La Corte Suprema condanna un caso di discriminazione nella scuola di Emmanuel

È sostenuta dal grosso della stampa israeliana, molto severa con gli estremisti ultraortodossi

image_2870Quindicimila haredim (ebrei ultra-ortodossi) a Bnei Brak e centomila a Gerusalemme, secondo le stime della polizia, hanno manifestato giovedì contro la decisione della Corte Suprema di incarcerare per due settimane i genitori haredi della cittadina di Emmanuel che si rifiutano di eseguire un ordine del tribunale che vieta qualunque tipo di segregazione nella scuola Beit Ya’acov della città.
Mercoledì alcune decine di ebrei ultra-ortodossi della città di Emmanuel aderenti al gruppo chassidico Hassidut Slonim, di origine russa, avevano infatti dichiarato che sarebbero andati in prigione piuttosto che rispettare il verdetto della Corte Suprema israeliana che vietava loro di ritirare le figlie da una scuola perché frequentata da ragazze (tutte mizrahi, cioè di origine nordafricana) i cui standard religiosi non sono da loro ritenuti abbastanza rigorosi. Giovedì sera i centomila manifestanti ultra-ortodossi hanno accompagnato i genitori “trasgressori” al centro di detenzione di Gerusalemme dove saranno trattenuti per due settimane per oltraggio alla Corte. Mobilitate ingenti forze di polizia per impedire gli incidenti che hanno caratterizzato analoghe manifestazioni ultra-ortodosse dei giorni scorsi. I dimostranti hanno innalzato cartelli che dicevano “la Corte Suprema è contro il popolo”, “Dio governerà in eterno”, “La Corte Suprema è fascista” e persino “Liberate i terroristi della flottiglia”.
Il ministero degli affari sociali ha annunciato un piano per assistere i bambini i cui genitori saranno detenuti per le prossime due settimane, mobilitando una quarantina di assistenti sociali. A fine giornata, 26 genitori ultra-ortodossi di Emmanuel, 22 donne e 4 uomini, non si sono presentati, mentre gli altri 32 uomini che si sono presentati sono stati trasferiti nel carcere Maasiyahou. I funzionari del carcere hanno detto che sono state prese misure speciali per creare condizioni che consentano ai genitori haredi, sia uomini che donne, di mantenere il loro stile di vita ultra-ortodosso. La Corte ha stabilito che l’incarcerazione di un genitore sarebbe stata rimandata fino al rilascio dell’altro, per tutelare il benessere dei figli, ma solo nel caso che i genitori ne avessero fatta espressa richiesta.
Tre anni fa, i genitori delle ragazze ashkenazite avevano costituito un corso di studi separato, da loro chiamato “hassidico”, trasformato a tutti gli effetti in una scuola separata, con aule, ingresso, parco giochi separate, sale insegnanti e uniformi scolastiche distinte. La Corte Suprema ha deliberato che questa sistemazione è illegale perché basata su una forma di discriminazione etnica e ha ordinato all’Independent Education Center di eliminare qualunque forma di discriminazione nella scuola. Quasi immediatamente, i genitori della corrente hassidica ritiravano le figlie dalla scuola creando una “scuola-pirata”, cioè priva dell’autorizzazione del ministero dell’istruzione, nell’edificio che ospitava la scuola dei ragazzi dell’Independent Education Center. A quel punto la questione veniva stata portata dinanzi alla Corte. In un’udienza di alcune settimane fa la Corte aveva chiesto alle parti di trovare un compromesso che permettesse alle ragazze ashkenazite di tornare a scuola e allo stesso tempo di ubbidire all’ordine della Corte di “rimuovere qualunque segno formale e materiale di evidente discriminazione”. Le parti, lo Stato e l’Independent Education Center si sono incontrati più volte ai primi del mese, ma senza alcun risultato.
Nella loro ultima delibera i giudici Edmond Levy, Edna Arbel e Hanan Meltzer hanno scritto che i genitori stanno violando la precedente sentenza che diceva chiaramente che la separazione dei percorsi scolastici tra aschenaziti e mizrahi era dettata da motivi etnici e non religiosi. E hanno affermato che la delibera non intende in alcun modo impedire allo Stato di continuare a usare tutte le misure legali a sua disposizione per impedire la discriminazione. I giudici hanno scritto: “E’ nostra speranza che non siano necessarie, in Israele, le stesse durissime misure che furono necessarie negli Stati Uniti per far rispettare la legge che annullava la dottrina educativa segregazionsta”.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha chiesto a tutte le parti coinvolte nel caso di esercitare il massimo autocontrollo e risolvere pacificamente le loro divergenze. “In questo momento cruciale, mentre Israele si trova di fronte a minacce vitali da parte dei suoi nemici, chiedo a tutte le parti coinvolte di controllarsi, rispettare la legge e risolvere le divergenze in modo tranquillo e pacifico” ha detto Netanyahu.
(Da: Jerusalem Post, YnetNews 7-15-16-17.6.10)

Generalmente molto severi i commenti della stampa israeliana.

