Israele, agosto 2020: le principali news

La storica apertura degli Emirati, l’irriducibile ostilità di Hamas, Erdogan e Abu Mazen. Ma anche: l’omaggio israelo-tedesco ai morti di Monaco e Dachau

Un incendio causato da un aerostato incendiario palestinese lanciato da Gaza in Israele

Reagendo ai continui lanci di palloni esplosivi e incendiari palestinesi da Gaza, le Forze di Difesa israeliane hanno nuovamente attaccato domenica sera strutture e postazioni di Hamas nella striscia di Gaza. Da più di due settimane i terroristi di Gaza hanno ripreso a lanciare razzi e palloni incendiari, e Israele ha reagito colpendo quasi ogni notte obiettivi terroristici e imponendo limitazioni al transito di merci (ad eccezione di cibo e medicine) attraverso il valico di Kerem Shalom. Domenica gli attacchi palestinesi hanno provocato almeno 11 incendi e vi è stata un’interruzione di corrente nei kibbutz Miflasim e Nir Am quando un aerostato esplosivo ha colpito un traliccio. Sabato gli incendi innescati nel territorio israeliano attorno alla striscia di Gaza sono stati 35. Colpita anche una serra nel moshav Netiv Ha’Asara. Un numero analogo era stato registrato venerdì, e un gruppo di palloni con appeso un esplosivo è stato rinvenuto e disinnescato anche nell’area industriale di Kiryat Gat. Più tardi, sempre venerdì, un altro ordigno esplosivo attaccato a palloni è stato localizzato sul tetto di un edificio residenziale a Beersheba (a 32 km da Gaza). Giovedì gli incendi provocati da ordigni palestinesi erano stati 42. Tra giovedì e sabato i terroristi hanno lanciato una quindicina di razzi verso il sud di Israele, i più pericolosi dei quali sono stati intercettati dal sistema difendevo israeliano “Cupola di ferro”. Uno degli attacchi ha causato danni considerevoli a un’abitazione nella città di Sderot.

A quanto risulta Egitto, Qatar e l’inviato delle Nazioni Unite, Nickolay Mladenov, stanno esercitando forti pressioni su Hamas perché ponga fine agli attacchi.

Secondo quanto riportato sabato sera da YnetNews, tutti i membri più importati dell’ufficio politico di Hamas e i comandanti della sua ala militare si sono portati in nascondigli segreti a seguito delle crescenti minacce velatamente formulate da Israele su una possibile ripresa di uccisioni mirate in risposta all’ondata di attacchi palestinesi da Gaza.

21 agosto: Osnat Malka, di Sderot, davanti ai danni causati alla sua abitazione da un attacco di razzi palestinesi da Gaza

Scrive Khaled Abu Toameh, sul Jerusalem Post: “Hamas è preoccupata per l’attenzione del mondo tutta rivolta alla pandemia e per l’apatia dei paesi arabi verso i palestinesi, quindi cerca di riportare i riflettori sulla striscia di Gaza lanciando una serie di provocazioni contro Israele. Hamas teme che la crescente crisi economica nella striscia di Gaza inneschi un’altra ondata di proteste come quelle scoppiate in varie parti dell’enclave lo scorso anno. E teme che i disordini compromettano o addirittura pongano fine al suo dominio su Gaza. La decisione di Hamas di intensificare le tensioni con Israele è diretta anche al Qatar, che negli ultimi anni ha garantito aiuti finanziari a decine di migliaia di famiglie palestinesi nella striscia. L’ultima sovvenzione in contanti del Qatar avrà luogo a settembre. Il capo di Hamas, Ismail Haniyeh, che si è trasferito a Doha all’inizio di quest’anno, nelle scorse settimane ha cercato di persuadere il Qatar non solo a continuare i pagamenti in contanti, ma ad aumentare la somma da 20 milioni a 40 milioni di dollari. L’inviato del Qatar, Mohammed al-Emadi, dovrebbe arrivare nella striscia di Gaza nei prossimi giorni per colloqui con i capi di Hamas e di altre fazioni palestinesi. Le fazioni palestinesi di Gaza sperano che Emadi arrivi con la promessa di continuare i pagamenti in contanti per almeno altri sei mesi: tale impegno garantirebbe la calma almeno fino alla fine dell’anno, consentendo a Hamas di preservare il suo controllo sulla striscia”.

