Iniziato il processo “lo Stato d’Israele vs. il primo ministro israeliano”

Cinque aspetti da conoscere del procedimento a carico di Netanyhau (e altri)

Di Marcy Oster

Marcy Oster, autrice di questo articolo

Dopo oltre tre anni di indagini, tre elezioni nazionali e l’incriminazione formale su tre capi d’accusa, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è presentato domenica nell’aula della Corte distrettuale di Gerusalemme per l’inizio del processo a suo carico.

Netanyahu è stato incriminato più di un anno fa in tre presunti casi di corruzione, frode e abuso d’ufficio. Due hanno a che fare con l’accusa d’aver comprato o tentato di comprare una copertura stampa favorevole. Il terzo caso sostiene che ha ricevuto doni illegali da un ricco donatore. Netanyahu nega tutte le accuse e ha definito le indagini a suo carico una “caccia alle streghe” legata a motivazioni politiche.

Il processo a Netanyahu inizia con due mesi di ritardo a causa delle misure d’emergenza adottate contro la pandemia di coronavirus che hanno praticamente congelato le attività dei tribunali israeliani. Durante questi due mesi, Netanyahu è riuscito a mantenere la carica di primo ministro, per cui domenica è diventato il primo premier nella storia d’Israele ad essere processato mentre è in carica. (Per inciso, tutti gli altri primi ministri israeliani degli ultimi due decenni sono stati a vario titolo oggetto d’indagine. Ehud Olmert, che alla fine è stato processato, condannato e ha scontato una pena detentiva, si era dimesso prima di arrivare all’incriminazione formale.)

Ecco cinque aspetti da conoscere relativi a un processo che in Israele viene definito di portata storica sia da chi ne condivide l’impianto accusatorio, sia da chi lo contesta.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu all’apertura del processo davanti alla Corte distrettuale di a Gerusalemme

1. Netanyahu si farà vedere il meno possibile in tribunale. Per lui, ogni ora trascorsa in quell’aula è tempo sottratto alla cura degli affari di stato. Inoltre, non farebbe che consolidare la problematica immagine di un leader di governo che siede sul banco degli imputati. La settimana scorsa Netanyahu ha chiesto ai tre giudici che compongono la Corte di giustificare la sua assenza alla prima udienza osservando che sarebbe stata solo una discussione di carattere “tecnico” fra avvocati e che si ponevano problemi per l’osservanza da parte della nutrita scorta che lo deve accompagnare delle norme sanitarie ancora in vigore. I giudici hanno respinto la richiesta dicendo che in ogni procedimento penale israeliano l’imputato deve essere presente di persona alla prima udienza, e così è stato. E’ tuttavia assai probabile che i giudici non insisteranno su questo punto per ogni udienza successiva, ma è chiaro che Netanyahu dovrà seguire da vicino tutto il processo anche se non sarà sempre fisicamente presente.

2. Il processo potrebbe durare almeno un anno, e il verdetto finale potrebbe richiedere ancora più tempo. Così è stato nel caso di Olmert, benché il tribunale si riunisse più volte alla settimana. Nel caso di Netanyahu, potrebbero passare diversi mesi prima che il tribunale sieda di nuovo in udienza perché la difesa deve avere il tempo di riesaminare tutto il materiale generato durante l’inchiesta. Quando poi si riunirà, la Corte potrebbe dover ascoltare oltre 300 testimoni per l’accusa. Ciò significa che il processo potrebbe richiedere fino a un anno e, con i successivi appelli alla Corte Suprema, la sentenza finale potrebbe richiedere ancora più tempo. Gli appelli di Olmert dopo la condanna sono durati più di tre anni. Anche se il tribunale dovesse pronunciarsi a favore di Netanyahu, la saga potrebbe non essere finita: in Israele, l’accusa ha la facoltà di presentare ricorso contro l’assoluzione di un imputato, e spesso lo fa.

3. Netanyahu potrà verosimilmente completare il suo mandato come primo ministro. Secondo la legge israeliana, un primo ministro deve dimettersi solo dopo un’eventuale condanna definitiva. Secondo i termini dell’accordo di coalizione siglato questo mese, Netanyahu rimarrà primo ministro per 18 mesi per poi passare la mano al suo vice, Benny Gantz, il 17 novembre 2021. Dopo quella data, Netanyahu prenderà il posto di Gantz assumendo la carica di primo ministro vicario. Ciò potrebbe porgli un problema anche nel caso non si fosse ancora arrivati a una sentenza definitiva perché, secondo la legge, i parlamentari e i “semplici” ministri devono dimettersi o auto-sospendersi se sono sotto processo. La cosa è complicata dal fatto che di recente, proprio sulla questione se Netanyahu potesse formare il nuovo governo benché già incriminato, la Corte Suprema ha affermato di non avere giurisdizione su una decisione di natura intrinsecamente politica che è appannaggio del parlamento. Quando Netanyahu si dimetterà da primo ministro, probabilmente verrà chiesto alla Corte Suprema di costringerlo a dimettersi da “primo ministro vicario” in quanto sotto processo, ma il precedente appena stabilito dalla Corte potrebbe giocare a suo favore.

4. Netanyahu non è l’unico imputato in questo processo. Alla sbarra ci sono anche eminenti personalità israeliane come Arnon Mozes, editore del quotidiano Yediot Acharonot, e Shaul e Iris Elovitch, azionisti di controllo della società di telecomunicazioni israeliana Bezeq nonché proprietari del sito web di news Walla. Sono accusati d’aver promesso a Netanyahu una copertura stampa favorevole in cambio di vantaggi politici. Grossi nomi anche fra i testimoni convocati dall’accusa. Shlomo Filber era il direttore generale del Ministero delle comunicazioni che, su richiesta di Netanyahu, avrebbe proposto modifiche normative a beneficio degli Elovitch. Ari Harow era l’ex capo dello staff di Netanyahu e registrò gli incontri tenuti di persona da Netanyahu con Mozes. Nir Hefetz era un consulente mass-media e portavoce di Netanyahu che avrebbe diretto la copertura positiva del primo ministro su Walla. Hanno tutti accettato di collaborare in cambio di immunità penale.

5. Il processo non viene trasmesso in diretta tv. Il mese scorso la Corte Suprema ha deciso di avviare in via sperimentale la trasmissione in diretta tv delle sue udienze per rendere più trasparenti i procedimenti. La prima applicazione del progetto pilota sono state proprio le udienze sulla legittimità della candidatura di Netanyahu a primo ministro e dell’accordo di coalizione fra Likud e Blu-Bianco. Dopo quell’esperienza, da più voci (e dallo stesso Netanyahu) è giunta la richiesta di trasmettere allo stesso modo le udienze del processo appena iniziato davanti alla Corte distrettuale di Gerusalemme, ma al momento la cosa non è in programma.

(Da: Jerusalem Post, 24.5.20)