Il “terrorismo islamico e islamista” nel discorso di Trump in Arabia Saudita

Parlando ai capi religiosi e politici musulmani, il presidente americano non ha usato giri di parole

Editoriale del Jerusalem Post

Il presidente Usa Donald Trump domenica scorsa a Riad, Arabia Saudita

Il presidente americano Donald Trump era al meglio del suo modo di fare schietto e concreto quando ha pronunciato il suo discorso centrale a Riad. Trump ha messo in chiaro, come nessuno dei suoi predecessori ha mai fatto, che la fonte di gran parte della violenza e della devastazione che sta lacerando il Medio Oriente causando sofferenze incalcolabili – innanzitutto agli stessi musulmani – è l’estremismo islamico. E lo ha fatto in Arabia Saudita, la culla del wahhabismo.

Il consigliere di Trump per la sicurezza nazionale, H.R. McMaster, ha cercato di convincere il presidente a evitare di usare in pubblico il termine “estremismo islamico” sostituendolo con “estremismo islamista”, in modo da non sottintendere che esista un problema con l’islam in quanto tale bensì che la fonte del terrorismo perpetrato da musulmani sia una sorta di ideologia separata, connessa ma distinta dall’islam tradizionale. Tuttavia Trump, che in passato ha ripetutamente criticato il suo predecessore Barack Obama perché si asteneva dall’indicare la matrice islamica del terrorismo, non ha voluto saperne di questi sofismi. Deviando dal testo del suo discorso, ha parlato nel suo caratteristico modo diretto e senza eufemismi della necessità di “fronteggiare la crisi dell’estremismo islamico e del terrorismo islamista e islamico di ogni tipo”.

D’altra parte, Trump non ha ripetuto le dichiarazioni che faceva in campagna elettorale contro l’islam nel suo complesso. Quattordici mesi fa, in un’intervista con Anderson Cooper della CNN, aveva dichiarato: “l’islam ci odia”. E nel dibattito elettorale dello scorso ottobre aveva attaccato la candidata rivale Hillary Clinton per i fondi sauditi ricevuti dalla Fondazione Clinton dicendo: “E’ gente che butta i gay giù dai tetti, gente che uccide le donne e le tratta in modo orribile”. Domenica scorsa, fresco della firma coi sauditi di un contratto per la vendita di armi da 110 miliardi di dollari, Trump ha assunto un approccio più pragmatico.

Settembre 2015. Il presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen) alla tv dell’Autorità Palestinese: “Ogni martire raggiungerà il Paradiso e ogni ferito sarà ricompensato da Allah”

Tuttavia, ha chiarito che i capi musulmani nei paesi come l’Arabia Saudita, la Turchia, la Giordania e l’Egitto hanno un compito centrale nella lotta contro l’estremismo islamico. “I leader religiosi devono metterlo assolutamente in chiaro – ha detto – La barbarie non vi darà nessuna gloria, la devozione verso il male non vi darà nessuna dignità. Se scegli la via del terrorismo la tua vita sarà vuota, la tua vita sarà breve e la tua anima sarà condannata”. Di fatto, un chiaro appello per una riforma religiosa e per il rifiuto di tutte le giustificazioni religiose della violenza contro esseri umani, indipendentemente dalla loro fede. Infatti, fino a quando i più rispettati esponenti dell’islam all’Università Al-Azhar, alla Mecca e altrove non si opporranno pubblicamente alla violenza commessa in nome dell’islam, anche contro i non musulmani, il terrorismo continuerà.

Trump ne aveva anche per i capi politici musulmani: “I leader politici devono prendere posizione per affermare la stessa idea: gli eroi non uccidono innocenti, li salvarono”. E queste era una chiara critica a uomini come il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), che era presente al discorso di Trump. L’Autorità Palestinese spende milioni di dollari donati dalla comunità internazionale, compresi soldi elargiti dagli Stati Uniti, per versare vitalizi alle famiglie dei terroristi palestinesi morti compiendo attentati o detenuti nelle carceri israeliane. Finché i terroristi musulmani che uccidono in nome dell’islam verranno trattati come martiri e glorificati, le atrocità e le violenze settarie continueranno.

A Betlemme, martedì, parlando nella conferenza stampa congiunta con il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), il presidente Usa Donald Trump ha detto: “La pace non può radicarsi dove la violenza viene tollerata, finanziata e addirittura ricompensata”.

Trump ha ragione quando dice che gli Stati Uniti non possono risolvere il problema dell’estremismo islamico per conto dei musulmani. “È una scelta tra due tipi di futuro – ha detto – ed è una scelta che l’America non può fare al vostro posto”. Si tratta di una sfida che i musulmani stessi devono affrontare all’interno delle loro società. Comunque, Stati Uniti e Israele possono fornire importanti aiuti e sostegno. Israele, in particolare, è stato costretto a imparare fronteggiare le minacce terroristiche sia all’interno che all’esterno delle sue frontiere. Israele ha sviluppato tecnologie e tattiche avanzate per combattere queste minacce. Oggi più che mai paesi sunniti come l’Egitto, che nel Sinai combatte Hamas, Fratellanza Musulmana e propaggini dell’ISIS, hanno interessi comuni con Israele. Trump non ha usato giri di parole quando ha messo in chiaro che l’estremismo musulmano è una grande minaccia per l’umanità e che in definitiva solo i musulmani possono combattere questa minaccia. A Stati Uniti e Israele possono chiedere una mano.

(Da: Jerusalem Post, 23.5.17)