La débâcle russo-siriana nei cieli di Latakia

Dopo l’incidente dell’aereo russo abbattuto dai siriani, il compito delle Forze di Difesa israeliane si fa ancora più complicato

Di Oded Granot

Oded Granot, autore di questo articolo

La drammatica crisi nei rapporti russo-israeliani a seguito dell’abbattimento dell’aereo da ricognizione di Mosca da parte di batterie antiaeree siriane è durata solo poche ore. E’ iniziata con un duro attacco a Israele da parte del ministro della difesa russo Sergei Shoigu, e si è conclusa con una contenuta dichiarazione del presidente russo Vladimir Putin che ha gettato dell’acqua sul fuoco.

Le accuse contro Israele da parte del Ministero della difesa di Mosca non avevano precedenti per tono e severità. Shoigu aveva attribuito a Israele la “completa responsabilità” per l’abbattimento dell’aereo, sostenendo che i jet israeliani (in missione contro obiettivi iraniani-Hezbollah nella zona di Latakia) avevano usato l’aereo russo come copertura per ingannare le difese siriane. Inoltre, per la prima volta la Russia aveva minacciato ritorsioni, dicendo che si riservava “il diritto di prendere misure appropriate dopo le azioni ostili di Israele”. Poche ore dopo, tuttavia, il presidente Putin, parlando in conferenza stampa congiunta con il primo ministro ungherese, ha disinnescato la situazione. Pur lamentando che il meccanismo di coordinamento militare fra Israele e Russia non avrebbe funzionato correttamente e che Israele “ha violato la sovranità siriana”, il presidente russo ha completamente sollevato Israele dalla responsabilità per l’abbattimento dell’aereo, che ha piuttosto attribuito ad “una tragica catena di circostanze casuali”. E non ha detto nulla sull’adozione di misure ritorsive contro Israele.

Cosa è successo, dunque, in quelle ore cruciali tra la dichiarazione del Ministero della difesa russo e la conferenza stampa di Putin? Possiamo elencare quattro possibili fattori.

Immagini satellitari (prima e dopo) del magazzino di munizioni verosimilmente colpito nel raid aereo israeliano della notte di lunedì scorso su una base siriana a Latakia (ImageSat International – ISI/Ynet)

In primo luogo, la spiegazione rapida e dettagliata fornita da Israele ha evidentemente soddisfatto i dirigenti russi. In breve: l’aereo russo non si trovava nelle vicinanze, quando è stato attaccato il deposito di armi a Latakia, e i jet israeliani erano già tornati nel proprio spazio aereo quando le batterie antiaeree siriane hanno aperto il fuoco in modo indiscriminato e non professionale. Anche il fatto che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha mandato subito il capo dell’aviazione a Mosca a chiarire le cose deve aver contributo ad allentare le tensioni. (Come ha dichiarato il ministro della difesa israeliano Avigdor Liberman, “siamo pronti a dare ai russi tutte le informazioni: non abbiamo nulla da nascondere, abbiamo agito come abbiamo sempre fatto”.)

In secondo luogo, bisogna considerare che lo scopo principale delle aspre critiche del Ministero della difesa russo nei confronti di Israele era quello di sviare l’attenzione dal fatto che gli operatori dell’antiaerea siriana, addestrati dai russi e muniti di sistemi d’arma russi, non sono stati capaci di identificare correttamente il grosso aereo da ricognizione russo. Una débâcle che inizialmente deve aver gettato nel panico i portavoce militari di Mosca. (Come ha osservato Yoav Limor su Israel HaYom, se gli operatori della difesa aerea siriana non fossero stati così approssimativi e male addestrati, l’abbattimento dell’aereo Ilyushin-20 sarebbe stato evitato. Non c’è nessuna possibilità che non si siano accorti di quell’oggetto lento e pesante che si muoveva sui loro schermi: la loro reazione isterica avrebbe potuto portarli a colpire qualsiasi altro velivolo nell’area, anche un aereo civile carico di passeggeri innocenti”.)

Il primo briefing del portavoce militare russo sull’abbattimento dell’aereo IL-20 nella zona di Latakia

In terzo luogo resta il fatto che, nonostante il tragico e imbarazzante incidente, Israele e Russia hanno comunque un interesse comune a rimuovere le forze militari iraniane dalla Siria: che è anche il motivo per cui la Russia ha chiuso un occhio sugli oltre 200 attacchi condotti da Israele contro obiettivi militari su suolo siriano negli ultimi due anni.

Infine, è ovvio che i russi troveranno conferma, attraverso le loro indagini, del fatto che il loro sofisticato sistema di rilevamento e allarme impiantato in Siria non è stato in grado di allertare il loro aereo al momento giusto.

Ciò detto, è lecito supporre che il tono contenuto di Putin non significhi necessariamente un ritorno alla normalità, né che Israele continuerà ad avere la stessa libertà d’azione per attaccare i suoi nemici su suolo siriano. È più probabile che i russi, anche se non tenteranno di limitare questi attacchi aerei in modo significativo, cercheranno perlomeno di rafforzare il meccanismo di coordinamento fra i paesi per prevedere, tra l’altro, un maggiore tempo di preavviso di ogni imminente attacco. E si può anche supporre che chiederanno a Israele di smettere di operare nella Siria nord-occidentale, dove si trovano le loro basi aeree e navali. Gli iraniani, per inciso, credevano che una parte del paese fosse immune dagli attacchi israeliani e non a caso, quindi, avevano posizionato in quell’area le loro strutture ora distrutte.

A buon diritto Israele si è assunto il compito assai complesso di impedire, dall’aria e senza forze sul terreno, il trinceramento di forze iraniane in Siria e il trasferimento di armi sofisticate ai terroristi Hezbollah in Libano. Sta cercando di farlo in uno spazio congestionato in cui aerei russi e siriani volano accanto ad aerei della coalizione occidentale, e ogni parte gestisce sistemi antiaerei. Considerando cosa è accaduto all’inizio di questa settimana, la missione appare adesso ancora più complicata.

(Da: Israel HaYom, 20.9.18)