La bimba palestinese che vive in un ospedale israeliano

La piccola Lian, nata a Gaza, è in cura al Rambam di Haifa da quando aveva sette mesi di vita

Di Edna Abramson

La piccola Lian fra la madre Maisa e il padre Khaled

La piccola Lian fra la madre Maisa e il padre Khaled

Corridoi e corsie del Rambam Medical Center sono l’unica casa che Lian Barham abbia mai conosciuto. La piccola palestinese di 2 anni è nata a 200 km di distanza, a Gaza, ma dall’età di sette mesi la sorridente bambina vive a nell’ospedale di Haifa.

Lian soffre di una rara malattia genetica che nessuno è in grado di trattare nell’enclave costiera controllata da Hamas. Senza il trattamento in Israele la sua aspettativa di vita sarebbe stata notevolmente ridotta, e la sua vita sarebbe stata una storia di infelicità e di dolore.

“All’età di sette mesi Lian ha avuto problemi respiratori – racconta la madre Maisa a YnetNews – I controlli rilevarono che aveva anche problemi ai reni e che le sue condizioni erano gravi”. La madre spiega come sono arrivati in Israele. “A Gaza non c’era un trattamento appropriato, per cui ci hanno indirizzati a un ospedale israeliano. Lian è stata presa in carico dal Rambam e così da allora siamo qui”. Il complicato trattamento spesso non è disponibile per bambini dell’età di Lian. “Aveva bisogno di dialisi, che negli ospedali di Gaza non praticano a bambini della sua età perché non hanno l’attrezzatura adeguata – continua Maisa – Così si è deciso che saremmo riamasti qui fino a quando fosse cresciuta abbastanza da potersi sottoporre a trapianto di fegato e reni”.

Quando Lian è arrivata in Israele, affetta da insufficienza renale terminale, pesava a malapena 5 kg e mezzo a causa della ossalosi, una malattia genetica che colpisce la capacità del fegato di produrre un certa enzima, causando un accumulo di calcoli renali. “Quando Lian è venuta da noi – dice la dottoressa Daniela Magen, capo del dipartimento di nefrologia pediatrica dell’ospedale – i suoi reni non funzionavano per nulla e aveva urgente bisogno di dialisi. La sua malattia genetica richiede un trattamento di emodialisi che si pratica attraverso il sangue e non il ventre”. Magen spiega il motivo per cui Lian è in cura in Israele: “Anche se a Gaza possono fare la dialisi peritoneale, non possono fare emodialisi per un bambino di queste dimensioni: non vi sono adeguate conoscenze e attrezzature. Da noi Lian fa la dialisi sei volte la settimana. Praticamente l’abbiamo cresciuta qui”.

Una veduta di Haifa dalle finestre del Rambam Medical Center

Una veduta di Haifa dalle finestre del Rambam Medical Center

Da un anno e mezzo i suoi genitori dormono al suo capezzale. Maisa , la madre di 26, e Khaled, il padre di 30, hanno dovuto lasciare il lavoro e la famiglia allargata per dedicarsi alle cure della piccola. Da allora Maisa ha imparato l’ebraico e Lian ha fatto amicizia con altri bambini nel reparto, sia ebrei che arabi. “E’ stata dura – dice Maisa – il distacco dalla famiglia e dagli amici, ma non ho scelta: si tratta di mia figlia”. La coppia di Gaza non è rimasta isolata, durante la loro permanenza a Haifa. “Qui abbiamo incontrato un sacco di nuovi amici che ci aiutano: ebrei, musulmani e cristiani che vengono a farci visita e che ogni tanto ci ospitano per Shabbat e per le festività”.

Poiché nessuno dei due genitori ha potuto lavorare durante il periodo del loro soggiorno in Israele, l’Autorità Palestinese ha trasferito dei fondi alla famiglia. Hanno anche ricevuto delle donazioni da Israele nell’ordine di mezzo milione di shekel (circa 100mila euro), stando a quanto riferiscono i genitori di Lian.

La malattia genetica della piccola è estremamente rara, con un tasso di incidenza globale di uno su un milione; ma in Medio Oriente, compresi Israele e Autorità Palestinese, la malattia è un po’ più comune. “Il Medio Oriente ha la più alta concentrazione al mondo di questa malattia – spiega la dottoressa Magen – perché alcune popolazioni accettano la pratica del matrimonio tra consanguinei. Riceviamo parecchi pazienti affetti da questa malattia, anche da Jenin” (che è a una sessantina di km da Haifa).

L’unico modo per curare Lian è un trapianto combinato di fegato e reni. Ma Lian deve aspettare. “Possiamo eseguire il trapianto solo quando il paziente ha superato i 10 chili”. Il mese scorso la piccola Lian ha avuto un trapianto di fegato, donato dalla madre. Fra sei mesi riceverà un rene dal padre. Metà della spesa per i trapianti è stata coperta dall’Autorità Palestinese, l’altra metà è stata divisa tra varie fonti. Il Rambam Medical Center ha contribuito attraverso il Centro di Amicizia israelo-palestinese “Joan e Sanford I. Weill” e l’Associazione Amici Americani del Rambam Medical Center, mentre un popolare comico arabo-israeliano ha aiutato a raccogliere altri fondi attraverso un tour di beneficenza. (Da: YnetNews, 14.3.14)

A colloquio con un palestinese della strada

Haim Shine

Haim Shine

Scrive Haim Shine, su Israel HaYom: «La scorsa settimana in un caffè di Hebron ho incontrato Musa, figlio di una radicata famiglia di commercianti che ha fatto affari prima sotto gli Ottomani, poi sotto gli inglesi, la Giordania, Israele e ora sotto l’Autorità Palestinese. Nel suo zoppicante ebraico, mi ha detto che non sono i politici che fanno la pace, ma la gente comune. La pace dei politici, mi ha detto, è fatta di carta mentre la pace tra i popoli è concreta. A riprova della sua teoria mi ha indicato un ragazzetto che giocava in strada e le cui gambe sono state salvate dalla necrosi in un ospedale israeliano. Nessuno dei membri della famiglia di quel ragazzo potrebbe essere convinto che gli ebrei sono persone cattive, ha aggiunto Musa. E ho visto una lacrima nell’angolo del suo occhio. Poi ha dedicato i suoi commenti più aspri ai capi palestinesi. Secondo lui, i funzionari dell’Autorità Palestinese sono molto più corrotti di quelli sotto gli Ottomani, a cui suo nonno doveva pagare regolari bakshish (bustarelle). I funzionari, dice Musa, si preoccupano solo del proprio tornaconto e si riempiono le tasche coi generosi aiuti monetari americani ed europei, facendo sparire i fondi destinati agli abitanti di Hebron. Secondo Musa, commercio e industria tra Israele e Hebron ammontano a circa 5 miliardi di shekel all’anno (1,45 miliardi dollari), una quantità enorme per una città con una popolazione di circa 150.000 abitanti. Sono fiorite industrie che producono plastica, materassi e olio. Nella città è cresciuta un’intera generazione di nuovi ricchi: gente che capisce che tutto questo eccitamento per un stato palestinese è una chimera sbagliata giacché non hanno mai avuto un loro stato e non credono che esisterà mai. La giovane generazione vuole vivere bene, frequentare i nuovi centri commerciali di Hebron, godersi i palazzi che crescono come funghi e condurre nella quiete i propri affari. Verso la fine della nostra chiacchierata, Musa ha detto che il segretario di stato americano John Kerry dovrebbe incontrarsi con lui, così gli potrebbe dare qualche buon consiglio su come fare la pace tra i popoli della regione». (Da: Israel HaYom, 18.3.14)