Improbabile che l’ennesimo attentato in Europa faccia giustizia dei vecchi riflessi condizionati

Quando tutte le giustificazioni sono esaurite, c’è quella che va sempre bene: l'occupazione sionista

Herb Keinon

Herb Keinon

Scrive Herb Keinon sul Jerusalem Post: «Poco dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre contro gli Stati Uniti, una delle prime telefonate dell’allora presidente George Bush fu quella ad Ariel Sharon per convincerlo ad incontrare Yasser Arafat. Stando al resoconto del diplomatico Usa Dennis Ross, che ha raccontato questa storia la scorsa settimana in una conferenza a Gerusalemme, nel pieno della “seconda intifada”, mentre gli attentatori suicidi palestinesi si facevano esplodere negli autobus e nei bar israeliani, Bush faceva pressione su Sharon perché chiamasse Arafat. Bush, che non si sarebbe mai sognato di parlare con i responsabili degli attentati terroristici che avevano colpito il suo paese, premeva su Sharon perché lo facesse con il principale responsabile degli attentati che colpivano Israele. E la ragione, ha spiegato Ross, era che nell’amministrazione americana prevalse in quel momento la linea di coloro che vedevano Israele più come un problema che come un alleato, sostenendo che gli Stati Uniti non avrebbero mai potuto reclutare i paesi arabi nella guerra di Bush al terrorismo se Israele non si fosse piegato alle posizioni palestinesi. La tensione tra coloro che vedono Israele come un alleato e coloro che lo vedono come un problema è un tema ricorrente che ha attraversato ogni amministrazione presidenziale americana sin dai tempi di Harry Truman, ha spiegato Ross. Ma se negli Stati Uniti prevale generalmente la posizione di coloro che vedono Israele come un alleato, in Europa molti governi sono intrappolati da tempo nel riflesso condizionato di vedere Israele come parte del problema, se non addirittura come la causa di ogni problema (con la conseguente, eterna tentazione di “gettare Israele in pasto ai suoi nemici” per risolvere i problemi in Europa e in Occidente). Per questo non è realistico aspettarsi che le atrocità terroristiche di martedì scorso in Belgio riescano a modificare in modo significativo il modo di vedere Israele, né in Belgio né nel resto dell’Unione Europea. Ogni volta che si verifica un grande attacco terroristico in un paese occidentale, in Israele c’è chi pensa che il Stato colpito sarà portato a riconsiderare la sua percezione di ciò che Israele deve affrontare da decenni e le sue preoccupazioni per la sicurezza, arrivando magari anche a modificare il proprio giudizio su Israele o addirittura a cambiare le politiche più negative verso lo stato ebraico.

Le lacrime del rappresentante della politica estera dell’Unione Europea, Federica Mogherini, parlando martedì ad Amman degli attentati di Bruxelles

Le lacrime del rappresentante della politica estera dell’Unione Europea, Federica Mogherini, mentre parlava martedì ad Amman degli attentati di Bruxelles

Ma non succede mai. Madrid è stata colpita da un grave attacco terroristico nel 2004, Londra nel 2005, Parigi per due volte nel 2014. Ma nessuno di questi paesi, né l’Unione Europea, ha cambiato la propria posizione diplomatica complessiva nei confronti di Israele dopo quegli attacchi. La Francia, ad esempio, proprio ora sta promuovendo un’iniziativa diplomatica sul conflitto israelo-palestinese la cui impostazione, come Israele ha subito denunciato, rischia di tradursi in un “premio” all’intransigenza e alla violenza terroristica. L’esperienza dimostra che, dopo ogni grave attentato terroristici all’estero, coloro che amano credere che il conflitto israelo-palestinese sia l’origine di tutto l’odio che alimenta il terrorismo, se ne convincono ancora di più». (Da: Jerusalem Post, 23.3.16)

Boaz Bismuth

Boaz Bismuth

Scrive Boaz Bismuth su Israel HaYom: «Per chi l’avesse dimenticato, venerdì scorso i belgi avevano appena tirato un sospiro di sollievo per la cattura di Salah Abdeslam, uno dei terroristi di Parigi, a Molenbeek, il sobborgo di Bruxelles che si è trasformato sotto il naso delle autorità in un brodo di coltura jihadista “made in Belgio”. I residenti di Molenbeek sono belgi di nascita e istruzione e usufruiscono della previdenza sociale belga. Cosa motiva questa loro licenza di uccidere altri belgi? La jihad. Non l’occupazione, non il senso di disperazione, non George W. Bush, ma la jihad. Dopo l’Iraq e la Siria, pensano quelli dell’ISIS, perché non estendere il califfato fino in Belgio? … Possiamo anche supporre che dopo la cattura di Abdeslam, quelli dell’ISIS si siano resi conto della necessità di effettuare rapidamente gli attentati già preparati prima che Abdeslam rivelasse informazioni durante gli interrogatori. E così, mentre avvocati e tribunale erano impegnati a discutere i termini dell’estradizione di Abdeslam in Francia, i suoi soci mettevano in moto l’ingranaggio dei loro attentati coordinati. … Ho vissuto in Europa per molti anni. E per anni gli europei non volevano ascoltare neanche una parola sul terrorismo. C’era sempre una giustificazione: il terrorismo era contro gli ebrei, o contro l’America, o contro gli imperialisti. Altre volte era a causa della guerra in Algeria, o della guerra in Iraq. I curdi, maldestramente, venivano per lo più dimenticati. Gli europei trovavano sempre una scusa per gli atti di terrorismo sul loro territorio. In qualche modo questo li faceva sentire meglio. E quando tutte le scuse erano esaurite, c’era quella che va sempre bene: responsabile di tutti gli attentati sul continente è l’occupazione sionista e l’oppressione dei palestinesi. Lo sanno tutti che Abdeslam non riusciva a dormire la notte a causa della “triste sorte” dei suoi fratelli a Gaza… Quanti altri attentati ci vorranno, quante altre vittime per capire che non solo siamo in guerra, ma che questa è la terza guerra mondiale tra il mondo civile e le forze dell’oscurantismo, quelle che ci vorrebbero trascinare al VII secolo o, peggio, portare il VII secolo sulla nostra porta di casa? Non si possono criticare i cittadini europei. L’Europa non è stata costruita per combattere guerre. I suoi governi hanno decurtato i bilanci militari e dell’intelligence. E poi si deve evitare ad ogni costo di urtare la sensibilità delle grandi comunità musulmane d’Europa, anche a costo di chiudere un occhio, o tutti e due, e sostenere ancora una volta che la “ragione” di ogni guaio non è altro che il “problema palestinese”. … E se i nostri nipoti studieranno che i continenti della terra sono l’America, l’Africa, l’Asia e  l’Europastan, mi pare già di sentire il commentatore di turno che spiegherà agli spettatori che gli ebrei ne sono i responsabili. Ma quale jihad, ma quale Califfato! Tutto questo accade per via della questione palestinese!» (Da: YnetNews, 23.3.16)