Intanto, in Medio Oriente…

Washington dovrebbe concentrarsi su ben altri piani di “costruzione” in corso in Medio Oriente

di Barry Rubin

image_2782Mentre l’amministrazione Obama si trastulla con il problema della costruzione di nuovi appartamenti in un quartiere di Gerusalemme, il Medio Oriente continua a bruciare. Ma si tratta di questioni che non attirano l’attenzione – e certamente nemmeno l’azione – che invece richiederebbero.
• L’Iran è oggi alleato con al-Qaeda. Il generale David Petraeus, capo del Comando Centrale Usa, ha fatto una rivelazione bomba rimasta perlopiù ignorata: l’Iran sta aiutando al-Qaeda nell’attaccare gli americani. L’Iran, ha detto Petraeus nel suo linguaggio tecnico-militare, offre “un punto cardine di appoggio dove facilitatori connettono la senior leadership di al-Qaeda con affiliati nella regione” mediorientale. Traduzione: Teheran lascia transitare liberamente i capi di al-Qaeda avanti e indietro per il Pakistan e l’Afghanistan, lasciandogli usare il suo territorio come un santuario sicuro, e permettendo loro di tenere riunioni dove si progettano attacchi terroristici contro obiettivi statunitensi. Benché formalmente l’Iran metta talvolta sotto custodia questa gente, a quanto pare – dice Petraeus – si tratta di una finzione per ingannare gli stranieri. Ah, Petraeus ha poi aggiunto che l’Iran aiuta anche i talebani a combattere gli Stati Uniti in Afghanistan. Circa l’Iraq, il generale spiega: “La Forza Quds [gruppo militare d’élite iraniano inquadrato nell’esercito dei Guardiani della Rivoluzione Islamica] mantiene il suo micidiale sostegno alle milizie sciite irachene fornendo loro armi, fondi e addestramento”. Dunque Petraeus sottolinea che l’Iran sta aiutando al-Qaeda contro gli Stati Uniti ed anche, a volte, i gruppi sciiti che destinati per conto dell’Iran a estenderne l’influenza in Iraq. In effetti, a ben vedere, il regime di Teheran è in guerra con gli Stati Uniti, ma questo concetto non viene granché evidenziato, né sembra suscitare particolari furori nell’animo dei funzionari della Casa Bianca o strenui sforzi per contrastare tale minaccia. Intanto l’Iran non si limita a costruire appartamenti, ma costruisce impianti per la produzione di armi nucleari.
• Il Libano viene inquadrato sempre più nell’alleanza Siria-Iran. In un’intervista alla tv Al-Jazeera, il leader druso Walid Jumblatt, fino a poco fa un fiero leone dell’opposizione anti-siriana, si è trasformato in un topolino che chiede scusa al dittatore siriano Bashar Assad: “In un momento di rabbia, ho detto cose indebite e irragionevoli contro il presidente Assad”. E ora implora d’essere ricevuto a Damasco dove potrà baciare l’anello dell’uomo il cui padre (Hafez Assad) assassinò suo padre (Kemal Jumblatt). Ma non si può farne una colpa: né a lui né a Sa’ad Hariri, il leader della coalizione “14 marzo” il cui padre Rafik Hariri venne assassinato nel febbraio 2005 sotto dirette disposizioni di Assad, e che è già andato a Damasco a supplicare perdono. Eppure Jumblatt, leader della principale comunità drusa libanese, è l’uomo che non molto tempo fa si rifiutava di paragonare Assad a un cane dicendo che sarebbe stato offensivo verso i cani. Ed è l’uomo che si vantava d’essere amico degli Stati Uniti, durante la sua fase da resistente. Ora non più. Nel frattempo Hezbollah, che gode ufficialmente del potere di veto sulle decisioni del governo libanese, non si limita a costruire appartamenti, ma costruisce fortificazioni e importa quantità record di armamenti.
