Il sostegno al diritto di Israele ad esistere e difendersi resta fuori discussione

Il nuovo governo va giudicato sui fatti, non sulle dichiarazioni ad effetto. Si può sostenere gli israeliani che protestano contro il nuovo governo e al contempo difendere il diritto a vita e libertà di tutti gli israeliani, anche quelli che hanno votato per l'estrema destra

Di Gil Hoffman, Fred Maroun

Gil Hoffman

Scrive Gil Hoffman: Il nuovo governo del primo ministro Benjamin Netanyahu presta giuramento giovedì, quasi due mesi dopo le elezioni israeliane del primo novembre. Eppure sembra che il nuovo governo sia già in carica da mesi, anche perché i media internazionali ne hanno già parlato tanto. Ma fino a quando Netanyahu non presta giuramento, il primo ministro di Israele rimane Yair Lapid.

HonestReporting è una ong di monitoraggio dei media che si adopera per esporre gli eventuali pregiudizi anti-israeliani. Noi di HonestReporting non sosteniamo alcun governo o partito politico in Israele o in qualsiasi altro paese. A beneficio dei nostri lettori, cerchiamo solo di spiegare e contestualizzare ciò che accade in Israele.

I media mondiali non hanno contenuto nemmeno per un momento le loro critiche a quello che è già stato definito fino alla nausea “il governo di destra più estremista nella storia di Israele”. Ma la verità è che il governo non ha ancora fatto nulla e fino a quando non farà qualcosa, le critiche sono premature e basate su supposizioni.

In qualsiasi paese le dichiarazioni dei politici sono spesso fatte a uso e consumo interno o per inviare messaggi ad amici e nemici internazionali. Capire questi calcoli politici è fondamentale per interpretare gli obiettivi finali di un politico, di un partito e/o di un governo. Gli accordi di coalizione firmati fra i partiti sono dichiarazioni di intenti, non decisioni destinate necessariamente ad essere attuate. In Israele vige un processo legislativo lungo. Per diventare legge, i disegni di legge devono essere approvati sette volte, quattro in seduta plenaria e tre in commissione. Alcune leggi controverse già approvate dalla nuova Knesset sono, ovviamente, legittimo oggetto di critiche, ma il resto richiederà tempo.

Amir Ohana si appresta a diventare il primo presidente della Knesset dichiaratamente gay. Quando venne eletto per la prima volta alla Knesset nel 2015 disse: “Sono qui come figlio di Meir ed Esther Ohana, emigrati dal Marocco per costruire questo paese. Sono qui con Alon, il mio vero amore. Sono qui come padre dei miei figli Elah e David. Sono qui con tutto quel che sono, con ciò che ho scelto e ciò che non ho scelto, e sono orgoglioso di essere ebreo, israeliano, mizrahi, gay, likudnik, falco della sicurezza, liberale e uomo del libero mercato”

Molti governi non riescono a realizzare nemmeno i loro obiettivi principali. Il governo uscente intendeva approvare una norma che avrebbe impedito a Netanyahu di ricandidarsi (in quanto sotto processo), ma non ha mai completato il processo di attuazione. I leader di tutti i partiti della coalizione uscente erano disposti ad approvare significative modifiche al sito di preghiera del Muro Occidentale (per venire incontro alle esigenze delle correnti ebraiche non ortodosse), ma per vari motivi non lo hanno fatto. Nella coalizione uscente c’era un partito anti-LGBT, il partito arabo islamista Ra’am, che contava 4 seggi in una coalizione che aveva alla Knesset la maggioranza di un solo seggio (61 su 120) e che cionondimeno ha adottato misure senza precedenti a favore della comunità LGBT. Anche nella nuova coalizione c’è un partito anti-LGBT, il Noam di Avi Maoz, che ha un solo seggio in una coalizione che conta su una maggioranza di 4 seggi (64 su 120). Ed è la coalizione che si appresta ad eleggere in Amir Ohana il primo presidente della Knesset dichiaratamente gay.

Se gli ultimi due mesi di liti intestine all’interno del blocco di destra sono indicativi, il nuovo governo sarà assai meno compatto di quanto si potesse pensare all’inizio. Probabilmente avrà difficoltà ad approvare anche progetti di legge su cui la maggior parte dei membri della coalizione è in teoria d’accordo.

In realtà, il nuovo governo è investito di un chiaro mandato: migliorare la sicurezza dei cittadini israeliani. Un obiettivo relativamente incontestabile, e il cui successo migliorerebbe la vita di tutti gli israeliani – ebrei, cristiani e musulmani – e degli stessi palestinesi. Secondo i dati delle Forze di Difesa israeliane, nel mese precedente le elezioni solo in Cisgiordania e Gerusalemme ci sono stati 382 attacchi di matrice terroristica tra sparatorie, accoltellamenti, esplosioni e bombe molotov. Ci sono almeno tre paesi europei che hanno visto un rafforzamento dei partiti di estrema destra in elezioni recenti. Eppure né in Francia né in Italia né in Svezia ci sono stati 382 attacchi terroristici nel mese prima delle elezioni. Quei paesi saranno sottoposti allo stesso implacabile scrutinio internazionale cui è già sottoposto Israele? Probabilmente no.

