La Corte Penale Internazionale non deve prestarsi alle manovre di Al Jazeera

I palestinesi e la rete tv sanno bene che l’uccisione della giornalista Abu Akleh è stata accidentale, ma la denuncia inoltrata dall’emittente del Qatar ha altri fini

Editoriale del Jerusalem Post

Celebrazione della giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh a Nazareth, nord Israele

Mai sentito parlare di Fahd Buhandi? Probabilmente no. Secondo l’International Press Institute, Buhandi era un giornalista incarcerato per tre anni nella prigione Abu Humor del Qatar con l’accusa d’aver criticato il governo. Nel 2020, stando a quanto riferito, venne torturato e ucciso in prigione dopo che aveva sollevato la questione della diffusione della pandemia di coronavirus nel carcere. Se si cerca su Google il nome di Buhandi insieme alle parole Al Jazeera non esce niente, perlomeno in inglese. Niente sul suo arresto, niente sulla sua morte.

La cosa non sorprende. Al Jazeera è un impero mediatico di proprietà del Qatar e questo genere di notizie non è del tipo che Al Jazeera pubblica o manda in onda. In effetti, uno dei concorrenti di Al Jazeera, l’emittente Al Arabiya sostenuta dai sauditi, ha pubblicato un servizio sulla morte di Buhandi. A giudicare dalla mancanza di copertura, la morte di Buhandi non sembra importare granché ad Al Jazeera. E perché dovrebbe? Parlarne potrebbe solo mettere in cattiva luce il buon il nome del suo sponsor statale. Invece la morte di Shireen Abu Akleh è importante per Al Jazeera, molto importante. E il perché è chiaro. Innanzitutto Abu Akleh lavorava per Al Jazeera. Era la sua reporter star da Israele e Cisgiordania. E poi è stata uccisa mentre copriva violenti scontri tra Forze di Difesa israeliane e palestinesi armati, a Jenin, lo scorso maggio. È rimasta uccisa mentre copriva uno scontro a fuoco: la sua tragica morte non è diversa da quella di molti degli oltre 2.000 giornalisti che sono rimasti uccisi negli ultimi 25 anni nelle zone di guerra in varie parti del mondo.

Fahd Buhandi, giornalista torturato e ucciso in un carcere del Qatar nel 2020

Ma a differenza di quelle morti, Al Jazeera vuole che questa sia considerata un crimine di guerra. A tal fine, mercoledì l’emittente del Qatar ha inoltrato una denuncia dinanzi alla Corte Penale Internazionale contro le Forze di Difesa israeliane che Al Jazeera accusa d’aver ucciso la giornalista intenzionalmente e consapevolmente. Nella visione di Al Jazeera, la morte di Abu Akleh farebbe parte di una campagna “sistematica e capillare” contro l’emittente del Qatar, che include il bombardamento del palazzo al-Jalaa a Gaza durante la guerra di Israele contro i terroristi di Hamas del maggio 2021. Il palazzo ospitava gli uffici di Al Jazeera e quelli della Associated Press ma anche, come spiegarono le forze israeliane, una unità di spionaggio elettronico di Hamas che mirava a ostacolare il sistema difensivo anti-missile “cupola di ferro”, facendosi scudo delle sedi giornalistiche (il 15 maggio 2021 il palazzo venne abbattuto da missili israeliani con un preavviso sufficiente a permettere che tutti gli occupanti lo abbandonassero in tempo, per cui non vi furono vittime ndr).

Le Forze di Difesa israeliane hanno indagato a fondo la morte di Abu Akleh e hanno concluso che è impossibile “determinare in modo inequivocabile” chi ha sparato il colpo fatale, ma che c’è una “alta probabilità” che sia stata “accidentalmente raggiunta da colpi d’arma da fuoco di soldati israeliani”, sparati contro palestinesi armati nel quadro di uno scontro a fuoco durante il quale i soldati rischiavano la vita sotto un intenso e indiscriminato fuoco nemico da molte direzioni. In altre parole, si trattava di una scena di battaglia che ora i palestinesi e Al Jazeera vogliono che la Corte Penale Internazionale tratti come la scena di un crimine a sangue freddo. La Corte Penale Internazionale non deve prestarsi a questa manovra.

Gli Stati Uniti si sono già espressi contro la denuncia presentata alla Corte Penale Internazionale. Il portavoce del Dipartimento di stato, Ned Price, ha affermato che la Corte “deve concentrarsi sulla sua missione principale, e quella missione principale è servire come tribunale di ultima istanza per punire e dissuadere atrocità”. La morte della giornalista di Al Jazeera non ricade in alcun modo in questa fattispecie. Al Jazeera e i palestinesi lo sanno. E allora perché sporgere denuncia?

Semplice: per obbligare Israele a stare sempre sulla difensiva, per obbligarlo a continuare a spiegare e discolparsi più e più volte, per assicurarsi che il nome di Israele sia sempre associato ad accuse di atrocità e crimini di guerra. I palestinesi hanno dimostrato che non molleranno la presa incuranti di argomentazioni e smentite, e che la loro campagna propagandistica per calunniare e infangare Israele andrà avanti all’infinito.

(Da: Jerusalem Post, 8.12.22)

Rafael Medoff

Scrive Rafael Medoff: La causa che Al Jazeera ha intentato presso la Corte Penale Internazionale potrebbe accendere un imbarazzante riflettore sull’emittente stessa. Chi non segue regolarmente Al Jazeera potrebbe essere sorpreso nell’apprendere che si tratta di “un importante esportatore di contenuti di odio contro il popolo ebraico, Israele e gli Stati Uniti”, come ha affermato la Anti-Defamation League sottolineando che Al Jazeera, fra le altre cose, “ha cercato di mettere in dubbio il genocidio nazista del popolo ebraico” (riferendosi alla Shoà come al “presunto Olocausto”), “glorifica sistematicamente la violenza contro gli ebrei israeliani” e si è scagliata contro quello che chiama “il controllo degli ebrei sull’industria della pornografia”. Non basta. Al Jazeera è anche famosa per “offrire un tribuna a tutti i tipi di virulenti estremisti anti-israeliani e persino antisemiti” nella sua sezione commenti. Una questione a parte è se Al Jazeera debba essere tenuta a registrarsi presso il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti come agente straniero, esattamente come ha dovuto fare il canale televisivo russo RT. Al Jazeera è stata fondata dal governo del Qatar, riceve finanziamenti da quel governo e mantiene “ampi legami con il regime del Qatar”, osserva la Anti-Defamation League. Sia Al Jazeera che la broadcasting corporation del Qatar per le trasmissioni pubbliche sono controllate dallo stesso funzionario governativo, e l’ambasciatore degli Stati Uniti a Doha “ha determinato diversi anni fa che il governo del Qatar utilizza Al Jazeera come strumento di governo del Qatar”. Le eventuali udienze davanti alla Corte Penale Internazionale sul caso Abu Akleh consentirebbero alla difesa di porre domande assai scomode sia sul contenuto dei servizi di Al Jazeera sia sui dettagli del suo rapporto con il Qatar.
(Da: jns.org, 7.12.22)