L’11 settembre francese

Le vignette sono un pretesto, l’obiettivo è distruggere la libertà. E gli ebrei, al solito, hanno fatto da cartina di tornasole

Scrive Boaz Bismuth: «La domanda non era se, la domanda era quando. Alla fine i terroristi islamisti hanno scelto il 7 gennaio 2015 come il giorno in cui avrebbero colpito Parigi. La redazione della rivista satirica Charlie Hebdo, un simbolo della libertà in generale e in particolare della libertà di espressione nella patria dei diritti umani, è stata scelta come bersaglio per un atto terroristico spietato, messo a segno da tre aggressori mascherati, armati e addestrati. Un evento che non ha scioccato solo la Francia, ma l’intero mondo occidentale. C’è qualcosa di nuovo in Occidente e si chiama jihad. E’ tragico che i francesi non abbiano potuto prevenire qualcosa che era abbastanza prevedibile. Ed è spaventoso che le immagini che siamo abituati a vedere in Siria e Iraq si siano viste mercoledì nel centro di Parigi. Parigi ha avuto il suo 11 settembre, come l’ebbero Madrid l’11 marzo 2004 e Londra il 7 luglio 2005. I jihadisti si sono attribuiti licenza di uccidere nel cuore dell’occidente. Il controllo dei passaporti, detto per inciso, serve a ben poco: come un cavallo di Troia, la jihad è già profondamente radicata dentro l’Europa, a Parigi, a Bruxelles, a Madrid. Nell’era del politicamente corretto in cui viviamo, guai a coloro che osano chiamare le cose col loro nome. Il denominatore comune di tutti i grandi attentati terroristici dei tempi recenti è l’islamismo estremista. Mercoledì scorso, nell’XI arrondissement di Parigi, tre terroristi hanno ucciso nel nome di Allah per vendicare il profeta Maometto. La rivista Charlie Hebdo aveva osato irridere l’islam e il profeta Maometto, proprio come aveva deriso tutte le religioni. Nei loro disegni, i vignettisti di Charlie Hebdo prevedevano il pericolo. Semplicemente non si rendevano conto di trovarsi in prima linea. A differenza dei quattro attentati terroristici che hanno avuto luogo in Francia prima di Natale, questa volta il governo francese ha subito parlato di attacco terroristico, e non del gesto di qualche individuo squilibrato. La questione è che cosa succederà adesso. Gli umanisti occidentali amano attribuire la popolarità dell’islamismo estremista a problemi socio-economici. E il terrorismo islamista? Durante i suoi primi mesi in carica, il presidente americano Barack Obama cercò di cancellare questo termine, per non offendere i musulmani. I leader europei hanno agito in modo simile. Nel tentativo di diminuire la paura, abbassare le tensioni, placare i migranti e non dare spazio ai partiti di estrema destra, l’Occidente in generale ha scelto di guardare da un’altra parte. Chi aveva il coraggio di parlare della minaccia posta dal terrorismo islamista si sentiva dare del paranoico. Dopo l’attacco terroristico di mercoledì a Parigi questa illusione sarà finalmente andata in frantumi? Non è detto. Nella battaglia di Poitiers dell’anno 732, Carlo Martello riuscì a contrastare l’invasione musulmana dell’Europa. Nel 2015 un successo analogo è tutt’altro che scontato». (Da: Israel HaYom, 8.1.15)

"Stai attento, potrebbero avere delle penne"

“Stai attento, potrebbero avere delle penne”

Scrive Heddy Abramowitz: «Come è possibile che delle vignette spingano qualcuno a uccidere in nome della religione? Si può forse sostenere che la rivista satirica Charlie Hebdo sia stata irresponsabile stampando immagini percepite come una mancanza di rispetto verso l’islam? Le vittime se la sono forse cercata? Una cosa che ho imparato vivendo in Israele è che se qualcuno vuole incutere terrore, il pretesto lo trova sempre. Se vogliono terrorizzarti lo faranno comunque, e la “giustificazione logica” che accamperanno, in questo caso le vignette, non è che uno specchietto per le allodole destinato a ingannare coloro che vogliono ad ogni costo “giustificare”. Ormai è abbastanza chiaro a tutti che non fu la passeggiata di Ariel Sharon sul Monte del Tempio ad avviare l’intifada delle stragi. Così come è chiaro che gli attentati suicidi non hanno nulla a che fare con il negoziato su questo o quel chilometro del futuro confine d’Israele, e i razzi lanciati da Gaza non hanno nulla a che fare con cento metri in più o in meno di diritto di pesca davanti a Gaza. Non c’è possibilità di equivoco: il punto è l’aggressione violenta. Incolpare la vittima è un comodo mezzo per offuscare il fatto che il violento è colui che sceglie di essere violento. I vignettisti di Charlie Hebdo sono responsabili dell’aggressine che hanno subito quanto le donne coi tacchi alti sono responsabili d’essere violentate. Il pogrom della Notte dei Cristalli fu scatenato col pretesto di un omicidio. Anche le vignette offensive sono un pretesto. Il terrorismo fa esattamente quello che vuole fare: terrorizzare. Costringe chiunque abbia una penna in mano o sia davanti a un computer, chiunque partecipi ai social network, a pensarci due volte, a misurare le parole, a mettere la sordina, a ripensare a quei sicari sottoforma di devoti musulmani prima di mettere una firma, scegliere una parola, selezionare un’immagine, decidere quale storia pubblicare. Seminare paura e intimidazione funziona. Già sappiamo che le notizie che arrivavano dalla guerra di Gaza erano distorte. C’erano intimidazioni e minacce verso i giornalisti. L’illuminante articolo del giornalista Matti Friedman ha messo in luce solo la punta dell’iceberg. Si inizia con le intimidazioni violente contro i giornalisti, ma non finisce lì. Questo bisogna capire bene, che qui il punto non sono le vignette. Il punto è la paura. Le vignette sono il pretesto. L’obiettivo è distruggere la libertà». (Da: Times of Israel, 8.1.15)