(Da: honestreporting.com, 28.12.22)

Fred Maroun

Scrive Fred Maroun: La direzione che sembra imboccare il nuovo governo israeliano appare alquanto brutta. Si parla di revocare il divieto ai parlamentari razzisti, favorire interferenze politiche sulla magistratura, promuovere più insediamenti e forse annessioni, varare norme anti-LGBT, permettere eventi pubblici con segregazione di genere e così via. Si potrebbe pensare al programma di regime di tipo iraniano, e invece no, questo è Israele, la democrazia liberale che difendiamo da decenni. Sarà ancora una democrazia liberale tra un anno o due?

In questo contesto, è lecito chiedersi se abbia ancora senso sostenere Israele. In quanto persona che sostiene sia il diritto ad esistere di Israele sia il diritto all’autodeterminazione dei palestinesi, per me la risposta è ovvia: sì, certo che ha senso. E’ certamente possibile continuare a sostenere il diritto di Israele ad esistere come stato ebraico e a difendersi, e bisogna farlo. Se dovessimo smettere di sostenere una causa nel momento in cui i suoi principali esponenti iniziano ad agire secondo modalità che non condividiamo, allora non avremmo mai sostenuto il diritto palestinese all’autodeterminazione. Invece, entrambi i diritti meritano di essere sostenuti in quanto tali, non in base a come alcuni individui agiscono in loro nome.

Fred Maroun: “E’ possibile e necessario optare per un approccio più etico e proporzionato. Non è una strada facile, ma è la strada giusta”

La devastante incapacità dei palestinesi di agire in modo etico ha danneggiato la loro causa più di quanto abbia danneggiato Israele. E’ probabile che la nuova direzione imboccata dai leader israeliani danneggerà Israele più di quanto non danneggi i suoi nemici. I palestinesi se lo sono sentito dire da tempo, ma ogni avvertimento è caduto nel vuoto. Ora, l’entrante governo israeliano sembra ignorare gli avvertimenti, anche quando provengono dagli stessi israeliani e da sinceri sionisti. Ho a lungo sostenuto che gli arabi dovrebbero imparare da Israele e comportarsi di più come gli israeliani. Ora sono certamente deluso nel vedere che sta accadendo il contrario: è Israele che sta imparando a comportarsi come gli stati arabi. Finora Israele ha avuto successo e ha prosperato grazie a politiche aperte e pragmatiche, ma ora sembra voler adottare dogmatismo e tribalismo, proprio come hanno fatto per molto tempo gli stati arabi. Eppure, nonostante tutto questo, quando Israele viene attaccato ha il diritto di difendersi, indipendentemente dal fatto che il primo ministro sia Naftali Bennett, Yair Lapid, Benjamin Netanyahu o anche, Dio non voglia, Itamar Ben-Gvir o Bezalel Smotrich.

Tuttavia, se è vero che Israele non perde alcun diritto fondamentale nel momento in cui adotta politiche di estrema destra, è probabile che il sostegno a Israele si indebolisca e, cosa più importante, è probabile che le politiche di estrema destra contemplate per la Cisgiordania conducano verso l’autodistruzione di Israele come stato ebraico, trasformandolo di fatto in uno stato bi-nazionale (ben preso a maggioranza araba). Sicché in fin dei conti si potrebbe sostenere che non ha molta importanza se continueremo o meno a sostenere Israele. Come abbiamo imparato con i palestinesi, non puoi costringere qualcuno ad agire nel suo interesse.

E invece io credo che sia importante. Perché è particolarmente importante il tipo di sostegno che Israele riceve. Oggi troppo sostegno a Israele viene da campi come la destra cristiana americana, e non abbastanza dalla sinistra liberal. Eppure la sinistra liberal non ha mai abbandonato i palestinesi nonostante decenni di feroce terrorismo palestinese. Come sorprendersi allora se gli israeliani si sono sentiti delusi e abbandonati dalla sinistra e si sono rivolti sempre più ai partiti di destra?

E’ possibile e necessario optare per un approccio più etico e proporzionato. Si può decidere di preservare i propri dichiarati principi anche quando è difficile. Si può scegliere di sostenere gli israeliani che protestano contro le politiche annunciate dall’imminente coalizione e al contempo sostenere il diritto alla vita e alla libertà di tutti gli israeliani, anche quelli che hanno votato per l’estrema destra. Non è una strada facile, ma è la strada giusta.

(Da: Times of Israel, 24.12.22)