Il terrorismo palestinese non è una barzelletta

Una lezione di dirittura etica da Edelman, combattente del ghetto, critico verso il sionismo

di Alexander Yakobson

image_2633“La messinscena della lotta armata”: questo il termine canzonatorio con cui la nota corrispondete di Ha’aretz dai territori palestinesi Amira Hass ha definito la lotta armata palestinese in un suo recente articolo. Ed è questo il tono che usa solitamente parlando di questa materia: la guerra dei palestinesi viene dipinta come una sceneggiata senza sostanza, molto rumore per nulla, certamente nulla che possa minacciare Israele o giustificare le dure misure di risposta che sarebbero scusabili se fosse in gioco una vera minaccia.
Queste descrizioni rispondono probabilmente allo scopo di convincere i palestinesi ad adottare altri mezzi di lotta, soprattutto la “lotta popolare”. Ma così facendo esse evitano anche di prendere una chiara posizione morale contro l’assassinio intenzionale di civili da parte dei gruppi terroristici palestinesi, assassinio che costituisce un elemento centrale e imprescindibile del loro metodo di lotta. Il rifiuto del terrorismo indiscriminato si può effettivamente trovare qua e là, negli scritti di Amira Hass, se si cerca attentamente. Ma molto più frequente è questo suo sdrammatizzare la lotta armata palestinese, minimizzandone i deleteri effetti concreti.
In realtà, nulla giustifica questa canzonatura. Durante la seconda intifada la lotta armata palestinese ha ucciso più di mille israeliani, vale a dire più del numero di israeliani morti nella prima e nella seconda guerra in Libano messe insieme, o nella guerra dei sei giorni, nella guerra d’attrito o nella campagna del Sinai. Qui non si tratta né di messinscena né di giochi da ragazzini. Un autobus non viene fatto esplodere tanto per dare spettacolo.
Il rapporto di forze fra gruppi guerriglieri e terroristici e lo Stato contro cui combattono non si misura sul tipo di armi che hanno a disposizione. Questa è una falsa rappresentazione della faccenda, che contrasta clamorosamente con l’esperienza concreta. Davvero c’è ancora qualcuno che non sa che i gruppi guerriglieri e terroristici (specialmente quelli che godono di ampi sostegni da parte di soggetti e stati assai potenti) combattono efficacemente contro eserciti moderni, e che in più occasioni li hanno anche sconfitti? Da un lato, sentiamo dire che la guerra contro i gruppi guerriglieri e terroristici è persa in partenza; dall’altro, la “lotta armata” viene presentata come qualcosa che non può essere veramente pericoloso. La conclusione in entrambi i casi è la stessa: bisogna lasciare fare al terrorista il suo lavoro.
Come dovrebbe invece rapportarsi con il terrorismo indiscriminato palestinese una persona il cui atteggiamento verso Israele sia critico o anche negativo? Forse si può prendere esempio da Marek Edelman, l’ebreo polacco bundista (partito socialista ebraico est-europeo della prima metà del XX secolo), recentemente scomparso, che fu uno dei leader della rivolta del ghetto di Varsavia contro i nazisti. Per tutta la sua vita Edelman fu un dichiarato avversario del sionismo e un severo critico di Israele e delle sue scelte politiche. Alcuni anni fa scrisse una lettera aperta ai “partigiani” palestinesi, un termine che irritò molte persone. Ma in quella lettera Edelman non diceva ai palestinesi che assassinare civili è una “messinscena”. Anzi, diceva che è un crimine spietato che non trova giustificazione in nessuna circostanza. Scriveva che i combattenti del ghetto di Varsavia non pensarono mai per un solo momento di puntare le loro armi contro la popolazione civile indifesa.
Ecco dunque l’esempio di un avversario ideologico del sionismo che prese una posizione autenticamente etica e universale, senza nascondersi dietro argomenti tattici e estetici. E che non si fece mai influenzare dalla teoria alla moda secondo cui i “partigiani”, i “combattenti per la libertà”, possano fare qualunque cosa vogliano, e che non si debba mai condannare nessun atto essi compiano, per quanto crudele e disumano, perché sono deboli e oppressi.
Se queste “illuminate” licenze di assassinio non avevano spazio nel ghetto di Varsavia, allora non possono averlo in nessun luogo del mondo.

(Ha’aretz, 9.10.09)

Nella foto in alto: Alexander Yakobson, autore di questo articolo, attivista di Pace Adesso ed editorialista di Ha’aretz

Documentazione
IL TESTO IN INGLESE DELLA LETTERA DI EDELMAN
To all the leaders of Palestinian military, paramilitary and guerilla organizations, To all the soldiers of Palestinian militant groups:
My name is Marek Edelman, I am a former Deputy Commander of the Jewish Military organization in Poland, one of the leaders of the Warsaw Ghetto Insurrection, In the memorable year of the insurrection – 1943 – we were fighting for the survival of the Jewish community in Warsaw. We were fighting for mere life, not for territory, nor for a national identity. We were fighting with a hopeless determination, but our weapons were never directed against the defenseless civilian populations, we never killed women and children, In a world devoid of principles and values, despite a constant danger of death, we did remain faithful to these values and moral principles.
We were isolated in our fight, and yet the powerful opposing army was not able to destroy these barely armed boys and girls.
Our fight in Warsaw lasted several weeks, later we fought in the Underground and in the Warsaw insurrection of 1944.
Yet nowhere in the world can a guerilla force bring conclusive victory, nowhere can it be defeated by weapon-full armies, Neither can your war attain any resolution. Blood will be spilled in vain and lives will be lost on both sides.
We have never been careless with life. We have never sent our soldiers to certain death. Life is one for eternity. Nobody has the right to mindlessly take it away. It is high time for everybody to understand just that.
Just look around you, Look at Ireland. After 50 years of bloody war, peace has arrived. Formerly deadly enemies have set down at a common table. Look at Poland at Wales and Kuron, Without a shot being fired, the criminal communist system has been defeated. Both You and the State of Israel have to radically change your attitude. You have to want peace in order to save the lives of hundreds and perhaps thousands of people, and to create a better future for your loved ones, for your children. I know from my own experience that the current unfolding of events depends on you, the Military Leaders. The Influence of political and civilian actors is much smaller. Some of you studied at the university in my town- some of you know me. You are wise and intelligent enough to understand that without peace there is no future for Palestine, and that peace can be attained only at the cost of both sides agreeing to some concessions.
Marek Edelman, Zurich, 10 August 2002