Il vero nemico dei palestinesi è il terrorismo palestinese

Se non si mette fine al terrorismo, non ci può essere fine dell'occupazione: per capirlo basta guardare la mappa di Israele

Di Fred Maroun

Fred Maroun, autore di questo articolo

Il presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen ha dovuto essere minacciato perché si decidesse a pronunciare una riluttante condanna dell’attacco terroristico a Bnei Brak, e comunque non ha mai condannato i due precedenti attentati a Beersheba e Hadera. Certo, i primi due attentati erano stati effettuati da cittadini arabi israeliani sostenitori dello Stato Islamico (Isis), non da palestinesi come invece il terzo. Ma condannare atti di efferato terrorismo contro civili innocenti sarebbe sempre la cosa giusta da fare. Per uno che afferma di voler costituire uno stato palestinese in Cisgiordania e Gaza, questa reticenza non ha senso. Davvero Abu Mazen ancora non capisce che, se non si mette fine al terrorismo, non ci può essere la fine dell’occupazione sotto la quale i palestinesi vivono ormai da 55 anni?

Certo, gli israeliani dovrebbero fare tutto ciò che è in loro potere per arrivare alla fine dell’occupazione, come limitare/ridurre gli insediamenti, mantenere aperto il dialogo con i rappresentanti palestinesi, fare pressione sui palestinesi affinché si impegnino in negoziati di pace ed eventualmente anche avanzare (ancora una volta ndr) una proposta per un accordo sullo status definitivo. Ma quand’anche Israele facesse tutte queste cose, e altre ancora, non potrà comunque porre fine all’occupazione finché la maggior parte degli israeliani non sarà convinta che i palestinesi saranno governati da un governo stabile e pacifico e che non si abbandoneranno a nuove violenze contro Israele e i suoi cittadini.

La vulnerabilità d’Israele. Fred Maroun: “Basta guardare la carta geografica” (clicca per ingrandire)

Per capirlo, basta guardare la mappa d’Israele. Le città più grandi (Gerusalemme, Tel Aviv, Haifa, Ashdod, Rishon LeZiyyon, Petah Tiqwa, Beersheba, Netanya ecc.) si trovano tutte a breve distanza dalla Cisgiordania. Gerusalemme, la città principale, è praticamente circondata dalla Cisgiordania. Se Israele possa difendersi efficacemente da attacchi e terrorismi in un tale situazione è cosa che va al di là della mia competenza. Alcuni esperti israeliani sostengono che potrebbe, ma è facile capire perché la stragrande maggioranza degli israeliani non ha nessuna voglia di correre questo rischio.

Ne consegue che, se ci deve essere qualche speranza per uno stato palestinese, il movimento palestinese deve diventare pacifico e i palestinesi devono accettare di acquisire il controllo solo su una parte della Terra d’Israele/Palestina. In buona sostanza, i palestinesi devono accettare il fatto d’aver perso la guerra del 1947/48 (che mirava a impedire la nascita dello stato d’Israele ndr) se vogliono recuperare qualcosa che assomigli alle terre che hanno perso nel 1967 (a rigore, non le controllavano neanche prima del ’67 perché erano occupate da Giordania ed Egitto ndr). Sembra molto improbabile che Abu Mazen non lo capisca. Eppure condanna raramente il terrorismo e intanto continua a finanziarlo nonostante le censure internazionali. A quanto pare Abu Mazen, come la maggior parte dei politici, preferisce la linea di minor resistenza, quella che gli permette di affrontare il minor numero possibile di critiche e condanne da parte della sua base, i palestinesi.

Nelle conversazioni con i palestinesi che sostengono la pace con Israele, sembra che la stragrande maggioranza di loro non sia interessata ad assumersi la responsabilità di fare qualcosa per porre fine all’occupazione. La considerano qualcosa che ricade interamente sulle spalle di Israele. Sono pronti a elencare i compromessi fatti dall’Autorità Palestinese, ma non sono mai disposti ad assumersi alcun impegno rispetto agli attentati terroristici. E’ come se non li riguardasse in alcun modo il fatto che Hamas è estremamente popolare tra i palestinesi, specialmente quando attacca Israele. In questo senso, Abu Mazen rispecchia l’opinione pubblica palestinese.

La celebrazione del terrorista della strage a Bnei Barak sulla pagina Facebook di Fatah, il movimento che fa capo ad Abu Mazen

Ho avuto occasione di scrivere in passato che gli israeliani sembrano essersi assuefatti alla sensazione di sicurezza che dà loro l’occupazione. Ma a quanto pare i palestinesi sono altrettanto a loro agio con il persistere del terrorismo, anche quando non lo sostengono direttamente. Israele è la parte più forte, dunque ci si aspetta che faccia di più per la pace. Ma allo stesso tempo è del tutto ingenuo e irragionevole pensare che i palestinesi non debbano fare nulla, che non debbano assumersi la responsabilità di porre fine alle violenze.

I palestinesi devono chiedersi una volta per tutte: vogliono l’autodeterminazione? Vogliono davvero uno stato? Se lo vogliono, allora devono agire di conseguenza. Devono essere i primi a condannare convintamente il terrorismo palestinese quando si verifica. Devono dare la caccia ai terroristi, neutralizzarli, smetterla di celebrarli e tagliare le loro fonti di finanziamento: non perché glielo chiede qualcun altro, ma perché è nel loro interesse farlo, senza contare che è anche la cosa moralmente giusta da fare.

Finché i palestinesi non lo faranno, finché loro non prenderanno sul serio il loro obiettivo dell’autodeterminazione non possono aspettarsi che nessun altro lo prenda sul serio.

(Da: Times of Israel, 30.3.22)

 

Ribhi Dola, sindaco della città di Beitunia, in Cisgiordania sotto Autorità Palestinese: “Anche se oggi accettiamo di vivere solo su una parte di questa patria depredata, il nostro impegno è di raggiungere la completa libertà, ad Allah piacendo, di vivere in Palestina e che tutti i palestinesi tornino nella loro terra a Haifa, Giaffa, Acco, Lod e Ramla [tutte città all’interno di Israele ndr], in ogni centimetro della nostra terra palestinese. Questo è un nostro diritto, non ha termini di prescrizione e non possono annullarlo accordi, decreti o leggi. Noi siamo quelli che fanno le leggi, le nostre leggi e i nostri confini sono stati tracciati con il sangue dei martiri, e ad Allah piacendo, li salvaguarderemo”.
(Da: TV dell’Autorità Palestinese, 22 marzo 2022)

Nelle prime ore di sabato mattina le forze di sicurezza israeliane hanno sventato un nuovo attentato. Nello scontro a fuoco a Jenin (Cisgiordania) sono stati uccisi tre terroristi della Jihad Islamica Palestinese, mentre quattro agenti di Yamam (unità d’élite antiterrorismo della polizia israeliana) rimanevano feriti, uno in modo grave. I terroristi, già responsabili di precedenti attacchi a Jenin e Tulkarm, stavano per effettuare un nuovo attentato. Le forze di sicurezza hanno monitorato l’auto del commando per diverse ore, venerdì sera. Quando hanno capito d’essere stati scoperti, i terroristi hanno aperto il fuoco contro le forze di sicurezza, che hanno risposto al fuoco uccidendoli. Un video postato sui social network mostra uno dei terroristi che legge il suo “testamento” ideologico prima di partire per l’attentato.
(Da: Jerusalem Post, jns.org, 2-3.4.22)