Israele, da hard power a soft power

La straordinaria protesta civile di questi mesi in Israele sta radicalmente modificando la percezione all’estero dello stato ebraico e democratico

Di Joanna Landau

Joanna Landau, autrice di questo articolo

Circa un mese fa, il Ministero del Turismo israeliano ha lanciato una nuova campagna con lo slogan: “Israele, proprio come da nessun altra parte”. Considerando tutto quello che è successo in questo paese negli ultimi tre mesi, si potrebbe dire che lo slogan riflette molto di più della semplice offerta turistica di Israele.

Gli occhi del mondo sono puntati sullo stato ebraico che sembra scivolare – come Ungheria e Polonia – lungo una china pericolosa che potrebbe potenzialmente portare a un regime autocratico con una serie di poteri troppo concentrati in un solo soggetto. Ma, esattamente come suggerisce lo slogan, anche sotto questo aspetto siamo proprio diversi da chiunque altro.

Il moderno stato che venne creato all’indomani di una delle epoche più terrificanti della storia dell’umanità, il paese che ha dato vita ai kibbutz, il paese che negli anni ’90 seppe assorbire un milione e mezzo di ex-sovietici nel giro di pochi mesi, il paese che si è affermato come uno dei leader mondiali dell’economia basata sull’innovazione – oggi stupisce di nuovo.

In questo caso è la sua popolazione che mostrandosi straordinariamente attenta e reattiva, si è sollevata quasi all’unisono per manifestare inquietudine e malcontento rispetto al pericolo di vedere trasformata la Terra Santa in una quasi-autocrazia: E i mass-media globali, sia on-line che off-line, si mostrano più che inclini che mai a comunicare questa lotta in tutto il mondo.

“Israele, come nessun altro posto al mondo”, lo slogan lanciato quest’anno dal Turismo israeliano

Nadav Eyal, uno dei principali giornalisti israeliani, autore del best-seller Revolt, ha recentemente twittato: “Parlo con amici in tutto il mondo. Dall’Asia alla Polonia. Sono a bocca aperta per la battaglia della popolazione israeliana a difesa della libertà, della democrazia… Fanno persino fatica a capire: come mai associazioni imprenditoriali e personale della Difesa agiscono in questo modo? Noi siamo nati come democrazia, spiego loro. La democrazia è nel nostro DNA fin dai tempi del primo congresso sionista [1897]. Siamo stati il primo paese al mondo fondato da istituzioni democratiche, è la nostra tradizione specifica”. Questo, in poche parole, è ciò che il mondo sta vedendo e seguendo.

Reportage che fanno il giro del mondo mostrano centinaia di migliaia di cittadini israeliani che scendono in piazza in tutto il paese sventolando la bandiera israeliana e una quantità di cartelloni creativi e che manifestano la loro tensione attraverso spettacoli visivamente dirompenti, come le marce silenziose in stile Handmaid’s Tale [Il racconto dell’ancella]. Il tutto praticamente senza il minimo accenno di violenza.

Com’è comprensibile, molti israeliani sono profondamente preoccupati per come tutto ciò possa influire sull’immagine globale di Israele. Nel 2022, Israele venne classificato come il decimo paese “più potente” del mondo nell’indice pubblicato da US News & World Report che riflette la percezione di circa 20.000 cittadini globali nei confronti dei paesi in varie aree. La categoria “potenza” misura il modo in cui le persone percepiscono l’indipendenza, la leadership, la forza militare, la forza economica e le relazioni internazionali di un paese. Israele veniva percepito in una posizione internazionale molto forte, specialmente a livello di rapporti fra governi. In netto contrasto con questo, nella classifica generale che misura il soft power di un paese (qualità della vita, cultura e patrimonio, imprenditorialità ecc.), Israele risultava solo al 37esimo posto sui 78 paesi elencati.

Manifestanti israeliani sulla superstrada Ayalon, a Tel Aviv. Sul cartello: “Non lasciar morire la democrazia in silenzio”

Saltiamo un anno avanti e la situazione appare notevolmente cambiata. L’amministrazione Biden esprime preoccupazione in modo inusualmente schietto e diretto, il primo ministro britannico Sunak evita la foto di rito insieme al collega israeliano Benjamin Netanyahu in visita di a Londra, le Forze di Difesa israeliane subiscono i contraccolpi della contestazione pubblica, l’economia inizia a soffrirne. Tutti questi intoppi e incidenti compromettono in modo significativo il livello di hard power di Israele. Ma nello stesso tempo la situazione sembra cambiare anche sotto altri aspetti, più positivi. Per anni Israele ha dovuto faticare per cercare di convincere il mondo che lo stato ebraico condivide gli stessi valori delle altre democrazie occidentali. La ragione di questa difficoltà stava soprattutto nella rappresentazione calunniosa e denigratoria di Israele diffusa in modo martellante da soggetti e organizzazioni pregiudizialmente ostili, a cominciare dal movimento BDS per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni contro lo stato ebraico.

Adesso, mentre almeno metà della popolazione israeliana si sta battendo per preservare il nucleo democratico che sta al centro dell’ethos israeliano, il mondo assiste, ogni giorno in technicolor sui suoi televisori e smartphone, alla nostra democrazia in pieno funzionamento. Forse stiamo entrando in una nuova era dove l’immagine globale di Israele sarà dettata più dalla sua popolazione e meno dal suo governo. Il che potrebbe cementare la – giusta – impressione che la grande forza morale israeliana non deriva necessariamente né soltanto dal suo governo o dai suoi militari, quanto piuttosto dallo spirito del suo popolo, indipendentemente da quale coalizione abbia la maggioranza alla Knesset in un dato momento.

In tanti modi diversi, Israele davvero è come nessun altro posto al mondo. Abbiamo iniziato seguendo semplicemente il trend globale verso la destra populista. Tuttavia, con una svolta sorprendente forse dovuta a una piega di questa estrema destra iper-zelante e irragionevole, sarà Israele a mostrare come si presenta e come si sente una vera democrazia. E come resiste. Di tanti paesi nel mondo che non sono stati in grado di arginare l’ondata di tendenza autocratica, Israele potrebbe essere il modello di come lo si può fare correttamente. Questo, di per sé, metterà in luce agli occhi del mondo un Israele interamente nuovo.

(Da: YnetNews, 30.3.23)