Israele plaude all’iniziativa di pace araba

Ma non può accettare “diritto al ritorno” e predeterminazione dei confini

Da un comunicato del ministero degli esteri israeliano

image_1704Nel 1947 – si legge in un comunicato del ministero degli esteri israeliano – il desiderio della comunità ebraica nel Mandato Britannico di creare un proprio stato pacifico e democratico la spinse ad accettare la Risoluzione Onu 181 che prevedeva la spartizione del paese in due stati, uno ebraico e uno arabo, che vivessero fianco a fianco nella pace e nella sicurezza. Oggi, nonostante abbia dovuto combattere per sei decenni per difendere la propria esistenza, l’obiettivo di Israele rimane il raggiungimento di una pace autentica con tutti i suoi vicini.
Israele non ha alcun desiderio di controllare la vita dei palestinesi, quello che vuole fare è solo difendere i propri cittadini. Quando i terroristi palestinesi colpiscono cittadini israeliani, non solo colpiscono le aspirazioni nazionali degli israeliani, ma procurano morte e tragedie al loro stesso popolo allontanando la possibilità di realizzare le aspirazioni nazionali palestinesi.
È necessario che il terrorismo venga ripudiato da tutti coloro che condividono una moderata visione di pace in tutta la regione: una visione che può essere realizzata attraverso la creazione di uno stato palestinese che sia stabile, prospero e pacifico, uno stato che dia risposta alle rivendicazioni nazionali del popolo palestinese in Cisgiordania, nella striscia di Gaza e altrove.
In Medio Oriente l’immobilità porta alla violenza. La politica di Israele è quella di trovare un comune denominatore coi palestinesi che permetta di progredire garantendo nello stesso tempo un orizzonte politico ai palestinesi e la sicurezza agli israeliani.
Pur cercando di evitare l’immobilismo, la comunità internazionale insiste che la strada verso l’indipendenza palestinese deve includere l’approvazione dei tre principi del Quartetto (Usa, Ue, Russia, Onu), e cioè: riconoscimento di Israele, ripudio del terrorismo, accettazione dei precedenti accordi e impegni israelo-palestinesi.
Alla luce del violento scontro all’interno dell’Autorità Palestinese fra la componente che fa capo a Fatah, che accetta i principi del Quartetto, e il governo guidato da Hamas che tuttora si oppone all’esistenza stessa di Israele, diventa essenziale il sostegno del mondo musulmano e delle forze moderate sulla scena internazionale.
I gruppi terroristici di Hezbollah, al-Qaeda e Hamas, e gli stati che si fondano sull’estremismo islamista come l’Iran, minacciano non solo Israele ma il mondo intero in uno scontro globale fra estremisti e moderati. Bisogna al contempo combattere gli estremisti, da una parte, e coinvolgere e rafforzare i moderati dall’altra. Israele continuerà a mantenere aperto il dialogo con i moderati nell’Autorità Palestinese e cercherà di sviluppare un analogo dialogo con i moderati nel mondo arabo.
Gli stati arabi hanno un ruolo particolarmente importante da svolgere. I moderati sul versante palestinese hanno bisogno del sostegno pan-arabo per poter fare quei compromessi che un accordo finale con Israele necessariamente comporta. Gli arabi moderati possono dunque agire da catalizzatori della riconciliazione israelo-palestinese.
Per questo – continua il comunicato di Gerusalemme – Israele considera positivamente la recente iniziativa avanzata dall’Arabia Saudita, come veicolo per un’azione congiunta israelo-araba che sia volta a promuovere il processo di pace. Si tratta di uno sviluppo importante che Israele vede con favore, ed è pronto a impegnarsi in un dialogo con gli stati arabi per farlo progredire.
L’iniziativa della Lega Araba è positiva là dove invoca la normalizzazione dei rapporti con Israele. Tuttavia essa contiene anche alcuni aspetti problematici come l’insistenza sul “diritto al ritorno” dei palestinesi e la predeterminazione dei confini. Bisogna che sia ben chiaro che la creazione di uno stato palestinese dovrà essere la risposta alla rivendicazione palestinese del “ritorno”, così come la creazione di Israele ha dato risposta alla storica aspirazione del popolo ebraico a tornare nella terra patria. Allo stesso modo, deve essere ben chiaro che le linee di cessate il fuoco in vigore fino al giugno 1967 non erano confini permanenti, e che non v’era continuità territoriale fra striscia di Gaza e la Cisgiordania. L’insistenza della Lega Araba su profughi e territorio rivela un desiderio non realistico di ottenere più di quello che c’era nel 1967.
Nel suo incontro dello scorso 10 maggio al Cairo con il ministro degli esteri egiziano Ahmed Abul Gheit e quello giordano Abdul Ilah Khatib, il ministro degli esteri israeliano Tzipi Livni ha ribadito che i paesi arabi potrebbero “svolgere un ruolo importante” nell’aiutare Israele e palestinesi e fare la pace. “Come tutti i moderati della regione – ha detto – condividiamo lo stesso obiettivo di due stati che vivano fianco a fianco in pace. Vi sono alcune nuove opportunità nella consapevolezza del mondo arabo della necessità di sostenere il processo di pace”.
Tuttavia – conclude il comunicato del ministero degli esteri israeliano – Il conflitto non potrà essere avviato a soluzione finché persistono le violenze. Israele incoraggia gli autentici moderati del mondo islamico a premere sulla leadership palestinese affinché cessi l’uso della violenza e onori i suoi impegni, permettendo che emerga una prospettiva di pace sull’orizzonte politico.

(Da: MFA, 15.05.07)

Nella foto in alto: il ministro degli esteri israeliano Tzipi Livni