Israele sotto i razzi del terrorismo

Foto e filmati che difficilmente vedrete sui grandi mass-media

«I terroristi stanno cercando di uccidere mio figlio. Non solo il mio, ma milioni di figli in tutta Israele. Questo è il messaggio di fondo che i mass-media dovrebbero veicolare. Se vostro figlio vi stesse chiamando da un rifugio antiaereo e sentiste in sottofondo la sirena dell’allarme e bambini che piangono, come vi sentireste? Come vorreste che reagisse il vostro governo contro coloro che non hanno mai smesso di bombardare ogni parte del vostro paese con missili, razzi e colpi di mortaio? I mass-media mostrano senza tregua un repertorio di immagini di bombe e vittime a Gaza. Forse perché le immagini di bambini israeliani accucciati in un rifugio antiaereo non fanno audience. E così, dai mass-media passa l’idea che Israele debba essere condannato per un uso “sproporzionato” della forza. Ma se qualcuno stesse cercando di uccidere tuo figlio, non vorresti che il tuo governo prendesse tutte le misure necessarie per porre fine alla minaccia e ai bombardamenti? E non saresti meravigliato e orgoglioso del fatto che il tuo governo fa tutto il possibile non solo per mettere in salvo tuo figlio, ma anche per evitare di colpire i figli del tuo nemico? Ma questo non è quello che si vede nei mass-media, quegli stessi mass-media che plasmano l’opinione pubblica. E l’opinione pubblica può limitare molto le opzioni di difesa di Israele». (Da un messaggio di Honest Reporting, 15.7.14)

Missili sulla vostra città? Per voi è una cosa surreale. Per Israele è la realtà:

 Ha scritto Simon Cobbs, su Times of Israel: «Forse il mondo si sentirebbe meglio se un po’ di israeliani si lasciassero ammazzare giusto per pareggiare i conti. Forse Israele dovrebbe semplicemente spegnere il sistema anti-missile “Cupola di ferro” in modo che Hamas possa avere maggiori possibilità di uccidere un po’ di civili israeliani. O forse Israele dovrebbe semplicemente arrendersi. Di sicuro sarebbe un’ottima “soluzione finale” per i sei milioni di ebrei che vivono in Israele» (Da: Times of Israel, 15.7.14)

Sotto i razzi ad Ashdod:

Allarme razzi in piscina:

Allarme razzi durante la festa di nozze:

Una casa colpita a Be’er Sheva venerdì scorso da un razzo palestinese, due feriti tra cui una donna di 81 anni ricoverata d’urgenza al Centro Medico Soroka:

Razzi su Eilat la sera di lunedì scorso:

 

Quanto tempo hanno gli israeliani per raggiungere un luogo protetto quando suona l’allarme? Dipende da dove si trovano. La mappa qui accanto indica in rosso le zone dove si hanno da zero a 15 secondi di tempo per mettersi al sicuro.

Questo video illustrativo ne dà un’idea concreta. Immaginate una persona qualunque, per esempio una donna anziana, che sta solo cercando di vivere la propria vita. Ma i terroristi sparano continuamente razzi sulla sua città. Immaginate che sia nella sua cucina a preparare la cena. Quando suona la sirena ha solo quindici secondi di tempo per arrivare al rifugio. Anche se il rifugio è nel seminterrato e lei vive al secondo o terzo o quarto piano, i secondi sono solo quindici. Questa è la realtà che gli uomini e le donne che vivono in Israele (e non solo nel sud) affrontano ogni giorno, a volte dieci volte al giorno.

 

Su molti mass-media e social network viene di fatto negato a Israele il diritto di difendere i propri cittadini. In molti ambienti si è creata la paradossale situazione per cui Hamas, l’aggressore, viene ritratto come la vittima, mentre Israele viene giudicato colpevole di subire poche vittime. Cioè colpevole di difendersi. Colpevole d’aver investito grandi risorse umane e finanziarie per mettere a punto un efficiente sistema di allarme (sirene, messaggi radio-tv, sms, app); per dotare ogni casa, scuola, ospedale di “stanze e aree protette” dove il rischio è più contenuto; per sviluppare un (costosissimo) sistema anti-missile chiamato “Cupola di ferro” che in pochi secondi calcola la traiettoria dei razzi palestinesi e spara missili intercettori solo quando il razzo è sul punto di abbattersi su grandi aree popolate. Sono questi i fattori che spiegano il numero relativamente contenuto di vittime israeliane negli ultimi anni (dal 2001, circa 70 civili uccisi da razzi palestinesi), nonostante il fuoco da Gaza sia sempre sistematicamente diretto contro la popolazione civile. In questo video diffuso martedì dall’organizzazione Keren Hayesod, un breve incontro con Daniel Gold, l’uomo che ha guidato lo sviluppo del sistema “Cupola di ferro”:

Traduzione: «Nei giorni scorsi il sistema difensivo “Cupola di ferro” ha salvato la vita a innumerevoli civili israeliani. Questo è l’uomo a cui tanti israeliani devono la propria vita. “Il mio nome è Daniel Gold. Sono nato in Israele. I miei genitori sono ungheresi sopravvissuti alla Shoà, dove hanno perso gran parte delle loro famiglie. Può darsi che le tante sciagure che il nostro popolo ha subito abbiano influenzato la mia spinta interiore per la sopravvivenza: ad ogni costo. Cupola di ferro è unico per il fatto che si vedono i civili che vengono salvati: sono proprio lì e vengono dai soldati [che manovrano il sistema] a ringraziarli. Lo sviluppo non si ferma mai, guardiamo sempre in avanti. Con il lavoro continuo ci garantiremo di essere sempre un passo avanti al nemico”.»

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