Israele ha votato per Netanyahu e Ben-Gvir, dunque che governino

In democrazia l’elettorato ha diritto di vedere al governo i candidati votati dalla maggioranza, e la maggioranza deve garantire la tutela dei diritti di tutte le minoranze, a parole e con i fatti

Editoriale del Jerusalem Post

I leader dei partiti del blocco pro-Netanyahu. Da sinistra: Moshe Gafni, Yitzhak Goldknopf, Itamar Ben-Gvir, Bezalel Smotrich, Arye Deri, Benjamin Netanyahu (clicca per ingrandire)

Israele è andato alle urne e in modo piuttosto insolito ha preso una decisione netta: Benjamin Netanyahu. Niente giudizio sospeso, questa volta; niente pareggio, niente diatribe infinite: il paese vuole che Netanyahu torni a capo di un governo molto a destra e molto religioso. La nazione ha parlato e ora è tempo di onorare la sua decisione.

Cosa significa? Significa lasciare che Netanyahu dia vita alla sua coalizione molto di destra e molto religiosa. Questo è ciò che vuole l’elettorato, questo è ciò per cui ha votato. Non significa dire al paese, come farebbe un genitore con un bambino monello: “Hai voluto la bicicletta, adesso pedala”. Significa semplicemente riconoscere che in democrazia la volontà del popolo deve essere rispettata, e il risultato delle elezioni ha fatto conoscere in modo inequivocabile cosa desidera la maggioranza di questo paese.

Quando inizierà il processo di costruzione della coalizione, verranno sollecitate proposte volte a cooptare altri partiti – come Unità Nazionale di Benny Gantz o persino Yesh Atid di Yair Lapid – al fine di formare un governo di unità nazionale. Sebbene vi sia sempre qualcosa di confortante negli appelli all’unità – e alcuni diranno che sarebbe necessaria per “moderare” quello che si preannuncia come il governo più a destra nella storia del paese – tuttavia non è quello per cui la nazione ha votato.

Elezioni 2022 (100% dei voti scrutinati): distribuzione dei seggi per partiti e per coalizioni (clicca per ingrandire)

Non ha votato per avere Gantz come ministro della Difesa o Lapid come ministro degli esteri. Ha votato per avere al governo Netanyahu, Itamar Ben-Gvir, Bezalel Smotrich, Arye Deri e Yitzhak Goldknopf: hanno ricevuto un mandato chiaro, devono essere messi al timone. Se, più avanti in futuro, Gantz o Lapid o qualcun altro dei loro partiti deciderà di entrare nel governo, che sia. Ma adesso è il momento di onorare la scelta dell’elettorato e dargli ciò per cui ha votato.

Quando non si dà alle persone ciò per cui hanno votato, quando si dà loro qualcosa che non rientra nei patti ci si tira addosso seri problemi. Si chieda all’ex primo ministro Naftali Bennett e all’uscente “governo del cambiamento”. Qualunque cosa volesse dire il paese con il voto alle elezioni del marzo 2021, certamente non era che voleva come primo ministro Bennett, il leader di un partito che aveva preso solo sette seggi (e gli stessi elettori di Bennett in gran parte non lo volevano a capo di un governo con la sinistra e un partito arabo islamista). Eppure questo è ciò che ottenne il paese, ed è per questo che Bennett per tutto il suo breve mandato è stato tormentato dalle polemiche sulla sua legittimità. Che diritto hai di guidare il paese, gli veniva chiesto continuamente, se così poche persone hanno effettivamente votato per te? Ebbene, non è la domanda che si potrà fare al futuro governo Netanyahu, che ha ricevuto un chiaro mandato per governare.

Con quel mandato così netto, tuttavia, arrivano anche le responsabilità. E una di queste responsabilità è la necessità di rassicurare in fretta tutti quegli elettori (quasi metà del totale in termini assoluti, ma divisi e quindi perdenti ndr) che mercoledì mattina si sono svegliati con la forte sensazione di non riconoscere più il loro paese. Il primo punto all’ordine del giorno di Netanyahu e dei suoi potenziali partner di governo deve essere quello di riconoscere le paure e le preoccupazioni di molti cittadini arabi, donne, laici e della comunità LGBTQ, e placare queste paure. I partner della coalizione – guidati da un uomo che sta tornando alla guida del paese per un terzo mandato senza precedenti (Ben-Gurion, Shamir e Peres tornarono ciascuno solo per un secondo mandato) – devono mettere bene in chiaro che quei cittadini non hanno nulla da temere, che questo è anche il loro paese e che il loro modo di vivere sarà rispettato e i loro diritti tutelati.

Alcuni potrebbero obiettare che questo è un fatto scontato e che non c’è motivo di affermarlo. Sbagliato. Giustificato o meno che sia, il timore di molti è che il paese stia per compiere un’inversione di marcia su tutto ciò che concerne i diritti democratici e delle minoranze. Netanyahu deve comunicare chiaramente – e prima possibile – che ciò non accadrà.

Ha già iniziato a farlo quando, nel suo discorso di vittoria mercoledì mattina, ha affermato che, pur guidando un governo di destra, intende essere il primo ministro di tutti gli israeliani: “Destra e sinistra, ebrei e non ebrei allo stesso modo”. Un messaggio altrettanto rassicurante deve essere fatto arrivare anche agli amici di Israele nel mondo, alcuni dei quali sono molto preoccupati per l’ascesa dell’estrema destra. Anche questo ha brevemente accennato Netanyahu, durante il suo discorso, quando ha detto che “non si imbarcherà in avventure inutili”.

Le parole di Netanyahu fanno pensare che sia consapevole delle enormi sfide, interne ed estere, che lo attendono come effetto diretto dell’esito del voto del primo novembre. C’è da augurarsi sinceramente che le sue azioni rispecchino il messaggio rassicurante delle sue prime parole.

(Da: Jerusalem Post, 3.11.22)

Una scheda su cui l’elettore ha votato per il “Messia”