Il terrorismo nel mio cortile di casa

La realtà di pacifica coesistenza che il terrorista palestinese di martedì scorso ha voluto colpire

Di Ben-Dror Yemini

Ben-Dror Yemini, autore di questo articolo

Ben-Dror Yemini, autore di questo articolo

Più di ogni altra cosa, la passeggiata che conduce da Giaffa al lungomare di Tel Aviv è “la passeggiata della convivenza”: ad entrambe le estremità della passeggiata vi sono regolarmente cittadini arabi ed ebrei che passano, si svagano, si godono grigliate.

Questo non vuol dire che vi sia un folle amore tra le due comunità, ma c’è sicuramente una buona convivenza. Il numero di incidenti è praticamente a zero. Personalmente ci vado almeno due volte la settimana. Vi si trova un percorso fissato per correre, camminare, andare in bicicletta, ma anche per incontrare amici e andare a Giaffa per negozi.

E’ quasi il mio cortile di casa. Il terrorista che una settimana fa ha ammazzato un giovane americano e ferito a coltellate altre undici persone è stato infine abbattuto a duecento metri da casa mia, a pochi metri dal campo di calcio dove mio figlio gioca tutti i giorni. Già non è rassicurante quando accade in altri luoghi, figuriamoci quando accade vicino a casa. È disperante. Ancora un minuto o due della sua folle corsa e il terrorista sarebbe arrivato al parco giochi dei bambini, adiacente alla zona pedonale HaTachana, nel pomeriggio sempre molto affollata. E’ terribile. E’ agghiacciante. E’ una realtà intollerabile.

Mohammad Wari, arabo israeliano ferito dal terrorista di martedì scorso a Giaffa

Mohammad Wari, arabo israeliano ferito dal terrorista di martedì scorso a Giaffa

Gli arabi di Giaffa non hanno nulla a che fare con quello che è successo una settimana fa, e ogni tentativo di collegarli all’attentato è demagogia a buon mercato. A parte un paio di giornate di protesta risalenti a più di dieci anni fa, hanno sempre dimostrato grande maturità durante ogni crisi. Non che siano diventati sionisti, ma coltivano relazioni normali giorno dopo giorno, proprio le relazioni che i nemici di Israele detestano così tanto. Gli arabi di Giaffa non sostengono lo stato incarnato da Hezbollah, come fanno alcuni dei loro rappresentanti politici. Sostengono lo stato incarnato da Tel Aviv.

Presumibilmente è proprio questa normalità che il terrorista di martedì scorso voleva colpire, esattamente come i terroristi arrivati prima di lui su quello stesso lungomare: nel 2001 l’attentato alla discoteca Dolphinarium, che un venerdì sera trucidò 21 adolescenti israeliani; due anni più tardi un terrorista dalle Brigate Martiri di Al-Aqsa, che accoltellò a morte Amir Simhon seguendo un percorso quasi identico a quello dell’attentato di martedì scorso.

La passeggiata tra Giaffa e Tel Aviv è dunque nel mirino del terrorismo criminale. E forse – chi lo sa? – accade proprio perché si tratta di un luogo che, dopo tutto e nonostante tutto, rappresenta un equilibrio di ragionevolezza e buon senso tra arabi ed ebrei, un luogo dove spesso la lingua araba e quella ebraica si intrecciano e sovrappongono nella parlata dei bambini che giocano sul lungomare. Ho spesso incontrato turisti piuttosto sorpresi da questo spettacolo, che non corrisponde ai loro stereotipi. Questa è la realtà che gli aggressori vogliono distruggere. E noi non dobbiamo permettere che ci riescano.

(Da: YnetNews, 10.3.16)

 

La passeggiata Giaffa-Tel Aviv il 9 marzo, giorno successivo all'attentato

La passeggiata Giaffa-Tel Aviv mercoledì 9 marzo, giorno successivo dell’attentato