Secondo Ha’aretz, la discriminazione del sistema educativo haredi rispetto alle ragazze mizrahi ad Emmanuel è diventato un focolare di aggressione che mette alla prova il governo, il sistema educativo e l’osservanza della legge. La discriminazione ad Emmanuel – scrive Ha’aretz – contiene ‘in nuce’ l’essenza dello scontro tra lo stato di diritto e i gruppi di interesse separatisti; per questo il governo deve far rispettare il verdetto della Corte. Qualunque compromesso che il governo accettasse con istituzioni discriminatorie non farebbe altro che erodere ulteriormente la sua autonomia.
(Da: Ha’aretz, 17 giugno 2010)

Scrive Yair Lapid (su YnetNews): «Se io fossi un funzionario haredi, giovedì sera avrei radunato i miei seguaci e avrei detto loro: “Gente, smettetela. Gli state mettendo delle idee in testa”. Perché? Perché le mie tasse finanziano anche la scuola religiosa di Emmanuel e la struttura Beit Yaakov che la protegge. Se fosse per me, smetterei di pagare domani stesso e manderei una lettera allo Stato di Israele dicendo che non voglio dare nemmeno un centesimo per finanziare un gruppo di razzisti, in quanto questo è contrario a tutto ciò che ritengo sacro. Ma la decisione non spetta a me. Se smetto di pagare i conti della implacabile cricca di Emmanuel, verrà la polizia e mi metterà in galera. Perché? Perché è la legge. Quello che è successo l’altro giorno alla Corte Suprema può forse risultare una novità per gli haredim, ma per la maggior parte dei cittadini di questo paese succede tutti i giorni (a vantaggio degli ultraortodossi): succede riguardo alla questione del servizio militare, al trasferimento di fondi, al corso base di studi, all’evidente e spudorata estorsione esercitata dai partiti haredi. Giorno dopo giorno, ci ritroviamo infuriati e ci viene voglia di violare la legge; e ogni volta pieghiamo la testa e rispettiamo comunque la legge. Gli haredim per bene – e ce ne sono molti – sono sempre molto sorpresi nello scoprire quanto sono arrabbiati i laici. Questa volta non potranno dire a se stessi che non sapevano. Poiché se ognuno si prende il diritto di fare qualunque cosa voglia, allora anche noi abbiamo il diritto di mettere in discussione le leggi. Se la polizia dovesse di nuovo cedere alla violenza haredi, significherebbe che l’osservanza della legge nello Stato d’Israele è stata abolita. Se lo Stato non prende posizione contro quelli che difendono uno scandalo vergognoso come la discriminazione a scuola delle ragazze mizrahi, che cosa potrà dire quando noi ci rifiutassimo – un rifiuto straordinariamente giustificato – di continuare a finanziare scuole che non insegnano matematica o inglese? Gli haredim possono pensare che la legge non sia giusta, ma se imboccano questa strada faranno del male a se stessi più che agli altri. Dopo tutto, queste leggi così “ingiuste” sono quelle che salvaguardano la loro possibilità di vivere senza lavorare, che permettono loro di studiare nelle yeshivot mentre i nostri figli servono nell’esercito, e che salvaguardano la scandalosa possibilità di aprire strutture educative che erigono un muro in faccia a una ragazza il cui solo peccato è di essere del gruppo etnico sbagliato. Parlando mercoledì alla Knesset, il parlamentare Rabbi Gafni ha detto: “Queste immagini faranno il giro del mondo, e non si potrà sfuggire al ricordo di cose che sono avvenute in altri paesi, in altri tempi, quando ebrei haredi erano messi in prigione a causa dell’istruzione dei loro figli”. Per chi non l’avesse capito, Rabbi Gafni paragonava lo Stato d’Israele ai nazisti. Attento a imboccare questa strada, Rabbi Gafni, stia molto attento, specialmente quando cerca di difendere persone che buttano fuori dalla scuola delle ragazze solo perché sono di una etnia diversa.
(Da: YnetNews, 17.6.10)