Israele ha ben poche opzioni finché Gaza è in mano a terroristi senza scrupoli

Nonostante l'accordo raggiunto sui fondi del Qatar, Hamas ha nuovamente aizzato i palestinesi a violare il confine con Israele. Non ci voleva un genio per capire che ci sarebbero state violenze

Di Avi Issacharoff

Avi Issacharoff, autore di questo articolo

Anche se la reazione istintiva alle nuove violenze palestinesi di sabato al confine di Gaza, compreso il palestinese che ha sparato a bruciapelo alla testa di un agente della polizia di frontiera israeliana riducendolo in fin di vita, sarebbe quella di sferrare una risposta energica contro Hamas, c’è da dubitare che tale azione porterebbe alla calma o che avrebbe un qualsiasi altro effetto auspicabile dal punto di vista di Israele. Per ora, le opzioni che ha Israele di fronte a Hamas, il gruppo terroristico che controlla la striscia di Gaza (e che non si fa scrupolo di mandare al massacro i suoi civili nello scontro contro Israele – vedi riquadro in basso ndr) stanno tra il male e il peggio.

Per l’ennesima volta Hamas sta giocando con il fuoco. Cerca di rafforzare il suo status nelle piazze palestinesi e diffondendo il messaggio che non teme un altro scontro con Israele. Il gruppo vuole assicurarsi che i palestinesi sappiano che non ha per nulla ammorbidito la sua posizione nei confronti dello stato ebraico nonostante l’accordo raggiunto con Israele sul trasferimento dei fondi dal Qatar. D’altra parte, Hamas sa che avventurarsi adesso in un vero conflitto con Israele potrebbe costarle più di quanto è disposta a pagare, ma con la nuova leadership in carica a Gerusalemme probabilmente il gruppo terrorista non è in grado di valutare la portata che potrebbe effettivamente avere la reazione israeliana.

Il “manifestante” palestinese che ha sparato sabato attraverso la barriera di sicurezza contro i soldati schierati a difesa del confine di Israele

Solo pochi giorni prima dell’escalation di sabato, Hamas e Israele avevano raggiunto un’intesa, attraverso una serie di intermediari, sul trasferimento del denaro degli aiuti del Qatar alle famiglie bisognose della striscia di Gaza, in base a un nuovo meccanismo volto ad evitare gli indecorosi trasferimenti precedenti dentro valige piene di denaro contante. Ma nonostante l’accordo, che avrebbe dovuto placare le tensioni, Hamas ha confermato il raduno di massa sabato al confine tra Gaza e Israele, motivandolo con “l’anniversario del tentativo di incendiare la moschea di al-Aqsa”. Non ci voleva un genio per capire che la cosa sarebbe degenerata in violenze. Il riferimento era al 52esimo anniversario da quando un turista australiano cristiano diede fuoco a un pulpito dentro la moschea di al-Aqsa. Fu arrestato, processato, giudicato insano di mente e ricoverato in un ospedale psichiatrico, prima in Israele poi in Australia. Tutto ciò non ha mai fermato la propaganda palestinese. La commemorazione dell’evento appare chiaramente come un pretesto per aizzare di nuovo le folle palestinesi contro il confine con Israele.

Evidentemente Hamas voleva che i civili affrontassero le truppe, sapendo benissimo che vi sarebbero stati feriti palestinesi e forse anche feriti dalla parte dei soldati israeliani, come è puntualmente avvenuto. L’obiettivo era probabilmente quello di esercitare pressione su Israele per la ripresa degli aiuti del Qatar destinati agli stipendi dei dipendenti di Hamas, cosa non contemplata nell’intesa raggiunta la settimana scorsa.

“Manifestanti” palestinesi durante il raduno di sabato al confine con Israele

Fino a poco tempo fa, Hamas faceva affidamento sui soldi del Qatar per pagare i suoi stipendi, ma da quando Israele (dopo i combattimenti di maggio) rifiuta di permettere che i soldi vengano usati per questo scopo, il gruppo terroristico è costretto a trovare altre fonti. Hamas ha senza dubbio la possibilità di mobilitare fonti interne di finanziamento per pagare i suoi stipendi, ma non vuole farlo. Preferisce usare i soldi del Qatar per gli stipendi e utilizzare le tasse dei residenti di Gaza e altri introiti per finanziare le sue industrie militari e terroristiche. Dalla fine dell’ultima tornata di pesanti combattimenti lo scorso maggio, Hamas è impegnata a ricostituire le sue scorte di razzi e la rete di tunnel, pesantemente colpite dalla Forze di Difesa israeliane durante gli undici giorni di guerra.

Per Israele si tratta del classico dilemma: esercitare moderazione dopo la violenza subita sabato al confine significa erodere la propria deterrenza e di fatto invogliare ulteriore escalation. D’altra parte, una risposta troppo dura porterebbe alla ripresa del lancio di razzi da Gaza, a cui Israele dovrebbe reagire ritrovandosi di nuovo in un controproducente ciclo di violenze, che porterebbe a un’altra impasse. È chiaro che il nuovo governo guidato dal primo ministro Naftali Bennett e dal ministro della difesa Benny Gantz non dispone di alcuna soluzione magica di fronte al problema della striscia di Gaza controllata da un gruppo terrorista. E così, come con il precedente governo di Benjamin Netanyahu, assai probabilmente vedremo solo ripetersi lo stesso lugubre copione voluto da Hamas.

(Da: Times of Israel, 23.8.21)

Hamas non ha ufficialmente rivendicato l’aggressione che sabato ha ridotto in fin di vita l’agente della polizia di frontiera israeliana Bar’el Hadaria Shmueli, ed ha anzi cercato di sostenere tramite vari intermediari che non era coinvolta nella pianificazione dell’incidente. Ma la quantità di granate, esplosivi e armi da fuoco portate al confine dai rivoltosi mette seriamente in dubbio la versione di Hamas. Da un’indagine preliminare della polizia di frontiera risulta che, durante la manifestazione, i palestinesi hanno cercato più volte di aggredire e strappare le armi dei tiratori scelti. “Si precipitavano verso la barriera circondati da donne e bambini, mandandoli avanti in modo che non potessimo agire contro di loro”, ha detto una fonte della polizia. All’inizio della manifestazione, che ha visto la partecipazione di circa 2-3.000 persone, una forza di Hamas ha impedito alla folla di avvicinarsi a meno di cento metri dalla barriera. Ma verso le 17.30 (ora locale) gli uomini di Hamas se ne sono andati e quelli rimasti hanno permesso ad alcune centinaia di giovani di avvicinarsi alla barriera. E’ a quel punto che le forze israeliane (incaricate di impedire irruzioni attraverso il confine) si sono trovate nell’impossibilità di agire contro i giovani, che correvano verso la barriera circondati da donne e bambini. “Quando c’è un agitatore che agisce con due donne accanto e magari anche un bambino tra le braccia, la situazione diventa estremamente difficile”, ha detto una fonte della polizia.
(Da: Ha’aretz, 23.8.21)