Israele e Medio Oriente devono un grazie a Donald Trump

Per dirla con Manzoni, ragione e torto non si dividono mai con un taglio netto. Vale anche per il presidente Usa e ciò che ha fatto per Israele e la stabilità della regione

Di Ben-Dror Yemini

Ben-Dror Yemini, autore di questo articolo

C’è qualcosa non va nella reazione di svariati israeliani. Certo, Donald Trump è rozzo e maleducato, ma non dimentichiamo che quasi il 50% degli americani ha sostenuto il presidente uscente nelle elezioni della scorsa settimana, e una percentuale ancora maggiore di israeliani lo preferiva rispetto al neo eletto presidente Joe Biden. E non c’è dubbio che noi israeliani dobbiamo a Trump perlomeno una parola di gratitudine.

C’è una tendenza irritante: dal momento in cui si è capito che Biden ha vinto, la maggior parte dei mass-media israeliani si comporta come se fosse sempre stata avversa all’inquilino della Casa Bianca. Invece non si deve dimenticare che senza Trump Israele non avrebbe fatto la pace con Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Sudan. Senza di lui, gli Stati Uniti non avrebbero riconosciuto Gerusalemme come capitale ufficiale di Israele. Senza di lui, non ci sarebbe stato alcun riconoscimento della sovranità di Israele sulle alture del Golan. E naturalmente, senza l’amministrazione Trump il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu ci avrebbe condotti alla sciagurata annessione unilaterale di parti della Cisgiordania.

Non basta. E’ l’iniziativa di Trump quella che ha portato la destra israeliana a rendersi conto che ai palestinesi spetta almeno il 70% del territorio della Cisgiordania, oltre a Gaza e a porzioni di territorio israeliano, perché vi costruiscano il loro stato, rendendo realizzabile la soluzione a due stati. Nonostante tutto questo, molti si dimostrano ingrati.

“Dio benedica Trump” recita lo striscione, in questa curiosa immagine scattata a Gerusalemme all’epoca dello spostamento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv alla capitale d’Israele

L’accordo sul nucleare iraniano firmato dall’allora segretario di stato americano John Kerry e dall’allora zarina della politica estera dell’Unione Europea Federica Mogherini, l’accordo da cui Trump si è ritirato nel 2018, è quello che ha permesso all’Iran di continuare coi suoi aggressivi tentativi di dominare la regione armando Hezbollah, sviluppando missili balistici e minacciando l’esistenza stessa di Israele. Si può discutere su quale sia il modo migliore per affrontare la minaccia iraniana, ma una cosa è certa: la condiscendenza mostrata dall’Occidente, da entrambe le sponde dell’Atlantico, è stata negativa per il mondo arabo, negativa per Israele e negativa per la pace mondiale.

È vero che Biden ha ottenuto finora 76 milioni di voti, ma non dimentichiamo che Trump ne ha ottenuti 71 milioni. Fino allo scoppio della pandemia di coronavirus, Trump aveva guidato una politica economica che aveva effettivamente contribuito a ridurre le disparità nella popolazione. E se è vero che mentiva in continuazione, non è che non lo avesse mai fatto nessuno dei suoi predecessori.

Trump può e deve essere criticato per molte cose, ad esempio per il suo atteggiamento nei confronti delle donne. E poi, ammettiamolo, è piuttosto difficile applaudire un presidente che rifiuta con veemenza di riconoscere i risultati di un’elezione democratica. Ma i mass-media, specie israeliani, non dovrebbero ignorare quasi completamente ciò che di buono ha fatto Trump negli ultimi quattro anni. Non era solo un amico personale di Netanyahu, era un amico dell’intero Israele. Ecco perché, nonostante i suoi tanti e vistosi difetti, dovremmo almeno dire “grazie”.

(Da: YnetNews, 11.11.20)