Il vecchio trucco della moschea al-Aqsa

Quelli che oggi lanciano ordigni incendiari su auto e case ebraiche, domani faranno fuoco coi Qassam e i razzi RPG

Di Reuven Berko

Poliziotto israeliano in servizio sulla spianata del Monte del Tempio colpito d un ordigno incendiario paletsinese

Poliziotto israeliano in servizio sulla spianata del Monte del Tempio colpito da un ordigno incendiario palestinese

Lo stratagemma di fare appello alla strenua difesa della moschea di Al-Aqsa da presunte minacce allo scopo di istigare violenze a Gerusalemme è uno dei più vecchi trucchi registrati negli annali di storia.

Il Gran Mufti di Gerusalemme Haj Amin el-Husseini vi fece ricorso già nel 1929 e riuscì a scatenare sommosse di massa sfociate nel massacro degli ebrei di Hebron. Nel 2000, l’allora presidente dell’Autorità Palestinese Yasser Arafat usò lo stesso trucco per innescare la seconda intifada. Nel corso degli anni tutti questi disordini hanno certamente causato la morte di centinaia di ebrei e di arabi, ma non hanno fatto fare un solo passo avanti alla causa palestinese.

Il “trucco della moschea di al-Aqsa”, recentemente impiegato dal capo di Hamas Khaled Meshaal e dal presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) – che davanti alle Nazioni Unite ha accusato Israele di istigare la guerra di religione – si basa sulla volontà di scatenare la guerra tra ebraismo e islam. I fautori di questo trucco sono convinti che tutti i musulmani, siccome hanno a cuore la moschea di al-Aqsa, smetterebbero immediatamente di massacrarsi a vicenda per accorrere uniti in suo soccorso (contro gli ebrei).

Lo stratagemma è un costante leitmotiv anche del Movimento Islamico israeliano che lo usa per incitare alla guerra di religione, raccogliere milioni in donazioni ed eccellere di fonte a Fratelli Musulmani, Hamas e ISIS.

E’ interessante notare, tuttavia, come proprio il carattere sacro della moschea per tutti i musulmani contraddica la rivendicazione palestinese di Gerusalemme come loro capitale. Infatti, nessuna delle città sante dell’islam è stata fatta capitale di un singolo stato. Al contrario, musulmani in tutto il mondo sembrano impegnati a uccidersi a vicenda bruciando moschee e chiese. E i palestinesi, dal canto loro, sono impegnati a lamentarsi continuamente coi mass-media del fatto che, nonostante tutti i loro sforzi, il mondo arabo-musulmano rimane indifferente al loro problema.

Poster di Fatah nell’Autorità Palestinese che inneggia a Muataz Hijazi, il terrorista islamista che ha sparato mercoledì sera a Yehuda Glick

Poster diffuso da Fatah nell’Autorità Palestinese che inneggia a Muataz Hijazi, il terrorista islamista che ha sparato mercoledì sera a Yehuda Glick (attivista impegnato per il diritto degli ebrei di pregare sul Monte del Tempio, attualmente vietato dalle norme vigenti perché non tollerato dai musulmani)

Sia Mashaal che Abu Mazen cercano di incitare alla violenza a Gerusalemme come un’arma nella competizione fra loro, soprattutto alla luce del carattere francamente banale della causa palestinese rispetto alle questioni veramente scottanti e minacciose che sconvolgono il Medio Oriente. Il pubblico palestinese si sta facendo sempre più estremista e i due capi palestinesi fanno a gara nell’atteggiarsi sempre più militanti, anziché nel promuovere una soluzione realistica.

Questa dinamica ricorda un po’ quei politici israeliani che durante l’operazione anti-terrorismo “Margine protettivo” si affannavano a sostenere che bisognava “prendere il controllo “ dell’intera striscia di Gaza. L’appello populista a cambiare lo status quo a Gerusalemme e sul Monte del Tempio contiene lo stesso eccesso di ego e la stessa mancanza di visione politica, ed è promosso da coloro che per guadagnare un paio di voti sono disposti a sacrificare gli interessi nazionali, l’immagine internazionale Israele e la legittimità del suo governo a Gerusalemme.

Lo status quo a Gerusalemme è in vigore sin dalla sua liberazione nel 1967, incluso il diritto degli ebrei a visitare indisturbati il Monte del Tempio. I leader religiosi ebrei non sono concordi sulla questione se vi sia una reale necessità per gli ebrei di pregare sul Monte del Tempio. In ogni caso, dopo duemila anni di assenza non si può certo definirla una questione urgente.

Il caos islamico che imperversa in tutta regionale illustra ulteriormente la necessità per Israele di tenersi fuori dal mirino degli islamisti estremisti, impegnati a uccidersi fra di loro. E’ la provocazione palestinese, coadiuvata da alcuni politici israeliani, che fa di tutto per attirare quell’incendio nella nostra direzione.

Tutti sanno bene che l’integrità della moschea di al-Aqsa è garantita, non foss’altro perché Israele ha tutto l’interesse a garantirla. Molti musulmani sanno bene che se la moschea fosse sotto controllo islamico, i gruppi rivali sunniti e sciiti pur di farsi dispetto a vicenda la profanerebbero o la farebbero direttamente saltare in aria.

Le politiche responsabili d’Israele nella capitale, in particolare la sua vigilanza nel preservare la libertà di culto per tutte e tre le religioni monoteiste, hanno dimostrato più e più volte che Israele merita la sua giurisdizione su Gerusalemme unita.

Gerusalemme ha superato disordini peggiori. La maggior parte dei residenti arabi di Gerusalemme patisce il terrorismo, anziché sostenerlo, e non è un caso se i teppisti prendono di mira proprio la linea della metropolitana leggera di Gerusalemme che collega la parte est con la parte ovest, sia letteralmente che metaforicamente.

I lanci di pietre e bombe molotov a Gerusalemme ricordano a tutti noi che questa è la gente che sparava coi kalashnikov sui quartieri di Har Gilo e Har Homa, esattamente come sparava, prima del 1967, dalla parte est di Gerusalemme sulle case ebraiche della parte ovest. Quelli che oggi lanciano ordigni incendiari su auto e case ebraiche, domani faranno fuoco coi Qassam e i razzi RPG domani. C’è da scommetterci.

(Da: Israel HaYom, 29.10.14)

 

Nel video: visitatori ebrei con bambini, molestati e aggrediti da palestinesi musulmani sulla spianata del Monte del Tempio al grido di “Allahu Akbar” (Allah è grande)