In una telefonata, il presidente turco Recep Tayyib Erdogan ha parlato con il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) sottolineando l’opposizione di Ankara alla normalizzazione arabo-israeliana. Lo ha riferito domenica l’agenzia di stampa palestinese Wafa. Erdogan ha anche appoggiato la convocazione di una riunione d’emergenza dell’Organizzazione dei Paesi Islamici (55 stati membri) per riaffermare il “sostegno ai palestinesi”. Abu Mazen ha caldamente ringraziato Erdogan per la sua espressione di sostegno.

Sabato Erdogan ha intrattenuto colloqui con un’ampia delegazione di Hamas. Secondo quanto riferito, la delegazione comprendeva il fondatore dell’ala militare di Hamas, Saleh al-Arouri, ricercato per terrorismo dagli Stati Uniti che hanno posto una taglia di 5 milioni di dollari per la sua cattura. Presenti inoltre il capo di Hamas all’estero, Maher Salah, e il rappresentante del gruppo in Turchia, Jihad Yaghmor. Ankara garantisce a Hamas più sostegni materiali di quanto non facciano l’Iran, il Qatar e la Malesia. Di recente, secondo quanto riferito dal quotidiano britannico The Telegraph, il governo di Erdogan ha concesso passaporto e cittadinanza turca a una dozzina di esponenti di Hamas, consentendo loro di viaggiare liberamente. Sia Hamas che il partito al governo in Turchia hanno radici nella Fratellanza Musulmana, un’organizzazione islamista condannata come terrorista da molti paesi tra cui Bahrain, Egitto, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.

Scultura di sabbia dell’israeliano Tzvi Halevi sulla spiaggia Geula di Tel Aviv con la scritta in arabo, ebraico e inglese “Benvenuti” rivolta agli abitanti degli Emirati Arabi Uniti

Il presidente d’Israele Reuven Rivlin ha avuto parole di elogio verso il principe ereditario degli Emirati Arabi Uniti, Mohammed bin Zayed Al Nahyan, definendo le sue decisioni rispetto a Israele “nobili e coraggiose”. Rivlin ha invitato il leader de facto degli Emirati Arabi Uniti a visitare Gerusalemme. “In questi fatidici giorni – ha scritto Rivlin in una lettera al sovrano di Abu Dhabi – la leadership si misura dalla capacità di essere innovativi e lungimiranti”.

Subito dopo la notizia, lo scorso 13 agosto, dell’accordo per la normalizzazione fra Israele ed Emirati Arabi Uniti, si sono iniziati a registrare gli effetti positivi dell’annuncio. Sono state stabilitile linee telefoniche dirette fra i due paesi, mentre i siti di news israeliani precedentemente bloccati dalle autorità degli Emirati possono essere ora consultati dagli utenti che vivono nello stato del Golfo. Nel frattempo, il Ministero dell’economia israeliano ha stimato che l’imminente formalizzazione dei rapporti potrebbe valere centinaia di milioni di dollari all’anno per Israele in commercio e investimenti. Le esportazioni negli Emirati Arabi Uniti potrebbero passare da circa 300.000 dollari all’anno a 300-500 milioni di dollari all’anno, guidate dalle aziende tecnologiche, mediche e finanziarie.

A riprova che l’accordo ha la potenzialità di promuovere una reale convivenza tra i popoli di entrambi i paesi, la pop star israeliana Omer Adam è stata invitata a esibirsi negli Emirati Arabi Uniti. Adam è uno dei cantanti più famosi d’Israele, con il suo singolo “Shnei Meshugaim” visto oltre 61 milioni di volte su YouTube e numerosi altri singoli che hanno totalizzato oltre 30 milioni di visualizzazioni.

17 agosto: il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu intervistato da Sky News Arabia con sede ad Abu Dhabi

Pochi giorni dopo l’annuncio dell’accordo, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha rilasciato un’intervista senza precedenti a Sky News Arabia, con sede ad Abu Dhabi. Durante l’intervista, Netanyahu ha sottolineato che entrambi i paesi trarranno “notevoli vantaggi dall’accordo”. Circa la ventilata applicazione della sovranità di Israele a parti della Cisgiordania, Netanyahu ha confermato che l’amministrazione Trump gli ha chiesto di sospendere temporaneamente la mossa poiché la massima priorità al momento è ufficializzare accordi di questo tipo con altre nazioni della regione. A questo proposito, Netanyahu ha auspicato che altri stati arabi seguano presto l’esempio degli Emirati (da varie fonti sono stati fatti i nomi di Bahrain, Oman e Sudan). Plaudendo la scelta degli Emirati come un punto di svolta nel processo di pace in Medio Oriente, Netanyahu ha infine anticipato che l’accordo, alla fine, contribuirà anche alla pace con i palestinesi. Netanyahu ha parlato in inglese tradotto simultaneamente in arabo.

