei d’Israele. Allo stesso tempo, il mondo arabo e musulmano conta schiere di intellettuali che mancano della minima capacità di introspezione: danno a tutti quanti la colpa per il pietoso stato in cui versa il Medio Oriente, tranne beninteso che ai mediorientali stessi e alle culture da essi prodotte.
Gli arabi israeliani tendono a chiedere: cosa ha a che fare tutto questo con noi? E l’ebreo della strada tende a rispondere, come fanno tipicamente gli ebrei, con un’altra domanda: è mai possibile che gli arabi cittadini d’Israele, minuscola frazione della grande nazione araba, siano totalmente diversi dai loro fratelli arabi riguardo a disposizione d’animo, cultura, attitudine alla democrazia?
L’ebreo della strada si pone anche svariate altre domande: i nostri concittadini arabi chiedono che Israele si comporti verso di loro secondo i più nobili standard umani, ma nello stesso tempo non dicono una parola di critica verso le ingiustizie che predominano nel mondo arabo. Questi nostri concittadini arabi non hanno proprio nulla da dire sull’atteggiamento verso la minoranza dei cristiani copti in Egitto, o quella verso gli sciiti negli stati sunniti del Golfo, o sulla tirannia alawita in Siria? “Se non siete disposti a criticare i vostri fratelli arabi – pensa l’ebreo della strada in Israele – vuol dire che i vostri codici di valori non sono poi così diversi dai codici di valori che predominano fra la vostra gente. Non si può comodamente ricoprire due ruoli diversi: come cittadini d’Israele avanzare rivendicazioni che solo in Israele si possono avanzare, e allo stesso tempo proclamare che si è cittadini d’Israele contro la propria volontà e che la propria commossa solidarietà va tutta a un mondo che disprezza Israele e che ospita una grande quantità di antisemiti dichiarati.
“E già che siamo in tema – conclude l’ebreo della strada – devo ancora sentire una sola parola di reazione da parte dei nostri concittadini arabi al recente discorso tenuto da Ahmadinejad in Libano nel quale il presidente iraniano dava la colpa al sionismo, oltre a tutto il resto, nientemeno che del cambiamento climatico”.

(Da: YnetNews, 23.10.10)

Nella foto in alto: Una recente manifestazione di arabi israeliani