Israele sulla buona strada nella lotta al coronavirus

Nonostante le beghe di governo, alcune comunità riottose, le dicerie e soprattutto le sofferenze psicologiche ed economiche, Israele ha dimostrato che può essere uno dei paesi leader in questa battaglia

Editoriale del Jerusalem Post

Israeliani nel mercato Mahane Yehuda, a Gerusalemme, al tempo del coronavirus

Israele sta vaccinando la propria popolazione contro il covid-19 e ha svolto un lavoro senza precedenti nel reperire vaccini e portarli nel paese, diventando uno dei primi paesi che sembra avviato sulla buona strada per frenare la pandemia mediante la vaccinazione.

E’ una buona notizia e se ne deve dare atto al governo del primo ministro Benjamin Netanyahu e del primo ministro vicario Benny Gantz. Hanno fatto la cosa giusta e – insieme alla società israeliana, alle Forze di Difesa, al Ministero della salute e ad altri, primi fra tutti gli sforzi straordinari del personale medico di questo paese – meritano il nostro ringraziamento.

Israele ha attraversato un anno molto difficile e non ne siamo ancora fuori. Il morbo covid-19 è ancora una grave minaccia e le segnalazioni di un nuovo ceppo del virus nel Regno Unito, in Danimarca e in Sud Africa, che hanno causato la chiusura delle frontiere in tutta Europa, dimostrano che permane una grande incertezza.

Tuttavia, abbiamo cercato di trovare un equilibrio tra la necessità di combattere l’emergenza sanitaria e quella di mantenere aperti e funzionanti alcuni dei nostri servizi. Non è stato facile. Molte persone non hanno potuto spostarsi durante le festività, sono rimaste separate dalle famiglie, non hanno potuto celebrare matrimoni, ricorrenze e persino funerali. Le nostre vite sono state sconvolte. I titolari di piccole imprese, i lavoratori autonomi, l’industria del turismo e molti altri sono stati colpiti in modo durissimo e in una certa misura addirittura messi al tappeto.

Un cittadino ebreo israeliano ultrasessantenne riceve la vaccinazione anti-coronavirus da un’infermiera musulmana israeliana presso il centro Meuhedet, a Gerusalemme

Avremmo potuto fare meglio, ma è sempre facile dirlo col senno di poi. Abbiamo messo in campo una risposta, siamo passati attraverso diverse fasi e ora eccoci qui, costituiti come siamo da una varietà di comunità diverse e complicate. Non abbiamo dubbi che i cosiddetti “zar” del covid-19 come Ronni Gamzu, Nachman Ash, Moshe Bar Simon Tov e Chezy Levy hanno fatto del loro meglio per fermare il virus e alleviare il dolore e la sofferenza degli israeliani. Il governo è stato troppo spesso troppo azzoppato e tormentato da beghe politiche, un problema che probabilmente non si poteva evitare avendo un primo ministro sotto processo. Tuttavia, il messaggio lanciato da Netanyahu e dal presidente Reuven Rivlin facendosi subito vaccinare è fondamentale per contrastare coloro che non vogliono farlo o, peggio, diffondono dicerie e false cospirazioni.

Siamo di fronte a una testimonianza delle nostre capacità. Abbiamo dimostrato che Israele può essere uno dei paesi leader in questa battaglia. Sebbene alcune comunità non si siano conformate e ancora non si conformino alle linee guida, gran parte del paese ha mostrato coesione sociale. Non abbiamo lasciato che pregiudizi, maldicenze e ostilità avessero la meglio su di noi.

Ora dobbiamo affrontare nuovi rigori giacché il governo ha deciso di vietare l’ingresso in Israele di tutti i non cittadini e di chiedere a tutti i cittadini che rientrano di restare in quarantena negli appositi hotel, poiché il nuovo ceppo di coronavirus suscita serie preoccupazioni. La decisione entrerà in vigore mercoledì. Se gli hotel esauriranno le camere, il Ministero della salute inizierà a reperire altre strutture o chiederà alla gente di rimanere in quarantena dentro casa. Con quasi tremila contagi al giorno siamo già nel mezzo di una nuova grave ondata della pandemia. E’ imperativo tenerla sotto controllo. La nostra breve libertà di recarci nei parchi e nei centri commerciali potrebbe preso finire. Non abbiamo frequentato ristoranti per la maggior parte dell’anno passato, e ci sono persone non ricordano più come ci si sente in un cinema, a un concerto o a teatro.

L’avvio della campagna di vaccinazione è una benedizione, ma non possiamo sederci sugli allori. Gli israeliani devono continuare a mantenere le distanze, indossare mascherine e non assembrarsi ai matrimoni o in altri raduni. Dobbiamo mantenere la vigilanza. “Dalla riunione di ieri sera, la mutazione si è diffusa in molti paesi – ha detto Ash, attuale commissario per il coronavirus – Dobbiamo ridurre il più possibile la massa virale che entra nel paese. Al momento stiamo esaminando in Inghilterra che cos’è esattamente questo virus mutato, se è resistente al vaccino e altre questioni”. L’incertezza causata dal coronavirus rimarrà per un bel po’ di tempo. Ma andremo avanti. Perché siamo Israele. E affrontiamo questa cosa insieme.

(Da: Jerusalem Post, 22.12.20)