• Ormai è chiaro che Russia e Cina non sosterranno vere sanzioni contro l’Iran. Il piano dell’amministrazione Obama è in guai grossi e non si vede via d’uscita, a parte quella di adottare le sanzioni minime possibile e cantar vittoria. La Russia sfida apertamente l’amministrazione Obama insistendo, proprio mentre riceve in visita il segretario di stato Usa Hillary Clinton, che porterà a termine un impianto nucleare per l’Iran. Questo sì che è stato uno schiaffo, e ben più grosso sul piano strategico della questione degli appartamenti a Gerusalemme. Ma non si è vista una forte reazione da parte di Washington. Per dirla con le parole del presidente russo Dmitry Medvedev, “noi riteniamo che [l’impegno con l’Iran] non sia ancora terminato, e che possiamo ancora arrivare a un accordo”. Dunque la Russia non è disposta a sostenere sanzioni e non sta costruendo appartamenti in Iran, ma un reattore nucleare. Idem con la Cina, il cui portavoce del ministero degli esteri Qin Gang l’ha messa in questi termini: “Noi riteniamo che vi sia ancora spazio per gli sforzi diplomatici e che le parti interessate debbano intensificare tali sforzi”. La Cina non sta costruendo appartamenti in Iran: sta sviluppando pozzi petroliferi e sta costruendo un’enorme raffineria, oltre a garantire – a quanto si dice – importanti forniture di armi.
• Nonostante le concessioni americane volte a ridimensionare l’alleanza tra Siria e Iran, il legame fra i due paesi diventa sempre più forte, come testimonia l’invito di Assad al presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad a Damasco all’inizio di questo mese e la loro firma di nuovi accordi cooperazione. Durante la conferenza stampa, Assad ha letteralmente riso della politica americana. Si moltiplicano inoltre i segnati di una stretta cooperazione della Turchia con l’asse Siria-Iran. Sia Ahmadinejad che l’organo ufficiale del governo siriano SANA definiscono ora la Turchia un alleato di Siria e Iran. Il primo ministro turco Tayyip Erdogan suona la stessa musica, ripetendo che l’Iran non ha alcuna intenzione di sviluppare armi nucleari, che Ahmadinejad è “un amico” e che in ogni caso gli Stati Uniti non avrebbero alcun diritto di impedire all’Iran di procurarsi tali armi. Il governo turco non si limita a costruire degli appartamenti: quello che sta costruendo è un’alleanza con Teheran e, al proprio interno, un regime sempre più islamista.
Ma lasciamo che sia Ahmadinejad a ricapitolare come appaiono le cose agli occhi di Iran, Siria, Hamas, Hezbollah e di un sacco di arabi, sia pro che anti-americani: gli americani, ha detto Ahmadinejad, “non solo hanno fallito nella conquista del potere, ma sono anche costretti ad abbandonare la regione mediorientale. E perdono per strada la loro reputazione, la loro immagine e la loro forza pur di scappare … Il loro governo non ha alcun influenza … sull’espansione dei legami fra Iran e Siria, dei legami fra Siria e Turchia e dei legami fra Iran e Turchia: a Dio piacendo, anche l’Iraq si unirà a questa cerchia”.
In breve, la situazione nella regione è pessima. Nessuna di queste realtà ha molto a che fare con la questione arabo-israeliana e con quella israelo-palestinese. Nulla di tutto questo cambierebbe, se la politica americana fosse percepita come più dura verso Israele. Quello che gli arabi aspettano di vedere è se la politica americana saprà essere dura con l’Iran e con i suoi alleati. La politica dell’amministrazione non rende più moderati gli estremisti. Piuttosto – alimentando la loro boria e la loro convinzione che l’America sia debole – li rende più aggressivi.
Ogni giorno la situazione nella regione mediorientale si fa più pericolosa, ma gli Stati Uniti appaiono largamente impegnati, al massimo livello e come massima priorità, a ottenere il riavvio di negoziati (indiretti) fra israeliani e palestinesi: negoziati che tutti quelli coinvolti sanno che non produrranno niente. C’è qualcosa di seriamente sbagliato in tutto questo.

(Da: Jerusalem Post, 21.3.10)