Gradite prego resposnabilmente questa vignetta politicamente corretta

“Gradite, prego, responsabilmente questa vignetta culturalmente, etnicamente, religiosamente e politicamente corretta. Grazie”

Scrive Dan Margalit: «La storia ci insegna che molti dei guai dell’umanità iniziano investendo gli ebrei. Il tragico attentato a Parigi dimostra che la storia si ripete. Gli ebrei sono la cartina di tornasole. La velenosa droga prediletta da questo genere di assassini – in passato i nazisti, oggi i musulmani estremisti – è il sogno di schiavizzare tutta l’umanità, schiacciando libertà e dignità umana. Un sacco di gente, in Francia e altrove, amava credere che i terroristi dell’ISIS e di al-Qaida se la sarebbero presa solo con obiettivi come la scuola ebraica di Tolosa o il museo ebraico di Bruxelles. Evidentemente non è così. In realtà l’islamismo estremista ce l’ha a morte con la cultura e la civiltà occidentale, con il cristianesimo e, naturalmente, con gli ebrei. Ha fatto bene il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ad affermare che “tutti i paesi liberi e tutte le società civili devono unirsi per combattere questo flagello”. Ma difficilmente accadrà, perché ci saranno sempre delle nazioni e delle persone convinte di potersi garantire un po’ di pace sacrificando gli ebrei. Probabilmente anche oggi, all’indomani dell’attentato di Parigi, molti in Francia e in Occidente sarebbero ancora pronti a sostenere che, se solo in Francia non ci fossero gli ebrei, le tensioni con gli islamisti estremisti non sarebbero così pericolose. E se non ci fossero gli ebrei in Medio Oriente, ancora meglio. Una tragica illusione». (Da: Israel HaYom, 8.1.15)

"E' stato lui a disegnare per primo"

“E’ stato lui a disegnare per primo”

Scrive Ben-Dror Yemini: «”Non tutti i musulmani sono terroristi, ma quasi tutti i terroristi sono musulmani”. Lo ha scritto sul quotidiano pan-arabo Asharq al-Awsat Abdulrahman al-Rashed, l’ex direttore generale del canale tv Al-Arabiya. Questo è, in sintesi, il grande dilemma dell’Europa. Milioni di musulmani non hanno nulla a che fare con il terrorismo, ma stando alle inchieste centinaia di migliaia di loro sostengono la jihad, gli attentati suicidi e perfino lo “Stato Islamico”. Migliaia di loro si uniscono attivamente alla jihad globale. E ce ne sono alcuni che compiono attentati terroristici in Francia. Cosa può fare l’Europa? La comunità musulmana di Drancy, un sobborgo di Parigi a meno di 30 minuti di auto dal luogo dell’attacco di mercoledì, è guidata dall’imam Hassan Chalghoumi, che si batte contro ogni espressione di estremismo. Negli ultimi anni ha più volte messo in guardia contro ciò che sta accadendo nelle moschee in Francia. Il Consiglio Musulmano francese lo ha ostracizzato. Tutti i suoi appelli all’establishment francese sono stati respinti. Deve andare in giro con le guardie del corpo a seguito di una serie di tentativi di aggressione a lui e ai suoi familiari. L’attentato di Parigi era un attentato preannunciato. I jihadisti avevano già preso di mira il giornale satirico Charlie Hebdo e avevano detto che l’avrebbero rifatto. Lo hanno detto e lo hanno fatto. Un attacco doloroso, che va al cuore della Francia libera. La rivista presa di mira non è certo il giornale più famoso o più diffuso del paese, ma era in prima linea nella battaglia per la libertà di espressione e aveva messo in chiaro che non avrebbe ceduto alle minacce. Sarebbe ben triste vedere l’estrema destra, solitamente razzista e antisemita, guadagnare forza politica come risultato di questo attacco. Sarebbe invece incoraggiante se il mondo libero iniziasse a prendere sul serio i musulmani dalla scuola di Chalghoumi mostrando loro più simpatia. Non abbiamo alcun bisogno di islamofobia, abbiamo bisogno di jihadofobia». (Da: YnetNews, 8.1.15)