Il vero vincitore delle elezioni israeliane è un arabo islamista

L'elettorato arabo ha premiato la scelta di Mansour Abbas di entrare a far parte del governo Bennett-Lapid del 2021 rompendo un tabù vecchio di quarant’anni

Di Ofir Haivry

Ofir Haivry, autore di questo articolo

Le recenti elezioni israeliane hanno visto diversi vincitori: da Benjamin Netanyahu, che è tornato alla carica di premier, fino al sorprendente risultato del partito Sionista Religioso e l’impressionante balzo compiuto da Shas. Ma il grande vincitore, quello che spicca davvero, è stato Mansour Abbas con il suo partito Ra’am. Il risultato elettorale non solo ha giustificato e premiato l’eccezionale scelta politica fatta da Mansour Abbas, ma ha anche fatto di lui la figura politica più importante della comunità araba israeliana e una figura con un’influenza significativa sul sistema politico in generale.

A prima vista il suo risultato potrebbe passare inosservato: con 195.000 voti Ra’am ha ottenuto cinque seggi alla Knesset, lo stesso numero di Hadash (comunisti) e Ta’al (Movimento arabo per il rinnovamento) in quali, insieme in una lista congiunta, hanno ricevuto 180.000 voti. Balad non ha superato la soglia elettorale: ha ottenuto 140.000 voti, che sarebbero stati pari a tre seggi alla Knesset se il quorum fosse stato inferiore. In altre parole, Ra’am ha raccolto circa il 40% dei voti dati a partiti arabi, con il restante 60% diviso tra le altre tre formazioni. Il significato di questi numeri è che Ra’am si configura, con un discreto margine, come il maggiore partito arabo israeliano nonché l’unico che abbia superato da solo la soglia elettorale.

Questo successo arriva sulla scia della scelta fatta da Mansour Abbas dopo le elezioni del 2021 – una scelta controversa nel settore arabo – quando dichiarò la sua disponibilità a essere partner in una coalizione con i partiti sionisti, e negoziò sia con Netanyahu che con il campo avverso. Alla fine, Mansour Abbas aderì alla coalizione Bennett-Lapid affrontando una dura opposizione all’interno del settore arabo e persino all’interno del suo partito. La mossa avrebbe potuto decretare la sua rovina politica. In realtà, è successo il contrario. L’elettorato arabo non ha respinto la sua scelta e anzi lo ha premiato con i propri voti che hanno conferito a Ra’am lo status di più grande partito arabo e hanno incoronato Mansour Abbas leader del settore.

Il leader di Ra’am, Mansour Abbas, mentre presiede un dibattito alla Knesset

Il risultato non ha solo premiato la sua scelta politica. Ha anche infranto un veto che da quarant’anni i partiti arabi avevano imposto contro qualsiasi effettiva cooperazione con i partiti sionisti. Non è sempre stato così. Nei primi trent’anni dello stato d’Israele, un certo numero di partiti arabi aveva unito le forze con il partito al governo. Fino al 1981, i membri del Mapai e del Partito Laburista erano solo ebrei, mentre i sostenitori arabi costituivano dei partiti-satellite che aderivano a varie coalizioni nel corso degli anni. Tra questi, la Lista Democratica per arabi israeliani (1951-1959), Progresso e Sviluppo (1959-1973) e la Lista araba per beduini e abitanti dei villaggi (1973-1981). Queste formazioni raccoglievano la maggioranza dei voti del settore arabo in un periodo in cui il Partito Comunista era ancora prevalentemente ebraico. Le cose cambiarono dopo il 1977 quando, da un lato, il governo del Likud pose fine alle pressioni del regime sugli elementi radicali nel settore arabo, mentre dall’altro il Partito Laburista iniziò a rivolgersi direttamente agli elettori arabi (senza partiti-satelliti). Il risultato fu la scomparsa dei partiti arabi moderati e l’ascesa di elementi estremisti nella leadership politica del settore.

Dopo un veto durato quarant’anni, la sensazione fra molti arabi della strada è che le cose siano giunte a un vicolo cieco. Mansour Abbas è stato il primo leader a dirlo esplicitamente quando ha dichiarato che Israele è uno stato ebraico ed è destinato a rimanere tale. Questa dichiarazione mirava ad abrogare fra gli arabi d’Israele l’approccio conflittuale dei gruppi radicali secondo i quali il conflitto diretto porterà lo stato sionista a una lenta capitolazione e alla sua eliminazione. Secondo Mansour Abbas questa è una posizione del tutto illusoria che non solo è scollegata dalla realtà, ma rischia di gettare gli arabi d’Israele in una guerra persa in partenza. Il sostegno dato dagli elettori arabi alla sua posizione consente a Mansour Abbas di spingere ai margini i suoi rivali e avviare il suo partito a diventare una versione araba islamica di Shas (partito ortodosso ebraico sefardita ndr).

(Da: Israel HaYom, 21.11.22)