Parlando in un briefing telefonico con la stampa dell’annuncio sui rapporti Israele-Emirati, il consigliere della Casa Bianca Jared Kushner ha affermato che la credibilità della dirigenza palestinese è “caduta al minimo storico” e che l’amministrazione Trump non “correrà dietro” alla dirigenza palestinese per fare un accordo di pace se continuano a rifiutare tutte le aperture. Kushner ha detto che vi è una crescente frustrazione nella regione per quello che ha definito l’ostruzionismo palestinese ai progressi del loro stesso popolo. “Anche le persone che vogliono aiutare i palestinesi – ha affermato Kushner – ormai dicono che non puoi aiutare chi non vuole aiutare se stesso”. Kushner ha detto che il mondo sta “smettendo di dare ascolto” alle reazioni palestinesi “così prevedibili e illogiche”.

TV ufficiale dell’Autorità Palestinese, 16 agosto: “Quello che hanno fatto gli Emirati Arabi Uniti è un tradimento di Gerusalemme, della moschea di al-Aqsa e della causa palestinese”

I massimi funzionari religiosi islamici dell’Autorità Palestinese hanno dichiarato che qualsiasi musulmano che arriverà in Israele dagli Emirati Arabi Uniti per visitare la moschea al-Aqsa di Gerusalemme sarà “malvisto” e hanno emesso sentenze religiose che vietano tali visite. Mahmoud al-Habbash, presidente della Consiglio Supremo per la Giustizia Sharia, ha dichiarato alla tv ufficiale dell’Autorità Palestinese lo scorso 15 agosto che la normalizzazione con Israele o gli ebrei significa “accettare rapporti normali con i nemici del Profeta Maometto”. Habbash ha inoltre affermato che qualsiasi musulmano non palestinese che verrà a pregare alla moschea di al-Aqsa grazie all’accordo tra Emirati Arabi Uniti e Israele sarà “accolto con disprezzo”. Muhammad Hussein, Gran Mufti e presidente del Consiglio Supremo delle Fatwa dell’Autorità Palestinese, ha persino emesso una fatwa (sentenza religiosa islamica) che proibisce di pregare alla al-Aqsa ai musulmani che atterreranno all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv in arrivo dagli Emirati Arabi Uniti, dopo l’accordo di pace con Israele: un comportamento che la fatwa definisce “legalmente falso, religiosamente offensivo”. Parlando alla tv palestinese, Mahmoud al-Habbash ha detto che un musulmano che pregasse alla moschea al-Aqsa grazie all’accordo Emirati-Israele commetterebbe “un tradimento non solo contro il popolo palestinese, ma contro l’eredità del profeta Maometto”. E ha aggiunto: “Continueremo a resistere anche se verremo tutti uccisi. La Palestina sarà solo nostra, Gerusalemme sarà solo nostra”.

Anche il Segretario del Comitato esecutivo dell’Olp, Saeb Erekat, si è scagliato contro la normalizzazione tra Israele e nazioni arabe definendo l’accordo un tradimento della causa palestinese. Citato il 16 agosto dal quotidiano ufficiale dell’Autorità Palestinese Al-Hayat Al-Jadida, Erekat ha affermato: “L’Autorità Palestinese e l’Olp non accetteranno mai d’essere pugnalate alle spalle con un coltello avvelenato”.

“Non siamo turbati dalle proteste espresse da Iran, Turchia e dirigenti palestinesi – ha detto Israel HaYom un diplomatico di alto livello degli Emirati Arabi Uniti – Il nostro obiettivo, insieme al team negoziale israeliano, è concludere l’accordo per normalizzare rapidamente i rapporti. Saranno relazioni diplomatiche complete, incluso lo scambio di ambasciatori. La prospettiva è quella di promuovere collaborazioni economiche, tecnologiche, turistiche, mediche e di altro tipo, e dopo un breve periodo di adattamento verranno aperte le ambasciate. Non pensavamo che i palestinesi ci avrebbero dato la loro benedizione – ha aggiunto il diplomatico emeratino – ma se Abu Mazen pensa che Iran, Turchia e Hamas lavoreranno per gli interessi palestinesi meglio di noi, si accomodi pure”. Secondo il diplomatico, “il palestinese della strada è consapevole del fatto che la dottrina adottata da Abu Mazen riguardo la pace e la stabilità nella regione non è più pertinente: non fa che danneggiare gli interessi palestinesi”. Negli Emirati Arabi Uniti vivono circa 100mila palestinesi, uomini d’affari e accademici che a differenza della dirigenza dell’Autorità Palestinese hanno accolto bene l’accordo con Israele. Il sociologo palestinese Ahmad Fallah al-Amusha, dell’Università di Sharjah, ha definito l’accordo “un grande balzo per la diplomazia araba”, aggiungendo che “contribuirà agli sforzi per allentare l’escalation in Medio Oriente e ridurre la violenza nella regione. Inoltre manterrà in vita la soluzione a due stati”. “E’ un risultato importante – ha detto ai media locali il poeta palestinese nativo di Sidone Sami Qaush, che vive negli Emirati Arabi Uniti – E’ una risposta a molte aspettative arabe fallite e speranze perdute. Gli Emirati Arabi Uniti meritano ogni elogio: hanno fermato i piani di annessione di terre palestinesi da parte di Israele“.

