Israele nel mirino di al-Qaeda

Il vice di Bin Laden ha scritto ad al-Zarqawi: Vogliamo lo scontro con Israele.

Da un articolo di Dore Gold

image_1032Le notizie relative al fatto che potrebbe essere stato un commando di al-Qaeda a sparare la recente bordata di razzi Katyusha dal Libano meridionale sul nord di Israele non costituiscono certo il primo segnale dell’ingresso nella zona della rete jihadista globale.
Da qualche tempo ufficiali israeliani hanno notato che gruppi che si identificano con al-Qaeda sono determinati a stabilire teste di ponte operative nelle vicinanze dei confini di Israele. Il più tragico segnale di questo tipo di sviluppo è stato l’attentato suicida dello scorso 9 novembre in tre alberghi giordani ad Amman da parte di “al-Qaida Mesopotamia”, l’organizzazione guidata da Abu Musab al-Zarqawi, il tagliagole giordano che si è posto alla testa dei jihadisti che combattono contro gli anglo-americani in Iraq. Siti web islamisti hanno immediatamente annunciato: “Dopo l’attacco nel cuore della Giordania, sarà presto possibile raggiungere obiettivi ebraici in Israele”.
Sminuendo il valore della barriera di sicurezza israeliana, il sito web di al-Zarqawi ha dichiarato che “il muro di separazione subirà la potenza dei mujahidiyn”, intendendo che i combattenti usati in Iraq potrebbero essere impiegati anche contro Israele. Lo scorso agosto un attacco di razzi di al-Qaeda contro il porto giordano di Aqaba, sul Mar Rosso, ha colpito anche la vicina città israeliana di Eilat. Al-Zarqawi cerca di destabilizzare il Regno Hashemita di Giordania e in effetti, almeno fino a gennaio, ad Amman resta in vigore lo stato di emergenza a causa di continue segnalazioni di possibili attacchi terroristici.
Nell’ottobre 2004 la crescente presenza di al-Qaeda nel Sinai egiziano sfociò in attentati contro turisti israeliani a Taba e in altre località turistiche, seguiti da un grande attentato esplosivo contro un albergo di Sharm e-Sheikh lo scorso luglio. La presenza di al-Qaeda, che faceva base a Jabal Halal, nel Sinai centro-settentrionale, è poi servita da retrovia per l’ingresso di al-Qaeda nella striscia di Gaza dopo il ritiro di Israele.
Fino a tempi relativamente recenti Israele non figurava in cima alla lista dei bersagli prioritari di al-Qaeda e delle organizzazioni ad essa affiliate che ne hanno abbracciato l’obiettivo della jihad mondiale. Al-Qaeda si è formata in Afghanistan dopo la sconfitta dei sovietici nel 1989 ad opera di vari gruppi di mujahideen i quali, spronati dalla vittoria su una superpotenza, cercarono successivamente di portare la loro battaglia in altri teatri. Data la sua collocazione geografica, tuttavia, la prima al-Qaeda era maggiormente coinvolta nelle lotte estremiste in Chechnya, in Kashmir e contro i rivali dei Talibani afghani dell’Alleanza del Nord, più che sentirsi in guerra contro Israele.
L’ossessione di Osama Bin Laden degli anni ’90 di buttare fuori gli americani dall’Arabia Saudita fece degli Stati Uniti il suo bersaglio principale. Israele, secondo l’autorevole storico Bernard Lewis, era al massimo la terza delle priorità. Il vice di Bin Laden, Ayman al-Zawahiri, era totalmente d’accordo, stando ai suoi scritti degli anni ’90 nei quali sosteneva che la strada per Gerusalemme passava attraverso la vittoria della jihad in Algeria e in Egitto.
La prima indicazione che questo ordine di priorità iniziava a cambiare si ebbe nel novembre 2002 quando al-Qaeda realizzò un attentato esplosivo contro un albergo pieno di turisti israeliani a Mombassa, in Kenya, tentando lo stesso giorno di colpire con un missile un aereo civile israeliano delle linee Arkia in volo dal Kenya verso Israele.
Il fattore principale che sta dietro alla nuova attenzione della jihad globale verso Israele è stata la guerra in Iraq guidata da al-Zarqawi, il terrorista che vi ha creato un nuovo centro per l’estremismo armato islamista mediorientale. “Uno degli elementi più positivi di questo teatro – ha scritto al-Zarqawi nel 2004 – è che rappresenta una jihad nel cuore della terra araba”. Per al-Zarqawi la battaglia principale dell’islamismo armato deve essere combattuta qui, e non sulle montagne dell’Hindu Kush al confine fra Pakistan, India, Cina e Afghanistan. “La vera battaglia decisiva tra gli infedeli e l’islam – ha scritto – è in questa terra, cioè nella Grande Siria e nei suoi dintorni”.
In effetti al-Zarqawi ha stabilito cellule terroristiche in Siria, organizzate in un gruppo chiamato Jund al-Sham, e intrattiene legami in Libano con un gruppo locale affiliato ad al-Qaeda, chiamato Asbat al-Ansar, che fa base nel campo palestinese di Ein al-Hilweh. Come altri gruppi estremisti islamisti, egli si sente parte del vasto movimento volto a destabilizzare i regimi arabi per rimpiazzarli con un nuovo califfato.
Gli obiettivi di al-Zarqawi si sono fusi con quelli di al-Qaeda quando strinse un’alleanza con Bin Laden nell’ottobre 2004, facendo formalmente aderire la sua precedente organizzazione in Iraq, la Jama’at al-Tawhid wa al-Jihad, alla rete globale di al-Qaeda. Lo spostamento dell’attenzione di Al-Zarqawi sull’Iraq ha ricevuto la piena benedizione dalla massima dirigenza di al-Qaeda. L’11 ottobre il direttore della National Intelligence americana John D. Negroponte ha reso nota l’intercettazione di una lettera datata 9 luglio, inviata da al-Zawahiri ad al-Zarqawi in Iraq. In essa al-Zawahiri, plaudendo alla ricollocazione della jihad globale nel cuore del mondo arabo, spiegava ad al-Zarqawi le successive auspicate fasi della jihad dal punto di vista di al-Qaeda. Dopo la sconfitta degli Stati Uniti in Iraq, scriveva al-Zawahiri, al-Qaeda vuole vedere al-Zarqawi “estendere la jihad ai paesi laici vicini all’Iraq (come Giordania e Siria)”.
In effetti, in ottobre le autorità giordane vennero avvertite che addosso a un terrorista di al-Zarqawi ucciso in Iraq erano stati trovati documenti da cui emergeva che erano già stati impartiti ordini nel senso di penetrare in quei paesi. Ma la strategia raccomandata da al-Zawahiri non si fermava lì: nella prossima fase, scriveva il vice di Bin Laden, al-Qaeda prevede “lo scontro con Israele”.

(Da: Jerusalem Post, 30.12.05)

Nella foto in alto: L’hotel Paradise di Mombasa colpito dall’attentato anti-israeliano di al-Qaeda del novembre 2002