Il vero successo del sionismo (e le sfide del futuro)

Lo straordinario successo del sionismo consiste nell’essere riuscito a persuadere gli ebrei che arrivarono qui per necessità a diventare sionisti e israeliani per scelta, facendo di Israele la loro casa democratica e pluralistica

Di Dan Schueftan

Dan Schueftan, autore di questo articolo

Nel 125esimo anniversario del Primo Congresso Sionista è tempo di fare il punto su quanto è avvenuto finora. La rivoluzione sionista in corso è una delle pochissime di quell’epoca che sia effettivamente riuscita a realizzare un cambiamento radicale, allo stesso tempo evolvendosi costantemente di fronte alle nuove sfide. Ha trasformato il popolo ebraico e lo ha preservato dal graduale dissolversi in un gruppo di fanatici ortodossi e una frangia di ebrei assimilati. Ha riportato il popolo ebraico nella storia come una nazione in grado di reggersi sulle proprie gambe e plasmare il proprio futuro.

All’inizio la configurazione del terreno presentava molti ostacoli apparentemente insormontabili. Dopotutto, la visione prevedeva l’istituzione di una sovranità nazionale per gli ebrei senza ancora averne i prerequisiti: un popolo che fosse funzionante, una lingua nazionale che fosse viva, una concentrazione di ebrei nella terra desiderata che fosse maggiore delle ridotte comunità all’epoca presenti. Inoltre, vi era l’attiva opposizione al progetto indipendentista da parte di una quota delle altre popolazioni locali.

La maggioranza del popolo ebraico non prendeva parte attiva in questa visione rivoluzionaria. Solo una limitata minoranza, anche tra i suoi tanti sostenitori, era disposta a prendere in mano le cose e agire in prima persona. La maggior parte dei leader rabbinici si opponeva, e alcuni di loro addirittura rifiutavano l’idea di ristabilire lo stato ebraico a Sion dicendo che era qualcosa di simile a una bestemmia.

Settembre 1946: pionieri ebrei al lavoro in un campo di patate presso il kibbutz Urim, nel deserto del Negev, sotto Mandato Britannico

La maggior parte degli ebrei che gradualmente abbracciarono questa causa non erano disposti a mettersi personalmente in gioco. Il successo del sionismo è unico non tanto perché è riuscito a superare l’opposizione esterna di arabi e palestinesi o del resto del mondo, e nemmeno perché è riuscito a entusiasmare un piccolo gruppo di idealisti determinati. Il suo successo straordinario consiste principalmente nel fatto d’essere riuscito a convincere gli ebrei che ne erano stati attratti per ragioni non sioniste a convertire il loro trasporto in vero entusiasmo sionista, cosa che rese l’Israele pre-statale quella vibrante realtà che alla fine sarebbe diventata una patria nazionale vitale e forte.

La grande maggioranza degli ebrei che vivono in Israele è composta da coloro o dai discendenti di coloro che arrivarono qui per necessità, non per sionismo: semplicemente non potevano più rimanere nei loro paesi d’origine e, al momento di andarsene, di fatto venne preclusa loro ogni altra auspicabile destinazione. Il test fondamentale che Israele ha dovuto affrontare – il suo vero esame di sionismo – è stato quello di riuscire a integrarli nonostante le mille difficoltà che dovettero affrontare, e di aver persuaso loro e i loro discendenti a rimanere in questo paese per scelta, facendone la propria casa.

Il successo di gran lunga più importante del movimento sionista è stato riuscire a fare di Israele la patria della maggiore comunità di ebrei (oggi quasi la metà degli ebrei del mondo vive in Israele) e nel renderlo – partendo quasi da zero – il luogo in cui la continuità del popolo ebraico è garantita. Grazie a questa impresa, gli ebrei sono tornati all’indipendenza nella loro patria storica come un popolo funzionante, la loro lingua nazionale è tornata a nuova vita e gli ebrei esercitano la loro storica sovranità e autodeterminazione.

Agosto 2016: nuovi immigrati all’aeroporto Ben Gurion

Quella testa di ponte stabilita in Terra d’Israele da una minoranza animata da una visione radicale è diventata il centro vibrante della vita ebraica. Quello che nacque due generazioni fa come un paese del terzo mondo, povero e debole, che contava solo il 6% degli ebrei del mondo, grazie alla dedizione e al talento delle generazioni successive si è trasformato in una potenza democratica regionale con un’economia fiorente e risultati di prim’ordine.

Ancora più importante dei successi del passato è garantire risultati lungo la strada futura. È quasi inesorabile che Israele continuerà ad essere il fulcro della vita ebraica a spese della seconda concentrazione ebraica più importante del mondo, quella nordamericana: la diffusa assimilazione delle generazioni più giovani unita al calo dei tassi di natalità, rispetto alla continuità della famiglia ebraica in Israele unita a un tasso di natalità molto alto, assicura che Israele sarà sempre più l’epicentro della vita ebraica.

Altre sono le grandi sfide, e le principali sono all’interno della società israeliana: persino più pericolose delle minacce poste dall’Iran e dai suoi scagnozzi. Israele ha dimostrato di saper resistere in tempi difficilissimi, come la guerra dello Yom Kippur e la seconda intifada (quella delle stragi suicide negli autobus e nei bar ndr). Quello che deve preoccuparci è la radicalizzazione di alcuni gruppi haredi (ultraortodossi) e il perdurante controllo su alcuni milioni di arabi palestinesi: due trend che minacciano la natura democratica e pluralistica dell’impresa sionista, che è ciò che l’ha resa così vincente negli scorsi cento anni. Senza di questo, Israele rischia di trasformarsi in uno stato arretrato e autoritario che potrebbe minacciare il futuro del popolo ebraico.

(Da: Israel HaYom, 29.8.22)