Intifada senza fine

Lattentato a Eilat dimostra che resta alta la determinazione dei terroristi palestinesi a colpire Israele

Da un articolo di Ron Ben-Yishai

image_1570S’è visto quanto si sbagliavano quelli che speravano che le violenze tra palestinesi avrebbero diminuito la minaccia terroristica contro Israele. L’attentato suicida di lunedì scorso a Eilat dimostra che è vero il contrario. Le due organizzazioni che hanno rivendicato l’attentato hanno detto con chiarezza, nei loro comunicati, che il loro scopo era quello, tra l’altro, di ricordare a tutte le fazioni palestinesi che la vera guerra deve essere condotta contro Israele. Il messaggio è chiaro: Hamas e Fatah devono mettere da parte lotte politiche e battaglie tra di loro e unire le forze con i gruppi estremisti islamisti in una guerra senza pietà e senza compromessi contro il vero nemico.
Non è poi così importante quale organizzazione sia direttamente responsabile dell’attentato. In base all’esperienza passata, è probabile che diversi gruppi di Gaza abbiano collaborato. In ogni caso è chiaro che coloro che hanno dato vita all’attentato cercavano di distinguersi, di fronte all’opinione pubblica palestinese, dalle grandi fazioni attualmente impegnate nella guerra civile. Il letale attacco suicida permette loro di dimostrare che oggi sono loro quelli che guidano la lotta contro Israele, e serve da esempio per le organizzazioni più grandi e istituzionalizzate. Ciò permette ai gruppi attentatori di guadagnare prestigio, reclutare nuovi membri e incrementare l’aiuto che ricevono da sostenitori esterni come Hezbollah, Iran, Siria e al-Qaeda.
La Jihad Islamica palestinese e le Brigate al-Aqsa (Fatah) hanno anche un altro motivo per cercare di realizzare grandi attentati stragisti. Nel corso dell’ultimo anno e delle ultime settimane, in Cisgiordania sono state sventate decine di attentati suicidi organizzati da questi gruppi. Migliaia di terroristi affiliati a questi gruppi sono stati arrestati, e decine di terroristi fra i più pericolosi sono rimasti uccisi negli scontri coi soldati israeliani. Ogni volta, da Gaza, i leader di questi gruppi giurano di vendicare i colpi subiti in Cisgiordania. Tuttavia, a parte i lanci di missili Qassam sul Negev occidentale (che causano un numero relativamente contenuto di perdite e danni fra gli israeliani), non erano più riusciti a realizzare una significativa vendetta. Questo fatto non solo provoca frustrazione ai capi dei terroristi che stanno in Libano e in Iran, ma diminuisce anche il sostegno di cui i loro gruppi godono nei territori. Di conseguenza la motivazione per realizzare attentati suicidi originati da Cisgiordania e striscia di Gaza non fa che crescere sempre più.
Gli attentati terroristici procurano evidenti vantaggi alle organizzazioni palestinesi, e cioè un alto numero di vittime israeliane con un’azione che trova eco in tutto il mondo. L’anno scorso vi furono diverse decine di tentativi di realizzare attentati di questo tipo. In Cisgiordania, le forze armate e i servizi di sicurezza israeliani riuscirono a sventarne la maggior parte mentre erano ancora in fase di preparazione. A Gaza, preparare un attentato è più semplice e sicuro, ma poi è difficile far arrivare il terrorista in una affollata località all’interno di Israele.
Possiamo presumere che la scelta sia caduta sulla città di Eilat per la relativa facilità con cui ci si poteva infiltrare nei suoi dintorni attraverso il confine con il Sinai egiziano o attraverso la regione di Arava al confine con la Giordania. Un’altra ragione è il fatto che Eilat è un’attrattiva per il turismo internazionale e locale, per cui un attentato in quella località avrebbe riscosso risonanza internazionale e danneggiato l’economia israeliana. Di regola i terroristi preferiscono operare in zone dove la resistenza e allerta sono relativamente basse, mentre sono alte le probabilità di infliggere perdite e ricevere l’attenzione dei mass-media.
L’attentato di lunedì scorso dimostra che la cosiddetta seconda intifada, benché più controllata, persiste ed è ancora pericolosa. La determinazione dei palestinesi di colpire Israele e cittadini israeliani non è diminuita per le pressioni economiche e politiche internazionali esercitate sul governo Hamas né per gli scontri fra palestinesi. Anzi, è vero il contrario.
Inoltre, quand’anche se dovesse nascere un governo di unità nazionale palestinese e quand’anche venisse raggiunto un compromesso per il rilascio del soldato israeliano in ostaggio Gilad Shalit, vi sarebbero ancora potenti soggetti sulla piazza palestinese che continuerebbero a bersagliare Israele, incoraggiati dall’esterno.
In conclusione, governo e cittadini d’Israele e bene che si attrezzino a fronteggiare una situazione in cui dovranno difendersi per un lungo periodo di tempo dal terrorismo estremista palestinese e islamista, senza reali possibilità di diminuire significativamente questa minaccia nel prevedibile futuro.

(Da: YnetNews, 30.01.07)

Nella foto in alto: Le vittime dell’attentato di lunedì a Eilat: Israel Smuliah, 26 anni; Ami Almaliah, 32 anni; Michael Ben-Sa’adun, 27 anni