La forza dei presunti “deboli”

Il successo di uno spietato ricatto è comunque una sconfitta per i valori di giustizia e umanità

di Emmanuel Rosen

image_2622Venerdì scorso, mentre un’intera nazione era inchiodata davanti ai video, affranta e frustata, a vedere il filmato con Gilad Shalit, il Comitato Olimpico Internazionale sbalordiva il mondo annunciando che Rio de Janeiro, e non la Chicago di Barack Obama, ospiterà i giochi del 2016.
Ci vuole molta immaginazione per collegare Gaza e Rio, o la fratellanza rappresentata dalle Olimpiadi con lo spettacolo di pura immoralità offerto da Hamas. Eppure le due vicende, pur senza relazione fra loro, possono suggerire la medesima conclusione: nel mondo odierno essere “deboli” comporta talvolta un potere incredibile, mentre i “forti” si trovano bloccati da vincoli smisurati.
Il parlamentare israeliano Israel Hasson, ex vice direttore dei servizi di sicurezza, ha confessato d’aver provato sentimenti di grande rabbia e frustrazione di fronte al videotape di Gilad Shalit (l’ostaggio israeliano nelle mani di Hamas a Gaza da tre anni e tre mesi, mostrato per la prima volta venerdì scorso in un filmato di poco più di due minuti, in cambio della scarcerazione da parte di Israele di una ventina di terroriste palestinesi).
Non è difficile comprendere lo stato d’animo degli israeliani. Quaranta minuti a sud di Tel Aviv un povero coscritto israeliano è tenuto sequestrato da 1.200 giorni contro ogni norma umana e del diritto internazionale (e usato come “merce di scambio” per pretendere la scarcerazione di centinaia di terroristi processati e condannati). E tutti i generali e gli statisti e i celebrati servizi di sicurezza di quella potenza militare nota col nome di Stato di Israele appaiono del tutto inermi e impotenti. Un gruppo terroristico relativamente piccolo che agisce appena fuori la nostra porta di casa è in grado di mettere in crisi il potente stato vicino che vanta un esercito straordinario, dimostrando come la parte più piccola e “debole” – nonché, in questo caso, crudelmente spietata e totalmente priva di qualunque freno etico o umano – può beffare la parte più “forte”. Magari non la può sconfiggere in uno scontro aperto, ma può certamente accumulare una serie di vittorie tattiche tali da gettare il nemico nello sconforto e nella frustrazione.
Molte persone in tutto il mondo, e naturalmente anche in Israele, seguono con crescente sconforto le scelte del più potente leader mondiale, Barack Obama, senza capacitarsi del perché questi non abbia ancora sguainato la spada per far vedere chi comanda a quell’insettaccio di Ahmadinejad, laggiù a Tehran. Perché esita? Cosa aspetta? E già che siamo in argomento, perché si trattiene di fronte alla Corea del Nord? E dov’è quel George W. Bush che, dopo l’11 settembre, aveva giurato che avrebbe stanato dai loro buchi i capi di al-Qaeda, mentre finora né lui né il suo successore sono riusciti a trovare Osama bin Laden?
Domande analoghe sono sorte in questi anni rispetto a Gilad Shalit. Molta brava gente raccomodava, ad esempio, di esercitare molto meno autocontrollo e catturare capi di Hamas come Haniyeh e Jabari: vedremo se allora Hamas non si affretterà a rilasciare rapidamente Shalit a condizioni ragionevoli. Ma non è successo. In termini di intelligence e di capacità operative non sarebbe impossibile, alcuni dicono che sarebbe persino relativamente semplice. Noi siamo i “forti”, loro sono in “deboli”. Dunque dov’è il problema? Ma sta di fatto che Haniyeh e Jabari se ne stanno tranquilli nei loro uffici. E intanto la parte “debole” se la sghignazza mentre produrre l’abietto videotape di Gilad Shalit, mentre i “forti” – con tutti i loro carri armati, i loro aerei e le loro presunte bombe atomiche – se ne stanno lì davanti ai televisori, frustrati e furibondi. […]

(Da: YnetNews, 4.10.09)

Il video su Gilad Shalit, con la trascrizione in inglese del testo:

http://www.haaretz.com/hasen/spages/1118449.html