Impasse negoziale fra Israele e Vaticano?

Le trattative si sono arenate sulla questione delle tasse comunali sugli immobili commerciali

image_1905L’ambasciatore del Vaticano in Israele, monsignor Antonio Franco, esprime frustrazione per l’ormai più che decennale tentativo, finora vano, di arrivare a un accordo con Israele sulle esenzioni fiscali della Chiesa. “Si prova una certa frustrazione perché ci vuole così tanto tempo per arrivare a un accordo – ha dichiarato martedì al Jerusalem Post il Nunzio della Santa Sede, subentrato un anno fa al predecessore Pietro Sambi – È naturale un senso di delusione”. I negoziati fra le due parti dovrebbero riprendere il prossimo 12 dicembre.
Il Vaticano ha stabilito rapporti diplomatici con Israele nel 1993-94, ma la questione chiave delle esenzioni fiscali venne lasciata irrisolta e a più di dieci anni di distanza l’insuccesso delle trattative sull’argomento getta un’ombra sullo stato delle relazioni fra i due stati. Al centro della questione, centinaia di milioni di shekel in tasse di proprietà arretrate che il Vaticano e una serie di Chiese cristiane a Gerusalemme devono alla Municipalità.
Secondo la legge israeliana, gli immobili usati come luoghi di preghiera (di qualunque fede) sono esentati dalle tasse di proprietà che vengono versate alle amministrazioni comunali (una sorta di ICI israeliana, che deriva dalle “rates” britanniche). Ma alle Chiese, che posseggono un grande numero di proprietà a Gerusalemme, viene tuttavia chiesto di pagare le tasse municipali di proprietà per gli immobili che non vengono utilizzati come luoghi di culto, come ostelli, guest house, scuole ecc.
Il totale di tasse sulla proprietà non versate, precisa un portavoce della Municipalità, ammonta grossomodo a 300 milioni di shekel (circa 52 milioni di euro), con in testa il Patriarcato Latino. La riscossione è stata congelata in attesa del risultato dei negoziati in corso fra Stato di Israele e Santa Sede sulla delicata questione. Il Vaticano si dichiara disposto a pagare solo una cifra simbolica per i servizi comunali di cui usufruisce.
L’eventuale accordo tra Israele e Santa Sede verrebbe applicato a tutte le varie proprietà della Chiesa a Gerusalemme.
Una seconda questione tra le due parti ha a che fare con la struttura legale dell’autorità ecclesiastica in Terra Santa, che è stata concordata ma mai ratificata dalla Knesset. C’è poi il nodo spinoso delle restrizioni ai movimenti del clero arabo che si sposta fra Cisgiordania e Gerusalemme, che Israele talvolta impone per motivi di sicurezza.
Un rappresentante del ministero degli esteri israeliano ha espresso sorpresa per le recenti critiche del Vaticano, visti quelli che definisce i “grandi progressi” fatti tra le parti nei negoziati degli ultimi due anni.
All’inizio di quest’anno, l’ambasciatore del Vaticano in Israele aveva sollevato un caso diplomatico quando aveva minacciato di boicottare la cerimonia per l’annuale Giornata della Memoria della Shoà a causa di una didascalia nel Museo della Shoà di Yad Vashem in cui si fa riferimento al “controverso” atteggiamento di papa Pio XII durante lo sterminio nazista degli ebrei.

(Da: Jerusalem Post, 21.11.07)

Nella foto in alto: Un’immagine dell’albergo pontificio “Notre Dame”, a Gerusalemme (150 stanze con bagno, aria condizionata, collegamento internet wireless)