Israele non ha bisogno della benevolenza di Hamas

Israele non deve chiedere il permesso di nessuno per esistere.

Da un articolo di Yoel Marcus

image_1079Un giorno Yaakov Herzog, intellettuale e diplomatico israeliano che fu anche uno stretto collaboratore di Golda Meir, venne invitato dalla BCC a partecipare a un dibattito. Tema: fino a quando sopravvivrà Israele? Herzog declinò l’invito con una sferzante lettera di risposta in cui diceva che sarebbe stato lieto di partecipare invece a un dibattito sul tema: fino a quando sopravvivrà l’Impero Britannico? L’aneddoto, vecchio di anni, è improvvisamente tornato d’attualità da quando Hamas ha vinto le elezioni nell’Autorità Palestinese.
Una vittoria che non è quello che avevano in mente americani ed europei quando chiedevano democrazia dall’Autorità Palestinese. Hamas è una banda di islamisti jihadisti sanguinari la cui Carta fondamentale invoca esplicitamente la liquidazione di Israele. Hamas non solo rifiuta di negoziare con Israele in qualunque fase o circostanza, ma rifiuta di riconoscerne la stessa esistenza.
La sorprendente vittoria elettorale di Hamas è un calcio nei denti per tutti coloro che speravano in un accordo di pace. Ora il presidente Bush e i leader europei dicono che Hamas, se vuole entrare nel governo palestinese, deve riconoscere il diritto di Israele ad esistere. Ora, l’idea stessa che il mondo intero stia pregando in ginocchio che un’organizzazione Corano-centrica come Hamas, i cui obiettivi vengono perseguiti praticando sistematicamente la strage di ebrei, si degni di riconoscere il diritto di Israele ad esistere, è in se stessa insultante. Israele è il solo stato in tutto il mondo che, pur essendo sulla mappa geografica da cinquantotto anni, non ha ancora confini definitivi e riconosciuti. La nascita di Israele fu proclamata nel maggio 1948 in forza del piano di spartizione dell’Onu, proposta rifiutata dagli arabi. Da allora fino ad oggi gli arabi hanno continuato a pagare le disgraziate conseguenze di quella scelta. Dopo meno di un giorno dalla dichiarazione di indipendenza di Israele, le due superpotenze globali lo avevano riconosciuto. Un anno dopo veniva accolto come stato membro delle Nazioni Unite, il 51esimo su un totale, oggi, di 190. Con 170 di questi stati, Israele intrattiene normali rapporti diplomatici.
Ciò nondimeno Israele è l’unica democrazia al mondo che, fin dal giorno della sua nascita, ha dovuto combattere per difendere la propria sicurezza nazionale e per essere riconosciuta una volta per tutte. È frustrante e irritante vedere dei regimi fanatici e retrogradi proclamare che Israele, una delle democrazie più stabili e progressive al mondo, non avrebbe diritto di esistere. Non è stato il presidente iraniano ad inventare l’idea di rispedire gli ebrei d’Israele in Europa da dove sono venuti. Ahmed Shukeiry, primo segretario generale dell’Olp, diceva molto di peggio nelle sue rabbiose interviste a Radio Cairo prima della guerra dei sei giorni.
Israele non deve chiedere il permesso di nessuno per esistere. Certamente non quello di certe società primitive e fondamentaliste che gli stanno attorno. Israele è considerato uno dei paesi al mondo più forti, più stabili, più tecnologicamente avanzati, non ultimo per la sua posizione sulla lista delle potenze nucleari. Dunque, chi è esattamente che pensa di distruggerci? Hamas? Hezbollah? La Jihad Islamica? Perché mai Israele dovrebbe trovarsi nelle condizioni di supplicare il riconoscimento da parte degli arabi?
Sono molti coloro che si levano il cappello davanti a una nazione che ha combattuto per decenni guerre e terrorismo riuscendo nonostante tutto a conseguire incredibili risultati in ogni campo. Quando ha trovato degli interlocutori validi e affidabili, Israele ha saputo fare la “pace dei coraggiosi” anche con i suoi più fieri nemici, sebbene dovesse accettare di fare concessioni estremamente costose. Gli israeliani hanno resistito con ammirevole coraggio di fronte agli attentati suicidi e altri orrendi atti di terrorismo perpetrati da estremisti islamisti, sapendo trovare dopo ogni strage la forza psicologica per tornare a condurre una vita normale.
La vittoria di Hamas è, prima di tutto, un problema per gli stessi palestinesi. Proprio adesso, quando in Israele sta prendendo forma un sistema politico che ha abbastanza peso elettorale per arrivare a un accordo, sarebbe folle per i palestinesi distruggere ancora una volta le loro chance a causa dell’ascesa di una fazione fanatica che non è disposta ad accettare l’esistenza di Israele, e nemmeno a parlargli. Oscillando tra una forma o l’altra di fondamentalismo, i palestinesi da decenni continuano a pagare il prezzo della loro intransigenza, del loro estremismo politico, dei loro tragici errori.
Noi israeliani continueremo a vivere e svilupparci anche senza il riconoscimento di Hamas. Non abbiamo bisogno della loro benevolenza.

(Da: Ha’aretz, 31.01.06)

Nell’immagine in alto: Il logo di Hamas (dove campeggia, sopra le spade incrociate e la Cupola della Roccia, la mappa della “Palestina una, araba e islamica” dal Giordano al mare)