La demonizzazione degli ebrei, non la sfilata delle bandiere, è responsabile dei disordini a Gerusalemme

Chi afferma che la celebrazione di Yom Yerushalayim è una pericolosa provocazione dovrebbe ricordare che il falso slogan “la moschea è in pericolo” viene usato da almeno un secolo per istigare contro gli ebrei

Di Ben-Dror Yemini

Ben-Dror Yemini, autore di questo articolo

C’è sempre stata istigazione all’odio contro gli ebrei. Affermare che è la sfilata delle bandiere israeliane in occasione di Yom Yerushalayim (la giornata di Gerusalemme) che provoca e catalizza la violenza anti-ebraica tra i musulmani in generale, e i palestinesi in particolare, è semplicemente vergognoso. A maggior ragione quando questo argomento viene rilanciato da persone istruite e ben informate.

Sì, i palestinesi sono furibondi. Ma non avevano bisogno della sfilata delle bandiere per infuriarsi. L’odio anti-ebraico non ne ha mai avuto bisogno: sono sempre bastati pretesti infondati, come l’accusa agli ebrei di voler attaccare e distruggere le moschee. Piuttosto, in netto contrasto con gli anni precedenti il mondo musulmano è rimasto per lo più indifferente alla sfilata di quest’anno, a parte la rituale condanna della Giordania e il solito tentativo di Al-Jazeera di infiammare la regione.

Questo specifico genere di istigazione all’odio non è certo una novità. Cominciò molto prima che esistesse la sfilata delle bandiere, e anche molto prima della guerra dei sei giorni del 1967 che vide Israele allargare i suoi confini. Si può risalire almeno alla fine degli anni ‘20, ai tempi del mufti Amin al-Husseini. All’epoca, il dominio su questa terra, una parte della quale sarebbe poi diventata lo stato d’Israele, era trincerato nell’islam. Ma ciò non impedì ai ben noti capi musulmani di sostenere che gli ebrei vogliono distruggere la moschea di al-Aqsa ed erigere al suo posto il “terzo tempio”.

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Andando ancora più indietro, si scopre che Gerusalemme era una delle città più trascurate del mondo musulmano. È vero, sarebbe la terza città più santa dell’islam. Eppure per secoli le hanno prestato pochissima attenzione. Le attenzioni del mondo musulmano si sono puntate su Gerusalemme solo dopo che gli ebrei – perseguitati ovunque, anche nei paesi musulmani – iniziarono a rivendicare una propria patria nazionale. Gli ebrei non cercavano affatto di impadronirsi della santa moschea, eppure sulla base di questa accusa scoppiavano regolarmente violenti tumulti contro gli ebrei.

Nella seconda metà del XIX secolo gli ebrei erano maggioranza, a Gerusalemme: ma una maggioranza che in realtà era calpestata e umiliata come una minoranza. “Ebrei e altri [non musulmani] venivano frequentemente aggrediti e feriti e persino uccisi da musulmani locali e da soldati turchi – ha scritto lo storico britannico Tudor Parfitt – E questi attacchi venivano compiuti per questioni insignificanti”. Nel frattempo il mufti Amin al-Husseini diventava una specie di nazi-fascista. Fu lui che portò alla rovina gli arabi palestinesi scatenando la sua violenta opposizione al piano di spartizione delle Nazioni Unite del 1947, che mirava a creare uno stato arabo palestinese accanto a un piccolo stato ebraico.

“Che gli ebrei abbiano sfilato con le bandiere per le strade della loro capitale (Gerusalemme) non è una notizia. La notizia è che Hamas è stata abbastanza furba… da non lanciare razzi su di loro”

Il punto è che i palestinesi non hanno dimenticato nulla, ma non hanno nemmeno imparato nulla. Ancora oggi, molti leader musulmani – tra cui il successore di al-Husseini, Raed Salah, e il mufti di Gerusalemme Muhammad Ahmad Hussein – continuano a spargere menzogne sulla al-Aqsa “in pericolo”. Ovviamente non è altro che una teoria complottista senza fondamento. Ma da quando in qua gli antisemiti hanno bisogno di prove vere? Non tutti si bevono queste assurde affermazioni, ma a loro non occorrono enormi masse e nemmeno una vera maggioranza.Oggi vediamo migliaia di arabi   israeliani e arabi di Gerusalemme est influenzati da questi istigatori che lanciano violenti tumulti contro gli israeliani. Prima del sionismo, prima della fondazione di Israele, prima della liberazione di Gerusalemme nel 1967 c’erano sempre stati dei musulmani che fomentavano odio e tumulti contro gli ebrei.

Ma si deve sempre ricordare che vi sono musulmani – sia dentro che fuori Israele – che non aderiscono all’ideologia sanguinaria del mufti e dei suoi successori. E non si deve nemmeno ignorare che esistono gruppi di teppisti ebrei, come la tifoseria “La Familia”, che partecipano alla sfilata delle bandiere al solo scopo di fomentare odio e violenze. Ma non è la stessa cosa. Tra gli ebrei, si tratta di gruppi di teppisti marginali (di cui lo stesso ministro della difesa ha chiesto di recente la messa al bando ndr). Tra i palestinesi, sono innumerevoli i leader religiosi e politici che incitano all’odio e allo spargimento di sangue.

Il mondo arabo sta attraversando un processo di riscatto dall’antisemitismo, un percorso certamente lungo e tortuoso. Una cosa, però, deve essere chiara agli opinionisti, almeno a quelli israeliani: che non ha senso puntare sempre il dito contro Israele e dare man forte a chi detesta il popolo ebraico. Molti nel mondo arabo l’hanno compreso. Sarebbe ora che lo capissero anche tutti gli altri.

(Da: YnetNews, 31.5.22)