Iran senza foglie di fico

Lestremismo di Ahmadinejad può generare escalation, ma anche isolare il regime.

Da un editoriale di Haaretz

image_766L’elezione la scorsa settimana del conservatore Mahmoud Ahmadinejad a presidente dell’Iran è uno sviluppo importante a livello regionale. Le sue posizioni possono incrementare ulteriormente l’ostilità dell’Iran verso Israele, ma creano anche un’opportunità per accrescere la pressione sul regime iraniano perché modifichi i suoi comportamenti.
La caduta dello Scià nel 1979 fu un “disastro strategico” per Israele che perse un importante alleato regionale, e che da allora ha dovuto fare i conti con le minacce di un regime estremista che nega a Israele il diritto di esistere. Israele considera l’Iran una grave minaccia per la propria sicurezza a causa della sua intransigente ostilità, del suo sostegno alle organizzazioni terroristiche Hezbollah e palestinesi, soprattutto per la sua volontà di dotarsi di armi nucleari e missili a lungo raggio.
Per anni Israele ha cercato con fatica di convincere la comunità internazionale della gravità della minaccia iraniana, finché non sono emersi i particolari del programma nucleare segreto iraniano e venne scoperta la rete di contrabbando di armi nucleari dal Pakistan. Queste novità spinsero gli Stati Uniti a dichiarare che non permetteranno all’Iran di ottenere armi nucleari, e i paesi chiave europei – Francia, Germania, Gran Bretagna – ad avviare negoziati con Teheran allo scopo di contenere le sue attività nucleari.
Tali colloqui hanno prodotto un parziale successo: l’Iran ha accettato di sospendere l’arricchimento dell’uranio, ma insite sul suo “diritto” di riprendere questa attività. Il primo ministro israeliano Ariel Sharon preme sui governi occidentali perché portino la questione davanti al Consiglio di Sicurezza dell’Onu affinché si possano imporre sanzioni all’Iran.
All’interno dell’occidente c’è una controversia su come comportarsi con L’Iran. Durante la presidenza dell’uscente Mohammed Khatami, la posizione che invocava il dialogo “per rafforzare i moderati” poteva avere qualche validità. Ma Khatami si è rivelato privo di vera influenza e ha deluso coloro che si aspettavano un cambiamento dall’interno del regime. Piuttosto egli ha garantito una comoda copertura ai veri detentori del potere, guidati dal leader spirituale Ali Khamenei: di fatto Khatami ha contribuito ad mitigare la loro immagine di estremisti, e ha favorito la loro accettazione come legittimi interlocutori.
L’elezione di Ahmadinejad renderà più acuto il dilemma nelle capitali d’Europa. Ahmadinejad non può essere presentato come un moderato che ha bisogno d’essere incoraggiato e rafforzato. Immediatamente dopo essere stato eletto, ha promesso di continuare il programma nucleare iraniano, ha espresso disprezzo per gli Stati Uniti, ha detto che l’esistenza di Israele è “illegale”. Queste posizioni possono anche avere risvolti concreti: per esempio, un accelerazione del programma nucleare e un incoraggiamento a Hezbollah perché non rinunci alle armi.
Israele spera, giustamente, che tali dichiarazioni contribuiscano a smascherare il vero volto del regime iraniano, aiutando in questo modo a raccogliere appoggi internazionale contro di esso. Sarà più facile radunare sostegni contro gli estremisti al potere a Teheran senza la foglia di fico del moderato Khatami.
Gli europei dicono che bisogna aspettare e vedere come si comporterà Ahmadinejad, e che sanzioni troppo dure spingerebbero l’Iran ad assumere comportamenti irresponsabili. Inoltre, sarebbe difficile imporre sanzioni a un così grande esportatore di petrolio in un momento in cui i prezzi del petrolio sono così alti a livello globale. Ma Israele deve portare avanti il suo impegno diplomatico per neutralizzare le minacce iraniane. Ed è comunque importante che non si metta in prima linea, lasciando piuttosto la scena alle grandi potenze.

(Da: Ha’aretz, 29.06.05)

Nella foto in alto: all’interno del reattore nucleare iraniano di Bushehr