Il terrorismo non è mai cessato e Israele ha bisogno di un governo stabile per contrastarlo

Dopo 75 anni di indipendenza funestati da guerre e attacchi terroristici, non c’è alcun bisogno di andare a inventarsi pretesti e motivazioni contingenti per spiegare come mai i terroristi arabi cercano continuamente di uccidere ebrei israeliani

Editoriale del Jerusalem Post

Un esperto forense israeliano al lavoro sulla scena di una delle due esplosioni terroristiche a Gerusalemme

Il duplice attentato terroristico di mercoledì mattina a Gerusalemme ci ricorda chiaramente le sfide e le minacce concrete che Israele deve comunque affrontare, prima e dopo le elezioni.

In una scena raccapricciante che abbiamo imparato a conoscere fin troppo bene attraverso i decenni di terrorismo palestinese, e in particolare durante la “seconda intifada”, un ragazzo, il 16enne Aryeh Shechopek, è stato ucciso e altre 19 persone sono state ferite in due esplosioni coordinate, a mezz’ora l’una dall’altra, a due fermate di autobus gli ingressi ovest e nord di Gerusalemme.

Mentre da settimane i mass-media israeliani erano concentrati principalmente su quale dicastero verrà assegnato a Bezalel Smotrich e quali modifiche di legge sarebbero necessarie per consentire al presidente dello Shas, Arye Deri, di diventare ministro (nonostante una condanna in sospeso per reati fiscali ndr), le due esplosioni che hanno scosso Gerusalemme ci ricordano drammaticamente che il terrorismo palestinese è di nuovo in aumento: è qui, è reale ed è letale.

Gli attentati di mercoledì sono molto più sofisticati rispetto al tipo di terrorismo a cui Israele si era abituato negli ultimi anni. Qui non tratta di un aggressore solitario che armato di coltello, di fucile o semplicemente della propria auto, scatena un attacco terroristico, come abbiamo visto accadere fin troppo spesso anche nei mesi scorsi. Gli attacchi effettuati da “lupi solitari” sono generalmente più difficili da contrastare. Possono essere perpetrati da persone che si svegliano una mattina e decidono di tentare di uccidere degli ebrei senza alcun preavviso.

Il momento della seconda esplosione, al raccordo Ramot (Gerusalemme nord), ripreso da una telecamera di sicurezza

Cosa ben diversa è un attentato come quello di mercoledì: un attentato che ha richiesto il coinvolgimento di un certo numero di persone per assemblare le bombe procurandosi i componenti necessari, contrabbandare le bombe dentro Israele e piazzarle vicino agli obiettivi. Questi elementi configurano già di per sé quella che viene chiamata una “infrastruttura terroristica”, verosimilmente affiliata a un’organizzazione più o meno nota che avrebbe dovuto essere sui radar dell’intelligence israeliana.

Il che dimostra anche la necessità di concentrarsi ora sulla formazione di un governo. Prima si insedierà a Gerusalemme un governo stabile, prima Israele sarà in grado di darsi una chiara strategia su come arginare un’ondata terroristica che non è destinata a scomparire da sola. Le dispute su ministeri e portafogli interessano i politici destinati a occupare quegli uffici, ma non appassionano granché i comuni cittadini israeliani che desiderano innanzitutto avere strade sicure e sapere che i loro figli, ragazzi come Aryeh Shechopek, siano al sicuro quando si trovano a un fermata dell’autobus in attesa di andare a scuola.

Non servono a niente commenti come quello fatto mercoledì da una giornalista di radio Galei Tzahal, secondo cui l’attentato sarebbe da ricollegare alla probabile imminente nomina di Itamar Ben-Gvir come ministro di pubblica sicurezza. Così come non serve a niente l’immediata passerella sulla scena dell’attentato fatta dallo stesso Ben-Gvir per promettere il pugno di ferro contro il terrorismo nella sua qualità di possibile futuro ministro della sicurezza interna. Dopo 75 anni di indipendenza funestati da guerre e attacchi terroristici, non c’è alcun bisogno di andare a inventarsi pretesti e motivazioni contingenti per spiegare come mai i terroristi arabi cercano continuamente di uccidere ebrei israeliani. E’ qualcosa che fa parte della storia di Israele da quando è stato creato come stato indipendente, e purtroppo continuerà verosimilmente ad essere così finché ci saranno dei nostri vicini che si rifiutano di venire a patti con la nostra esistenza. C’è stato terrorismo quando c’erano governi di sinistra e c’è stato terrorismo quando c’erano governi di destra.

Gli israeliani non hanno dimenticato, ad esempio, come Benjamin Netanyahu durante la campagna elettorale del 2009 avesse promesso  di rovesciare il potere di Hamas nella striscia di Gaza e come, per i successivi 12 anni da primo ministro, si sia astenuto dall’ordinare alle Forze di Difesa israeliane di farlo. Mercoledì scorso Netanyahu si è affrettato a reagire all’attentato affermando che il suo governo renderà nuovamente sicuro il paese. Ma ciò di cui gli israeliani hanno bisogno in questo momento è di sicurezza concreta, non delle millanterie su come il prossimo governo farà le cose in modo del tutto diverso. Speriamo piuttosto che alle parole seguano i fatti.

(Da: Jerusalem Post, 24.11.22)