La pandemia da coronavirus ha incrementato nel settore arabo israeliano le domande per prestare servizio volontario nelle Forze di Difesa israeliane, nel quadro del progetto “ambasciatori in divisa” che ha recentemente registrato un aumento significativo delle iscrizioni. L’iniziativa, avviata due anni fa, è decollata negli ultimi sei mesi in parte a causa dei successi del Comando Fronte Interno dell’esercito israeliano nella gestione della crisi sanitaria in tutti i settori della società. I tirocinanti del programma sono per la maggior parte di età compresa tra 29 e 50 anni, molti dei quali provengono da comunità arabe del nord d’Israele e dalle comunità beduine del Negev.

Hezbollah ha “preso in ostaggio” il futuro del popolo libanese e “i paesi del mondo dovrebbero agire contro questo gruppo terroristico per aiutare il Libano a liberarsi da tale minaccia”. E’ quanto ha dichiarato il Ministero degli esteri israeliano, commentando la sentenza del tribunale internazionale dell’Aia che ha condannato un membro di Hezbollah per coinvolgimento nell’attentato esplosivo che uccise nel 2005 l’allora primo ministro libanese Rafik Hariri insieme ad altre 21 persone, ma ha mandato assolti gli altri tre imputanti per insufficienza di prove e non ha incriminato nessun mandante. “Il rafforzamento militare di Hezbollah, i suoi sforzi per creare un arsenale missilistico di precisione e le sue azioni mettono in pericolo l’intera regione”, ha aggiunto il Ministero degli esteri israeliano.

Aerei israeliani e tedeschi sorvolano in formazione il sito del campo di concentramento di Dachau

Rami Levy, noto per la sua catena di supermercati che promuove la convivenza israelo-palestinese, ha citato in giudizio il Consiglio Onu per i diritti umani delle (UNHRC) per la sua “lista nera” di oltre 100 società (per lo più israeliane, ma non solo) che operano nei territori al di là della ex linea armistiziale in vigore dal 1949 al 1967 (compresa la parte orientale di Gerusalemme e le alture del Golan), accusate dal Consiglio Onu di violare il diritto internazionale e “i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali del popolo palestinese”. “Io credo nella vera convivenza – ha dichiarato Rami Levy – Tutti i dipendenti presso i nostri negozi vengono assunti e trattati in modo eguale senza distinzione di religione, etnia o nazionalità, e siamo lieti di servire tutti i clienti senza distinzione di religione, etnia o nazionalità. E continueremo a farlo”. Nell’esposto, la ong Shurat HaDin afferma che l’UNHRC ha violato il proprio stesso statuto prendendo di mira specificamente le imprese di proprietà ebraica senza tenere in alcun conto le 11 società israeliane di proprietà araba che pure ricadrebbero sotto la stessa fattispecie.

In un’esercitazione congiunta, per la prima volta nella storia due jet F-16 dell’aeronautica militare israeliana e due Eurofighter dell’aeronautica militare tedesca hanno sorvolato insieme, lo scorso18 agosto, l’ex campo di concentramento nazista di Dachau, presso Monaco di Baviera, per rendere omaggio alle vittime, ebree e non ebree, del regime nazista. I jet scortavano un Gulfstream G-550 dell’aeronautica israeliana con a bordo i comandanti di entrambe le forze aeree, mentre un terzo Eurofighter filmava la formazione.

I velivoli hanno anche sorvolato il vicino aeroporto di Fuerstenfeldbruck per rendere omaggio agli 11 atleti israeliani trucidati nell’attacco dei terroristi palestinesi alle Olimpiadi di Monaco del 1972.