Indignazione selettiva

L’inquietante silenzio sui civili palestinesi uccisi a Nahr al-Bared

Da un articolo di Frimet Roth

image_1860Soldati che pattugliano un paesaggio bruciato e annerito. Dall’alto di mezzi blindati e da trasporto truppe, fanno il segno di vittoria davanti a giornalisti ammutoliti. Distruzione e morte pervadono il campo profughi palestinese. Ci sono voluti tre mesi di intensi combattimenti fra i militari e i terroristi del gruppo Fatah Al-Islam prima che questi ultimi soccombessero. A quasi un mese dalla fine della battaglia, i media finalmente riportano un bilancio delle vittime: morti 164 soldati morti e parecchie decine di miliziani; morti anche 47 civili palestinesi; almeno 310 i feriti. Le Nazioni Unite hanno espresso una ferma condanna, l’Unione Europea ha severamente invocato maggiore autocontrollo nell’affrontare i terroristi, e il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha minacciato di rompere ogni contatto diplomatico.
Ecco, tutto quanto scritto finora è vero eccetto la parte finale sulle condanne. In realtà, nessuna voce si è levata indignata, né in occidente né in Medio Oriente, di fronte al pesante bilancio di perdite civili nei combattimenti.
La cosa sorprende? Nient’affatto. Accade infatti che Nahr al-Bared, il campo palestinese dove i terroristi qaedisti si erano trincerati, si trova in Libano. E l’esercito che, per usare le parole del New York Times, “ha circondato il campo per martellarlo lungamente con tiri d’artiglieria e di carri armati” era l’esercito libanese. Israele non ha avuto nessun ruolo in tutta la vicenda. Ed ecco spiegato il motivo per cui i mass-media ne hanno parlato così poco.
La lezione da trarre da questo come da altri eventi precedenti è che in questa regione viene applicato un evidentissimo doppio standard. Abu Mazen non pronunciato nemmeno un pigolio di protesta davanti alla morte di 47 suoi compatrioti innocenti ammazzati a Nahr al-Bared (per non dire della morte a dozzine di quelli in armi). Eppure lo scorso 27 settembre Abu Mazen invocava a gran voce e pieno di furore l’intervento del Consiglio di Sicurezza dell’Onu per fermare i proditori attacchi israeliani nella striscia di Gaza. Motivo della sua ira: la morte di 12 terroristi dichiarati di Hamas, uccisi in combattimento con le truppe israeliane.
Il senso del messaggio è dunque chiarissimo: quando le vittime del terrorismo sono degli ebrei, allora la reazione contro i responsabili non è giustificata; quando invece le vittime sono libanesi, come erano quelle degli attentati perpetrati da Fatah Al-Islam, allora è lecita qualunque risposta senza esclusione di colpi. Ha spiegato Abbas Zaki, rappresentante del Fatah di Abu Mazen: “Non è il campo di Nahr al-Bared che è caduto. Quello che è caduto è il terrorismo”. […]

(Da: YnetNews, 9.10.07)

L’autrice di questo articolo, Frimet Roth, è una giornalista freelance che insieme al marito ha fondato la Malki Foundation (www.kerenmalki.org ) in memoria della figlia Malki Roth uccisa nella strage della pizzeria Sbarro del 2001. La Fondazione offre aiuto concreto alle famiglie israeliane di ogni religione con bambini bisognosi di speciale assistenza.

Nella foto in alto: Soldati libanesi nel campo palestinese di Nahr al-Bared (Libano settentrionale)