Inaugurata a Parigi – con sei mesi di ritardo – la mostra sul legame tra popolo ebraico e Terra d’Israele

L’Unesco l’aveva cancellata a gennaio su pressione dei paesi arabi

Irina Bokova, direttrice generale Unesco (quinta da destra), all’inaugurazione della mostra

L’UNESCO ha inaugurato mercoledì, nella sua sede di Parigi, una mostra sui legami storici fra ebraismo e Terra Santa, dopo le polemiche suscitate dell’improvvisa cancellazione della originaria data d’inizio, lo scorso gennaio.

Centinaia di persone, attivisti della comunità ebraica, diplomatici e leader religiosi hanno affollato l’inaugurazione presieduta da Irina Bokova, direttrice generale dell’UNESCO, affiancata dai co-sponsor ufficiali: Israele, Canada e Montenegro ai quali si sono aggiunti gli Stati Uniti.

La mostra, intitolata “Il Popolo, il Libro, la Terra: 3.500 anni di rapporto fra il popolo ebraico e la Terra Santa”, racconta la storia del popolo ebraico in Medio Oriente dal patriarca biblico Abramo all’attuale stato di Israele. Si tratta di una mostra dal taglio principalmente storico-culturale, che mette in forte risalto la centralità dell’istruzione, della cultura e della scienza nel retaggio ebraico, valori che fanno parte integrante della missione dell’UNESCO.

Il prof. Robert Wistrich

Il prof. Robert Wistrich

Il percorso espositivo mette in evidenza l’ininterrotta presenza degli ebrei in Eretz Israel (Terra d’Israele) per quasi 3.500 anni, e l’attaccamento degli ebrei alla loro patria originaria attraverso secoli di persecuzioni, sia in Israele che all’estero.

I contenuti della mostra sono stati curati dal professor Robert Wistrich, dell’Università di Gerusalemme, per conto del Centro Wiesenthal. Robert Wistrich ha scritto i testi e ha lavorato a diretto contatto con i progettisti e i grafici sulla parte visuale che compone la mostra. Wistrich, uno studioso di storia ebraica di statura internazionale autore di numerosi libri, dirige il Vidal Sassoon International Center dell’Università di Gerusalemme per lo studio dell’antisemitismo.

“Dopo l’improvvisa cancellazione della mostra nel mese di gennaio – ha detto il rabbino Marvin Hier, fondatore del Centro Simon Wiesenthal, intervenendo alla cerimonia di apertura – molti osservatori avevano pensato che questa parte fondamentale della storia non sarebbe mai potuta apparire sotto l’egida delle Nazioni Unite. Ma sono stati smentiti. Questa serata è davvero un momento storico, perché è la prima volta nella loro storia che le Nazioni Unite co-sponsorizzano una mostra che delinea la ragion d’essere della decisione delle Nazioni Unite nel 1947 di riconoscere una patria ebraica in terra di Palestina: e cioè il fatto incontrovertibile che il popolo ebraico ha un rapporto ininterrotto di 3.500 anni con la Terra Santa”.

Un pannello della mostra

Un pannello della mostra

L’UNESCO aveva inizialmente annullato la mostra, lo scorso gennaio, dopo aver ricevuto una lettera da 22 paesi nel gruppo arabo che si dicevano preoccupati del contenuto “politico” della mostra, avvertendo che dare spazio a una tale esposizione avrebbe potuto ostacolare i negoziati di pace. “L’UNESCO è profondamente impegnata al buon esito del processo di pace per conseguire la stabilità nella regione – aveva scritto la direttrice generale Bokova – e abbiamo la responsabilità di garantire che gli sforzi in corso in questo senso non siano messi in pericolo”. Da parte sua, il rabbino Hier aveva risposto avvertendo che la mancata apertura della mostra avrebbe confermato al mondo che “l’Unesco si è ridotta a portavoce ufficiale della versione araba della storia del Medio Oriente”.

Ulteriori disaccordi si erano avuti sul titolo stesso della mostra. Il Centro Wiesenthal avrebbe voluto usare la locuzione “Terra d’Israele” invece di “Terra Santa”, preferita dall’Unesco. Il professor Wistrich aveva spiegato che nel corso di tutta la loro storia gli ebrei hanno sempre parlato di Eretz Israel, Terra d’Israele, mentre Terra Santa è un riferimento più cristiano. Entrambe le parti avevano infine comunque convenuto sul termine “Terra Santa”.

“Presentare la verità storica sui legami fra ebrei e terra d’Israele – aveva dichiarato a gennaio il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu – non danneggia affatto la pace. I negoziati si fondano sui fatti e sulla verità, che non sono mai dannosi. Viceversa, un approccio fazioso verso Israele è ciò che allontana la pace giacché rafforza il rifiuto da parte palestinese e la non volontà di fare autentici progressi nei negoziati”.

(Da: YnetNews, 12.6.14)