Intanto il sud brucia. Di nuovo

Nel silenzio di quasi tutti i mass-media, ogni sera Adele del kibbutz Nirim aggiorna la mappa degli incendi terroristici causati da palestinesi di Gaza

Di Adele Raemer

Adele Raemer, autrice di questo articolo

Mi chiamo Adele. Vivo in un kibbutz a circa un miglio dal confine con la striscia di Gaza. Lavoro a tempo pieno, eppure il mio sionismo mi tiene molto impegnata al di là delle ore di attività come insegnante e formatrice di insegnanti, di madre e nonna, di membro attivo del kibbutz. Il mio sionismo mi tiene al computer tutte le sere per documentare gli incendi dolosi che si verificano nei nostri campi e nei nostri boschi. Di nuovo.

L’anno scorso ho avviato una mappa Google per mostrare, come potevo, quanti focolai sono stati appiccati da aerostati incendiari lanciati da Gaza. Questi arnesi da incendio doloso vengono lanciati per distruggere ciò che noi, e coloro che ci hanno preceduto, abbiamo costruito e coltivato. Per ridurre in cenere i campi. Per distruggere le belle aree boschive per le quali molti di voi che leggete avete versato contributi per decenni, attraverso il Fondo Nazionale Ebraico (KKL). Tutti gli alberi che sono stati piantati da innumerevoli persone in memoria dei loro cari, per commemorare occasioni felici o semplicemente per rendere verde Israele e “far fiorire il deserto”: ecco i loro bersagli.

Kfar Aza, 14 giugno 2019

Purtroppo questi incendi per lo più non vengono riferiti all’estero. Qui in Israele attraggano appena l’attenzione dei mass-media, dato che vi sono così tante altre cose che calamitano l’attenzione dell’opinione pubblica: preoccupazioni per la sicurezza nel nord, sfilate Gay Pride, tragici incidenti stradali, escalation di attacchi missilistici, scandali dei politici. Tutte cose certamente degne di nota, e tutte molto più avvincenti degli incendi che accadono quaggiù, diventati per la maggior parte del paese una specie di rumore di fondo. I consumatori di notizie si annoiano con i fatti che si ripetono sempre uguali.

Per questo ogni sera mi siedo davanti al computer e offro la mia testimonianza, dalla mia casa nel mezzo della “cintura” attorno a Gaza (otef ’Aza, letteralmente “l’involucro di Gaza”, è il termine con cui in Israele si indicano le comunità civili che si trovano in prossimità del confine con l’enclave controllata da Hamas, ndr).

Ho iniziato l’anno scorso, poco dopo l’inizio degli incendi, perché pensavo che fosse importante avere una rappresentazione grafica di ciò che stava realmente accadendo quaggiù. Per via di questa mappa, sono stato portata a Ginevra lo scorso novembre a testimoniare davanti a una commissione d’inchiesta indipendente delle Nazioni Unite.

Kfar Aza. 14 giugno 2019

Ogni notte, prima di andare a dormire, raccolgo informazioni dalle mie numerose fonti e carico i luoghi e le date. Aggiungo foto e filmati, quando ne ho. Le fiammelle rosse indicano luoghi e date degli incendi. Quelle gialle includono fotografie. Quelle arancione hanno video-clip che per lo più ho caricato e linkato su YouTube.

Alcune delle mie fonti sono ufficiali, altre sono ufficiose ma pienamente affidabili giacché sono qui sul campo, testimoni di prima mano: dove il calore e il fumo divorano i loro campi. Ad oggi, sulla mappa compaiono più di 1.060 pin.

Mi siedo qui e seguo i nostri coraggiosi soldati e vigili del fuoco, dal sicuro della mia scrivania. A volte mi capita di sentirli all’opera. La maggior parte delle volte no. Li seguo in modo virtuale, mentre danno la caccia agli aerostati cercando di essere già sul posto quando atterrano per ridurre al minimo i danni. Leggo della loro frustrazione quando gli incendi sono troppo prossimi al confine e vengono avvertiti dai loro comandanti di non avvicinarsi, a meno che non siano completamente al coperto rispetto al potenziale fuoco dei cecchini.

La Statale 232, che corre in prossimità del confine con la striscia di Gaza

La maggior parte di coloro che lottano contro gli incendi sono soldati anziché vigili del fuoco, perché qualsiasi incendio che scoppi a ovest della Statale 232 (ed è così nella maggior parte dei casi, come si vede dalla mappa) deve essere combattuto solo dai militari e non dai vigili del fuoco che sono lavoratori civili.

A volte, quando gli incendi sono troppo vicini alla barriera di confine, anche i soldati vengono tenuti in disparte, fuori dalla vista dei fucili dei cecchini, col divieto di fare qualsiasi cosa se non mantenendo una certa distanza di sicurezza, mentre un ennesimo campo agricolo se ne va in fumo davanti ai loro occhi.

Noi qui, nel Negev occidentale, in poco più di un anno abbiamo avuto undici escalation di violenze (e 18 anni della più lunga guerra di logoramento della nostra storia). Oltre al danno in sé, gli incendi costituiscono un pericoloso preludio di ulteriori violenze. E ce ne sono ogni giorno. Ieri (venerdì scorso, ndr) ce ne sono stati quindici. Lo sapevate? Probabilmente no. Per favore, aiutami a spargere la voce, condividete questo post e condividete la Mappa degli Incendi. Per favore, serbateci nei vostri pensieri e nei vostri cuori.

(Da: Times of Israel, 15.6.19)

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